Abusivismo, i sindaci chiedono dialogo a Musumeci «Intento condivisibile, ma servono maggiori risorse»

Ancora una volta, tocca ripartire da zero, o quasi. Che la lotta all’abusivismo sia una delle priorità della Regione, è ormai assodato. Ma in che modo si riuscirà a mettere mano a uno dei temi più complicati da gestire per sindaci e amministratori locali è ben più complicato. Intanto perché una prima ricognizione degli immobili abusivi che insistono nel territorio regionale è arrivata sulla scrivania di Nello Musumeci soltanto ieri sera. Ma al di là di stime e numeri avanzati da associazioni ambientaliste e di categoria, al momento l’unica mappatura ufficiale è quella redatta dagli uffici del Territorio e Ambiente, che mette insieme gli abusi censiti dal 2010 ad oggi.

A partire da questo report iniziale, sarà possibile individuare gli immobili contro cui si scaglia il ddl anti-abusivismo approvato dalla giunta regionale e che già la prossima settimana dovrebbe iniziare il proprio iter legislativo all’assemblea regionale. Obiettivo della proposta di legge è quello di sgomberare nel più breve tempo possibile gli edifici costruiti in zone a inedificabilità assoluta o in aree ad alto rischio idrogeologico. La pena, per i sindaci che non imporranno gli sgomberi entro otto giorni dall’entrata in vigore della legga, sarà la decadenza.

Ma ovviamente i primi cittadini dell’Isola annunciano battaglia. E convocano per questa mattina una conferenza stampa all’Ars. Intanto, da quanto filtra, per evidenziare i dubbi legati all’eventuale rimozione dalla carica di sindaco, visto il pronunciamento del Tar la scorsa estate sul caso dell’emergenza rifiuti. In quel caso Musumeci aveva emanato un’ordinanza che prevedeva la revoca del sindaco qualora non avesse rispettato l’obbligo di sottoscrivere il contratto con un’azienda per portare fuori dalla Sicilia una parte dei rifiuti indiffirenziati. 

Sulla legittimità della misura il giurista catanese Agatino Cariola non ha dubbi. «Il testo è legittimo – spiega a MeridioNews – perché la legge regionale ben può attribuire al presidente della Regione, sulla base dell’autonomia, il potere di disporre la decadenza di un sindaco. Il pronunciamento del Tar sulla materia dei rifiuti è cosa diversa: in quel caso Musumeci aveva emanato un’ordinanza, qui siamo di fronte a una legge che, se approvata, modifica il sistema istituzionale. In questo ddl, però, ci sono alcuni profili su cui nutro dei dubbi». Secondo il noto amministrativista, il primo nodo riguarda la definizione di immobile che ricade in un’area ad alto rischio per l’incolumità pubblica. Una categorizzazione che, sottolinea Cariola, «spetta ai tecnici del Comune» e non è ben delineata. Altra criticità è la distinzione tra abusi più urgenti di altri. «Che si fa con gli immobili abusivi che ricadono in aree non a rischio? Non deturpano anche quelli l’ambiente? Si rischia così di legalizzare di fatto l’abusivismo che non rientra in zone pericolose». Infine, terzo aspetto controverso è la mancanza nel ddl di riferimenti ai funzionari dei Comuni, quelli che, a detta del docente, sono i veri responsabili delle mancate demolizioni. «Secondo la legge attuale a emanare le ordinanze di demolizione sono i tecnici, non il sindaco – spiega Cariola – D’altronde come fa un sindaco a essere responsabile se non viene informato dai suoi funzionari?». 

Da quanto si apprende, dalle parti dell’Anci Sicilia (l’associazione che riunisce i sindaci dell’Isola) c’è aria di non voler arrivare allo scontro con Musumeci sul fronte comune della lotta all’abusivismo. Ma gli amministratori locali non hanno nessuna intenzione di fare la parte del capro espiatorio. La proposta che l’Anci avanzerà al governo sarà quella di un tavolo di concertazione: anche i sindaci vogliono poter dire la loro sull’argomento. E il governo, in effetti, ha tutto il bisogno in questa fase delicata di un dialogo coi primi cittadini. Anche perché senza il confronto con gli amministratori locali sarà praticamente impossibile individuare davvero gli immobili che insistono nelle zone di indedificabilità assoluta o ad alto rischio idrogeologico. E poi c’è un tema politico: affinché il piano del governo funzioni, messa quantomeno in discussione la possibilità di rimuovere i sindaci, bisognerà avviare un dialogo per «metterli nelle condizioni – dicono i ben informati – di dare continuità al provvedimento».

Oltre al tavolo di concertazione per stabilire «un nesso di causalità tra le responsabilità degli amministratori e le loro competenze», bisognerà guardare alle risorse messe a disposizione. Che, a occhio e croce, non basterebbero. Il ddl, infatti, istituisce un fondo di rotazione da un milione di euro all’assessorato Enti locali. Che significa? La Regione anticipa le somme, che i Comuni potranno restituire nell’esercizio finanziario successivo. Per quale ragione? Perché per sgomberare gli edifici, i Comuni verosimilmente dovranno garantire un alloggio alle famiglie rimaste fuori casa, fino a 60 giorni (così come è previsto nel ddl).

Musumeci in conferenza stampa ha parlato di casi sporadici, «saranno un paio di famiglie per ciascun Comune» ha detto. Ma anche se così fosse, i conti non tornerebbero comunque, considerato che i Comuni siciliani sono 390. Mantenere circa 800 famiglie in una pensione, seppur modesta, per due mesi implica poco meno di 2,5 milioni di euro, a fronte del milione messo a disposizione dalla Regione. «E poi? Trascorsi i due mesi? – si chiedono ancora dall’Anci – Quelle famiglie verrebbero a cercare noi sindaci, non Musumeci. Se non siamo messi nelle condizioni di dare risposte, rischiamo di fallire in un intento che resta comunque condivisibile. Ma che va discusso insieme agli amministratori locali».


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