Il volto pubblico della fede e quello occulto dell’abuso. La diocesi di Piazza Armerina, già travolta da uno scandalo giudiziario dopo il processo e la condanna di secondo grado per don Giuseppe Rugolo, condannato a tre anni per abusi sessuali su minore, incassa un’altra sentenza destinata a pesare sull’istituzione ecclesiastica. La corte d’Assise di Caltanissetta […]
Foto generata con IA
Abusi nella diocesi di Piazza Armerina: un’altra condanna scuote la Chiesa
Il volto pubblico della fede e quello occulto dell’abuso. La diocesi di Piazza Armerina, già travolta da uno scandalo giudiziario dopo il processo e la condanna di secondo grado per don Giuseppe Rugolo, condannato a tre anni per abusi sessuali su minore, incassa un’altra sentenza destinata a pesare sull’istituzione ecclesiastica. La corte d’Assise di Caltanissetta ha condannato a otto anni di reclusione un ministrante gelese, accusato di abusi sessuali su una minore all’interno della parrocchia salesiana, nel cuore della città. Una sentenza che arriva al termine di un lungo processo di primo grado e che rilancia l’allarme su una presunta rete di omertà e silenzi colpevoli tra le mura ecclesiastiche.
L’inchiesta, avviata dopo che la vittima – ancora adolescente all’epoca dei fatti – si era confidata con il personale del consultorio familiare, ha portato alla costituzione di parte civile dei genitori della ragazza, assistiti dall’avvocato Carmelo Tuccio. Le indagini, condotte dalla polizia, si sono tradotte in una misura restrittiva a carico dell’imputato, finito poi sotto processo con l’accusa più grave: avere approfittato del contesto parrocchiale per abusare della giovane, chiudendosi a chiave con lei in una delle stanze della chiesa. Secondo l’accusa, le prove raccolte e le testimonianze acquisite nel corso dell’istruttoria sarebbero state sufficienti a dimostrare la dinamica degli abusi. Ma la difesa ha cercato fino all’ultimo di smontare l’impianto accusatorio, sostenendo l’inattendibilità della ricostruzione e puntando sul fatto che le stanze – compresa la sagrestia – non venissero mai chiuse a chiave.
Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 12 anni e sei mesi, mentre il collegio giudicante ha riconosciuto la responsabilità dell’imputato comminando una pena più contenuta ma comunque severa. La vittima, oggi maggiorenne, ha ottenuto il riconoscimento del diritto al risarcimento, anche se l’entità sarà stabilita in sede civile. Ma il dato più inquietante arriva da un dettaglio emerso durante il processo: l’uomo fu allontanato dalla parrocchia dopo le prime segnalazioni ricevute dal sacerdote. Un allontanamento che, secondo la difesa, non fu ufficializzato né motivato da elementi concreti, tanto che il ragazzo fu poi riammesso alle attività parrocchiali. Un ritorno che oggi, alla luce della condanna, solleva pesanti interrogativi.
Questo episodio si aggiunge a una catena di scandali che sta minando la credibilità della diocesi. Dopo la condanna in secondo grado per don Rugolo – tre anni per abusi su minori – è in arrivo la prima udienza del processo per falsa testimonianza contro lo stesso vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, e il suo vicario giudiziale don Vincenzo Murgano. Un’inchiesta che ipotizza reticenze e omissioni nelle indagini ecclesiastiche sugli abusi, e che potrebbe aprire nuovi e scomodi scenari. Le motivazioni della sentenza contro il ministrante gelese saranno depositate entro novanta giorni. Ma intanto resta il dato: un altro caso di violenza consumata tra altari e confessionali, in un contesto che, almeno per ora, sembra non riuscire a fare piena luce né giustizia su se stesso. In attesa dell’appello, e con altri procedimenti ancora da celebrare, la diocesi di Piazza Armerina rimane sotto una lente giudiziaria che si fa sempre più implacabile. E le vittime, sempre più numerose, reclamano risposte. E verità.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO DALL’AVVOCATO CARMELO TUCCIO
La famiglia intende precisare che avrebbe fatto a meno di intervenire per evitare di ritornare su una vicenda molto dolorosa che sovraespone mediaticamente la vittima; che comunque era doveroso intervenire per senso di giustizia riportando la notizia ai fatti realmente accaduti; che nessun rimprovero poteva essere mosso al parroco della chiesa, in quanto immediatamente dopo essere stato informato del comportamento del responsabile degli abusi ha disposto definitivamente il suo allontanamento dalla chiesa; che la vittima non è mai stata allontanata dalla chiesa come erroneamente riportato dall’articolo; che il sacerdote è stato informato dei fatti dai genitori e non dai servizi sociali ed ha allontanato immediatamente l’imputato, il quale altri non era che uno dei chierichetti adulti. Inoltre la diocesi di appartenenza non poteva assolutamente essere chiamata a rispondere di un comportamento che è stato di tipo occasionale e da parte di un soggetto a cui non è stato conferito alcun ruolo ufficiale. Per questo motivo la famiglia della vittima ha agito solo ed esclusivamente nei confronti del responsabile non essendoci elementi per chiamare a rispondere del suo comportamento, la chiesa e la diocesi di appartenenza.