Il procedimento a carico di Francesco Zappulla prosegue scandito dalle dichiarazioni dei testimoni citati dalla pm Giulia Beux. Passaggio focale di oggi è stato quanto ricostruito grazie alle immagini catturate dalle telecamere su via Bonello e quanto scoperto successivamente con le intercettazioni telefoniche
A processo dopo una rapina con aggressione Teste: «Forse ci fu anche la premeditazione»
Francesco Zappulla è imputato per aggressione e rapina contro un agente non in servizio. Sorride e saluta i familiari, nella sua tuta azzurro chiaro. Dall’udienza di oggi non sembra troppo preso. A darsi il cambio sul banco dei testimoni sono quattro testi citati dalla pm Giulia Beux e chiamati a ricostruire le primissime fasi delle indagini. I fatti risalgono al 13 gennaio 2016: l’agente è stato aggredito mentre passeggiava al Capo, Zappulla era a bordo del suo motore, un Sh 300 nero, insieme a un complice. A seguirlo a ruota un altro scooter nero con a bordo due amici dell’imputato. Sono in quattro, infatti, a mettere a segno il colpo che gli frutta ben settemila euro. Ma gli arrestati, nell’ottobre scorso, sono in sette. Di questi, sei sono stati condannati in primo grado a fine aprile.
Non si accorgono, però, che a filmare parte del loro percorso in motorino, poco prima dell’aggressione e subito dopo per la fuga, ci sono le due telecamere che puntano su via Matteo Bonello in direzione tribunale e, fornendo un’altra inquadratura, in direzione Cattedrale. Si vedono distintamente le targhe degli scooter usati per il colpo, gli abiti indossati e le fattezze fisiche. Dettagli importanti che permetteranno agli inquirenti di risalire ai responsabili. Il motore di Zappulla viene recuperato addirittura il giorno dopo: «Mi chiese di spostarlo dal garage alla strada, mettendolo un po’ più avanti. Non so perché, me lo ha chiesto e io l’ho fatto. Ma nemmeno il tempo di posteggiarlo, che gli agenti mi hanno fermato». L’amico ignaro di Zappulla non sa che quella richiesta sarebbe stata legata proprio all’aggressione del giorno prima.
Dopo l’amico, è la volta di tre agenti della Squadra mobile di Palermo, che riferiscono le prove emerse dalle intercettazioni dei telefoni delle persone coinvolte e dei familiari. Ma il punto focale sono proprio le immagini catturate dalle telecamere, che li inchiodano e restituiscono un’interpretazione abbastanza chiara di quanto accaduto quel giorno. «Rivedendo le registrazioni con più attenzione, ci siamo accorti che c’erano dei passaggi ripetuti – dice l’agente della mobile Agatino Emanuele – i due scooter facevano avanti e indietro, anche prima della rapina. Insomma, alcuni movimenti ci hanno fatto anche pensare a una premeditazione». L’esame degli altri testi citati dalla magistrata saranno ascoltati durante la prossima udienza a fine maggio.