Ha poco più di 30 anni, viene dal Nord Italia e dice di chiamarsi Ada. Per il resto è impenetrabile. Da mesi aveva trovato riparo nella palafitta di legno dentro parco Falcone. I vigili urbani l'hanno sgomberata. Ora ha trovato accoglienza in un alloggio di transizione
La storia della senzatetto che viveva nella casetta giocattolo Sfrattata dopo lamentele di genitori. «Serve decoro sociale»
«Come faccio a spiegare a mio figlio il motivo per cui non può giocare lì?». Diverse segnalazioni come questa arrivate alla polizia municipale hanno portato allo sgombero di una ragazza che, ormai da diversi mesi, viveva in una casetta giocattolo all’interno del parco Falcone. La giovane di circa 30 anni, arrivata a Catania dal Nord Italia, parla pochissimo, dice di chiamarsi Ada, ringrazia chi le porta delle coperte per imbottire il pavimento di legno di quella palafitta giocattolo dentro cui ha creato il suo giaciglio di fortuna. Una sembianza di casa. Per il resto, è impenetrabile. «Non è accettabile che dei giochi per bambini in un parco diventino riparo per gli homeless», afferma a MeridioNews Stefano Sorbino, il comandante dei vigili urbani che, qualche giorno fa, sono intervenuti per le operazioni di sgombero. «Un intervento sia a tutela del decoro urbano – aggiunge Sorbino – che a favore della persona: l’abbiamo fatta andare via e abbiamo sanificato il luogo molto frequentato da famiglie con bambini e da anziani».
Dopo gli sgomberi dei clochard dai marciapiedi e dalle pensiline degli autobus, adesso anche per la casetta è arrivato lo sfratto. «È incredibile come si continui a considerare più il decoro urbano che quello sociale e si pensi prima alle cose che alle persone», riflette Dario Gulisano di Arbor, unione per gli invisibili. «Trovo assurdo che si tenga in considerazione più il diritto tolto ai propri figli di potere giocare in una delle tante giostre che ci sono nei parchi pubblici – commenta – e non si consideri invece che c’è una persona che ci vive dentro. I bambini dovrebbero essere educati all’empatia, alla solidarietà e anche a riconoscere le ingiustizie ma – continua Gulisano – per i perbenisti i senzatetto sono e devono restare invisibili».
Chi, invece, li vede benissimo sono gli operatori dell’unità di strada del progetto Radici gestito dalla cooperativa Mosaico (centro di prossimità della fondazione Èbbene) da cui la giovane senzatetto è stata presa in carico e portata in una struttura. «Fuori dalla sua casetta in cui ormai era abituata a vivere – racconta a MeridioNews la presidente Claudia Pasqualino – l’abbiamo trovata, ancora più disorientata del solito, in piazza Giovanni Verga». Per mesi, la donna ha accettato da loro solo le coperte termiche, il kit igiene e il kit intimo. «Adesso è stata accolta in uno degli alloggi di transizione ed è già partito per lei – sottolinea Pasqualino – anche un piano personalizzato di accompagnamento per tutti gli altri servizi di cui necessiterà: oltre a essere ancora piuttosto disorientata, abbiamo notato anche che ha la pelle molto irritata e – conclude la presidente – ci stiamo attivando per trovare per lei tutte le soluzioni più adatte».