Cronaca

Enna, i legali del prete condannato per abusi sessuali su minori hanno fatto appello: «Motivazione illogica»

Gli avvocati di Giuseppe Rugolo, il sacerdote condannato in primo grado a quattro anni e mezzo di carcere per violenza sessuale aggravata a danno di minori, hanno presentato appello contro la sentenza emessa dal tribunale di Enna. I legali del prete Antonino Lizio e Dennis Lovison contestano l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna e chiedono la riapertura del dibattimento.

I legali parlano di «motivazione illogica, contraddittoria ed errata» che avrebbe portato il tribunale a travisare «la documentazione, emettendo una motivazione nella quale perviene a conclusioni scorrette nonché prive di supporto probatorio e, conseguentemente, a un giudizio di colpevolezza errato». Anche la Curia, ritenuta responsabile civile, ha presentato appello alla sentenza di condanna di Rugolo. «Le uniche persone giuridiche legalmente riconosciute sono la diocesi di Piazza Armerina e il seminario, ma non la Curia», sostiene l’avvocato Gabriele Cantaro.

Intanto, in questi ultimi giorni, sono tornate le proteste a Enna da parte di un movimento spontaneo che si è costituito nel comitato Non accetto prediche da chi copre un abuso che ha al fianco anche l’associazione nazionale Rete l’Abuso. Sabato scorso, il comitato ha organizzato una manifestazione sul sagrato della chiesa di Santa Lucia a Enna: i manifestanti si sono coperti la bocca con un bavaglio viola per lamentare il silenzio che la Curia avrebbe mantenuto sulla vicenda e hanno chiesto le dimissioni del vescovo Rosario Gisana. Agli atti, infatti, ci sarebbe una intercettazione in cui il vescovo parla con don Rugolo: «Ora il problema non è solo tuo. È anche mio perché ho insabbiato tutto». Ed è il legale del vescovo a sottolineare che «non è indagato e non lo si può accusare di inazione o tolleranza». Sul punto, però, stando a quanto trapela, ci sarebbe in corso una valutazione in sede canonica.

Intanto, però, nelle motivazioni della sentenza di condanna di Rugolo si legge che «emerge chiaramente che il vescovo di Piazza Armerina, ben consapevole da molti anni delle segnalazioni effettuate inerenti agli abusi patiti dal ragazzo minorenne (il giovane archeologo che per primo ha denunciato, ndr) a opera di Rugolo, abbia totalmente ignorato questi campanelli di allarme, non solo ritardando volutamente l’incontro con il ragazzo e suoi familiari ma evitando volutamente qualunque forma di controllo o provvedimento a tutela dei fedeli, soprattutto adolescenti, facenti parte della comunità religiosa da lui guidata». Nelle motivazioni viene inoltre ricordato che sempre nel 2016 «un altro giovane aveva confidato, seppur nel corso di una direzione spirituale di avere subito approcci sessuali da padre Rugolo. La Curia, nella persona del vescovo, ometteva con ogni evidenza, qualsivoglia, doverosa, seria iniziativa a tutela della sua comunità, facilitando l’attività predatoria di un prelato oggetto di segnalazione».

Sempre nello stesso documento viene messo nero su bianco che «alcun controllo veniva attivato, tanto che addirittura le riunioni dell’associazione 360, che sovente si svolgevano dentro le mura del Duomo di Enna dove, dal 2015 al 2019, l’imputato commetteva impunemente abusi sessuali ai danni di due giovani adolescenti consapevole di potere contare sull’appoggio dei vertici religiosi che, al contrario, contribuivano a rafforzare all’esterno l’immagine di padre Rugolo quale esponente di spicco del clero locale». E sarebbe proprio sulla base degli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale che resa «legittima la condanna al risarcimento del danno della Curia nella sua qualità di responsabile civile, per i pregiudizi cagionati dagli abusi sessuali perpetrati da padre Rugolo».

Per questo, l’avvocata Eleanna Parasiliti Molica che assiste la vittima si sarebbe aspettata «una doverosa presa di coscienza da parte del vescovo che, invece, preferisce perseverare in una condotta che ha tutte le caratteristiche di una strenua difesa di una posizione di potere. La misura è colma – aggiunge la legale del giovane – Il comitato rappresenta le istanze di una comunità smarrita, addolorata, che si sente tradita e che merita di essere ascoltata e non oggetto di indagini da parte del legale del vescovo».

Redazione

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