I portavoce pentastellati catanesi parlano di «un fantomatico ricatto sui fondi da destinare alla città». Nessun passo indietro, invece, sulla richiesta di dimissioni del vicesindaco Roberto Bonaccorso «motivata dalla parole vergognose che ha riservato a Lidia Adorno»
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«Il Movimento e il governo non lasceranno mai sola Catania». È la precisazione che arriva dalla delegazione dei portavoce catanesi del M5s dopo la conferenza stampa di ieri sull’affaire Grasso. In una sala Coppola piena di attivisti e rappresentanti regionali, nazionali e neo-europei, il senatore Mario Giarrusso ha affermato che «se l’interlocutore della viceministra Laura Castelli rimarrà Roberto Bonaccorsi, non si andrà da nessuna parte. O Pogliese farà subito pulizia e chiarezza, oppure non si presenti a Roma né da nessuna parte a chiedere un euro perché non gli sarà dato».
Una frase risuonata come una minaccia che adesso i pentastellati etnei definiscono un «fantomatico ricatto sui fondi da destinare alla città di Catania». Nessun passo indietro, invece, sulla richiesta di dimissioni del vicesindaco Roberto Bonaccorsi «motivata dalle parole vergognose che ha riservato alla capogruppo Lidia Adorno ma non poniamo nessun ricatto». Al centro c’è sempre la conversazione telefonica privata tra l’ex candidato sindaco M5s Giovanni Grasso e l’attuale assessore al Bilancio Bonaccorsi. Una telefonata registrata da Grasso e inviata, sembra per errore, alla chat del gruppo degli attivisti grillini catanesi.
«A differenza di chi ha ridotto Catania in bancarotta – spiegano nella nota i pentastellati etnei – vogliamo essere certi che qualunque aiuto che arriverà dal governo nazionale venga usato bene assicurando le priorità: pagare stipendi ai dipendenti e garantire servizi. Pretendiamo che non accada mai più di gettare i soldi dei catanesi in pulizie dei gabinetti pubblici a prezzi da capogiro, per intenderci».
Secondo la consigliera e gli altri esponenti pentastellati, il tono astioso della conversazione telefonica e quel «ci vuole ‘u coppu giustu» sarebbero dovuti al fastidio per l’attività di controllo avviata da Adorno sul contratto di servizio con la società partecipata Multiservizi, in cui ci sono spese per circa 700mila euro per la pulizia e la custodia dei bagni pubblici comunali. Nella telefonata, però, a questa vicenda non si fa mai riferimento esplicito.