La battuta di Cancelleri sull’ipotesi terzo mandato Nel M5s ci si inizia a chiedere «che ne sarà di noi?»

Una battuta, niente di più. D’altra parte la premessa lo consentiva: se fossimo a un gioco a premi con la cuffia nelle orecchie e si dovesse rispondere con un sì o un no, Giancarlo Cancelleri cosa direbbe di una possibile terza ricandidatura a presidente della Regione? «Beh, così secca no… Dai, sì, perché io amo la mia terra e vorrei davvero poter fare il massimo per…». La frase, pronunciata due giorni fa dal viceministro ai Trasporti, è rimasta incompleta, ma tanto è bastato per fare strabuzzare gli occhi degli spettatori della trasmissione Casa Minutella e, a seguire, di chi ha letto la dichiarazione. Un Cancelleri tris – parlando dei tentativi di entrare a palazzo d’Orleans – in Sicilia rappresenterebbe, infatti, la pietra tombale sul primo dei comandamenti del grillismo: non ti candiderai più di due volte.

Ma, come detto, si sarebbe trattato soltanto di una battuta. Una boutade, per dirla alla francese, che rimanda all’antico bottata. Con questo termine un tempo si indicava il colpo di punta nella scherma. E, a pensarci, per quanto il diretto interessato sostenga che sulla vicenda «si sia detto già fin troppo» e che basta rivedere la trasmissione per capire il clima in cui tutto è nato, l’ipotesi terzo mandato qualche fastidio lo ha creato. Specialmente tra quei deputati regionali del Movimento 5 stelle che, poco più di un anno fa, salutarono Cancelleri in partenza per Roma, per affiancare la dem Paola De Micheli al ministero delle Infrastrutture. In quel caso, nessuno volle parlare di addio – la promessa era di continuare a seguire da vicino gli affari siciliani – ma altrettanti erano quelli che pensavano potesse trattarsi di un arrivederci. Questo perché, al netto delle frizioni per il presunto eccesso di protagonismo di Cancelleri, a impedire qualsiasi reunion sarebbero state le regole interne al movimento.

E se invece così non fosse? Se quella di Cancelleri non fosse stata solo una semplice battuta, ma proprio una bottata? Un colpo di punta, per vedere un po’ l’effetto che fa e capire quanto il popolo cinquestelle siciliano sarebbe pronto a un cambiamento, in chiave però conservatrice? I punti interrogativi per il momento sono tanti e potranno essere affrontati soltanto a un livello superiore da quello regionale. Però, intanto, ci sono. O meglio, a microfoni spenti e taccuini chiusi, da tempo c’è chi si chiede «che ne sarà di noi?», parafrasando il titolo del film di Giovanni Veronesi, anche se in questo caso non si parla di dilemmi post-liceo, ma di un altro tipo di maturità. Quella di chi dopo un decennio in cui ha contribuito a fare crescere un partito si trova nella condizione di – letteralmente – doversi trovare un lavoro. O di tornare a quello di prima, vecchi clienti volendo.

In attesa di capire come si evolverà il dibattito interno a livello nazionale – domenica si svolgerà il dibattito pubblico degli Stati generali e l’occasione potrebbe essere propizia per mettere sul tavolo anche la questione del limite del secondo mandato – in casa cinquestelle nessuno vuole commentare l’uscita di Cancelleri. Tra chi ricorda che in tempi di pandemia i problemi sono altri e chi assicura che non si ricandiderebbe mai «anche perché chi ci voterebbe mai dopo un tradimento di questo tipo?», ci sono anche le voci che parlano di qualche battibecco interno suscitato dalle parole di Cancelleri. Che saranno state pure frutto di una battuta ma che, proprio per questo, potrebbero diventare il primo passo verso una presa di coscienza. D’altronde, di motti di spirito Freud se ne intendeva.


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