A Catania arriva Nextdoor, l’app della porta accanto Il prof: «Strumento in più per costruire dei legami»

Il social network della porta accanto arriva a Catania e il concetto di buon vicinato diventa 2.0. Nextdoor, l’app di quartiere, nata negli Stati Uniti nel 2011 e diffusa dal 2016 anche in Europa (Francia, Inghilterra, Paesi Bassi e Germania), è «il modo più semplice e sicuro per stare in contatto con i tuoi vicini», come si legge dal sito. «Lo strumento dell’applicazione è nuovo, ma ricalca la realtà delle social street – commenta a MeridioNews Davide Bennato, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e dei media digitali all’università di Catania – Sono realtà che funzionano meglio in quartieri popolari già vivi e vissuti dalle persone che li abitano, mentre – continua – è più complicato che si formi un senso di comunità forte attraverso la tecnologia se non esiste una vita sociale del luogo».

Insomma, pare difficile che l’app riesca a cambiare la fisionomia di un quartiere dormitorio. L’obiettivo principale del social network è «permettere ai vicini di casa di creare community locali per migliorare la vita dei quartieri e renderli più sicuri». Basta inserire nome, cognome e indirizzo (quest’ultimo verificato con la geolocalizzazione) per iscriversi all’app che è totalmente gratuita. Se il quartiere in cui si risiede non è ancora presente, è possibile anche candidarsi per diventare membro fondatore. Consigli e raccomandazioni, proposte di vendita o di prestito, locandine di eventi, segnalazioni su questioni di sicurezza o reati, annunci di oggetti e animali smarriti. Di questo, per lo più, sono fatte le home dei quartieri del capoluogo etneo. Ma c’è anche chi prova a fare un «salto di qualità». 

È questo il titolo di un post di un utente sulla bacheca della III circoscrizione etnea (ex III Municipalità Borgo-Sanzio). «Io mi sono iscritto perché credo possa essere utile a far crescere un vero senso di comunità – scrive l’uomo – un sentimento oramai sconosciuto da noi catanesi che non andiamo al di là della cerchia familiare e guadiamo gli altri come nemici da affossare. Questa deleteria subcultura – continua – ci rendere deboli nel rivendicare diritti. Cosa c’è di più bello di una comunità consapevole e solidale che può diventare forte quando si unisce e condivide obiettivi e rivendicazioni nei confronti dei politici locali?».

Cambiano i legami sociali e, con loro, anche i modi di sperimentarli. «Bisogna andare oltre i concetti di reale e virtuale che si integrano e hanno conseguenze concrete l’uno sull’altro – analizza Bennato – Nextdoor, anche in città come Catania, rappresenta un’opportunità in più di costruire delle relazioni sociali sulla base di una comune appartenenza a uno stesso posto». Un modo come un altro, insomma, di mettersi (o di rimanere) in contatto con il dirimpettaio o con l’inquilino dell’appartamento di fronte o della strada parallela. «Sono infatti già molti i casi di persone che hanno risolto dei problemi grazie a queste tecnologie che permetto di mettersi in contatto con il vicinato», spiega Bennato.

Tra scambi di informazioni utili, ricerche di una baby sitter o un idraulico last-minute, locandine per pubblicizzare eventi in zona e chi si mette a disposizione per dare una mano ai vicini con prestazioni di servizi di vario tipo, sono molti gli utenti catanesi che invitano al corretto utilizzo dell’app. C’è, infatti, chi tenta di usarla per espliciti fini commerciali. Al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti, però, in Italia la piattaforma non è (ancora) accessibile per le imprese. Anche se questo non impedisce al titolare di una piccola azienda locale di dialogare con chi vive nel quartiere per farsi conoscere. «Ciò a cui bisogna fare attenzione, infatti – afferma il docente – è che questa piattaforma diventa un raccoglitore di dati iper-specifici con profilazioni a livello microgeografico, il che può risultare interessante a livello commerciale». 


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

Sono stati condannati i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Finisce così il processo di primo grado con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri, avvenuto all’interno della caserma Gamerra di Pisa nell’agosto del 1999. Per loro il procuratore Alessandro Crini aveva chiesto rispettivamente una condanna a 24 anni e 21 anni, […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo