Nella sentenza di primo grado, la gip Giuliana Sammartino ricostruisce i rapporti che l'imprenditore Giovanni Cerami nel corso degli anni avrebbe costruito con l'ex sindaco Ascenzio Maesano e l'ex funzionario Orazio Barbagallo. Tra mazzette e regalie utili a far sì che l'amministrazione non cercasse altri fornitori
Aci Catena, i motivi della condanna di Maesano Le tangenti per ripagare la fedeltà del Comune
Un rapporto corruttivo «unito e stabile nel tempo», che sarebbe andato avanti indipendentemente dall’esigenza di ricorrere ad atti formali illegittimi. Un modo per esprimere riconoscenza per la scelta del Comune di non guardarsi attorno e cercare alternative. È sintetizzabile così la relazione creata nel corso degli anni – almeno 13, secondo la giudice Giuliana Sammartino – dall’imprenditore dell’Halley consulting Giovanni Cerami con Ascenzio Maesano e Orazio Barbagallo, rispettivamente ex sindaco ed ex capo dell’ufficio Ragioneria del Comune di Aci Catena.
È la gip del Tribunale di Catania a metterlo nero su bianco nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato Maesano e Barbagallo a quattro anni per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio nel processo di primo grado che si è svolto a metà luglio con il rito abbreviato. Al centro dell’attenzione la tangente che gli uomini della Direzione investigativa antimafia intercettano casualmente – l’indagine principale ancora aperta riguarda presunti illeciti nella raccolta dei rifiuti – il 4 giugno 2016. Quel giorno le cimici, messe nell’auto dell’ex primo cittadino, registrano la spartizione di 15mila euro tra i due imputati. La somma, avvolta in carta uso bollo, era stata consegnata poco prima da Cerami a Barbagallo tra le tombe del cimitero catenoto. I soldi, secondo la pm Tiziana Laudani, sarebbero serviti a garantire all’Halley consulting il rinnovo del servizio di gestione informatica e l’aggiudicazione del progetto di tele-assistenza Home care, un affare da 252mila euro finanziato dall’Unione europea. Tuttavia dalle indagini non sarebbero emerse prove sufficienti a dimostrare che l’azienda abbia beneficiato di un’alterazione degli atti amministrativi. A spiegarlo è la stessa giudice che ha accolto i rilievi dei legali di Maesano – gli avvocati Enzo Mellia, Giuseppe Marletta e il professore Emilio Castorina – e di Barbagallo, difeso dagli avvocati Orazio Consolo e Giuseppe Di Mauro.
Nel caso della permanenza dell’impresa di Cerami nel Comune catenoto, per esempio, la gip sottolinea che il contratto stipulato nel 1998 – in precedenza erano stati i commissari straordinari ad affidarsi, nel 1995, all’imprenditore – non avesse un termine specifico e dunque, in base a quanto previsto da un decreto regio del 1923, la durata massima dello stesso si sarebbe dovuta intendere di nove anni. In altre parole, i rinnovi sarebbero stati una legittima prosecuzione del contratto, tenuto anche conto della specificità tecnica del servizio. Questo fino al 2007. Da quell’anno il Comune ripiega sull’affidamento diretto all’Halley consulting, ma anche in questo caso mantenendosi all’interno della liceità delle scelte. «La prosecuzione del contratto fino al 2007 così come l’affidamento diretto non erano un atto dovuto – scrive Sammartino – ma conseguivano a una valutazione discrezionale diretta ad accertare l’economicità e la convenienza della pubblica amministrazione».
Ciò però non avrebbe ridotto le responsabilità di Maesano e Barbagallo. La stessa gip, nel rigettare la richiesta delle difese di derubricare l’accusa in corruzione per esercizio della funzione – reato che prevede pene più lievi -, rimarca come gli imputati avrebbero agito, almeno a partire dal 2003, con l’intento di ottenere vantaggi personali da Cerami, al quale avrebbero assicurato la continuità dei contratti e – nel caso del progetto Home care – un impegno in merito al «buon esito della gara». In questo triangolo, a partire dagli anni 90 e anche dopo il pensionamento, a Barbagallo sarebbe spettato il ruolo di referente di Cerami, mentre Maesano per la giudice «aveva un potere d’influenza sul personale amministrativo di molto superiore ai poteri formali di firma».
D’altra parte, ad ammettere la corruzione è stata nel corso degli interrogatori lo stesso ex capo dell’ufficio Ragioneria. Barbagallo parla infatti della spartizione con Maesano di due anticipi da duemila euro ricevuti tra gennaio e marzo 2016, mazzette che sarebbero state cedute da Cerami una volta in uno dei corridoi dell’ufficio comunale e in un altro caso davanti all’entrata secondaria del Palazzo di città. L’ex funzionario, inoltre, ha ammesso di avere ricevuto anche un importo complessivo di diecimila euro, tra il 2003 e il 2007, e altre regalie, con le somme che in questi casi non sarebbero state divise con nessuno. Per sollecitare l’ultima tangente, Barbagallo sarebbe ricorso anche a un messaggio – scritto su un foglio poi stracciato – il cui testo appare inequivocabile: «Non avete rispettato gli impegni e quindi siete fuori dal Comune di Aci Catena».
Nella sentenza, che prevede per entrambi gli imputati anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, la giudice spiega perché non sono state concesse le attenuanti generiche. E imputa la decisione al comportamento tenuto da Maesano e Barbagallo. I due, dal momento del fermo il 10 ottobre 2016 e fino al processo, si sarebbero resi protagonisti di «iniziali tentativi di inquinamento probatorio, ammissioni solo parziali anche davanti all’evidenza della prova, e in udienza con la violazione delle prescrizioni inerenti agli arresti domiciliari» per il fatto di essere stati ripresi dalla giudice mentre si intrattenevano fuori dall’aula pur avendo il diritto di conversare solo con i congiunti. Concessa, invece, a entrambi l’attenuante scaturita dalla restituzione al Fondo unico di giustizia della somma contestata.
Per quanto riguarda, infine, la richiesta del Comune che si è costituito parte civile, la giudice non ha concesso risarcimenti per la perdita del finanziamento Home care, a causa della mancanza di prove di una manipolazione della gara e soprattutto per il fatto che la Regione – contro cui l’ente ha fatto ricorso al Tar – ha sottolineato come il rup Sebastiano Fichera abbia omesso, a suo tempo, di pubblicare il bando sulla Gazzetta ufficiale nazionale. Riconosciuta invece una provvisionale da 40mila euro per il danno di immagine arrecato all’ente «tenuto conto delle cariche rivestite e del forte impatto mediatico dato alla vicenda».