La deputata ieri ha salutato il Carroccio. In precedenza lo aveva fatto Bulla. Restano Ragusa e Catalfamo, che però potrebbero ritrovarsi nel gruppo misto. Tecnicismi che mettono in luce le criticità di Salvini a prendere le misure della politica siciliana
Ars, il gruppo della Lega adesso rischia di sparire Difficile una nuova deroga. Caronia: «Lasciati soli»
La Lega appare, la Lega scompare. Più che un gioco di prestigio, la testimonianza di come per Salvini prendere le misure della politica siciliana sia impresa più ardua di quello che si poteva credere. E le foto con arancini e cannoli sono servite a esorcizzare lo shock da adattemento, ma fino a un certo punto. All’indomani della decisione di Marianna Caronia di lasciare il gruppo, la notizia più importante è rappresentata dalla possibilità che, sette mesi dopo il suo debutto, il gruppo parlamentare della Lega all’Ars potrebbe sparire. Orazio Ragusa e Antonio Catalfamo – gli ultimi due superstiti – potrebbero scegliere di non tentare di chiedere una nuova deroga all’ufficio di presidenza di sala d’Ercole, accettando il dato di fatto per cui, secondo il regolamento dell’Assemblea, in meno di quattro non è possibile formare un gruppo. E ultimamente dalle parti del Carroccio ci si sente come gli amici al bar di Gino Paoli. Da quattro si è passati prima a tre, dopo che Giovanni Bulla è tornato tra le braccia dell’Udc, e adesso a due.
A spingere Caronia verso il ritorno al gruppo misto – tanto all’Ars quanto al consiglio comunale di Palermo – sono state le parole del commissario leghista Stefano Candiani sull’opportunità di valutare la possibilità di modificare la legge elettorale regionale e passare ai listini bloccati. Il quadro però è più complesso e parla di una Lega che ancora oggi non è riuscita a trovare il giusto compromesso tra il leaderismo che la contraddistingue, non solo sul piano mediatico, e il fatto che in Sicilia di leghisti nati tali al momento non c’è nessuno. Specialmente tra chi occupa gli scranni di palazzo dei Normanni. Che Catalfamo, Ragusa, Bulla e Caronia provenissero da altri partiti lo si sapeva dal primo momento, ma per un po’ ci si è convinti che questo fosse un valore aggiunto. I problemi sono però sorti quando i nodi sono venuti al pettine.
«Non mi pento della scelta di avere aderito alla Lega – dichiara a freddo Caronia a MeridioNews – ma è stata un’esperienza che non è andata come immaginavo. Siamo stati lasciati da soli anche in momenti delicati come l’approvazione della finanziaria in piena emergenza Covid-19». La deputata palermitana ieri è stata definita «una persona complicata» da Candiani, che ha poi alluso al suo trasformismo. «Io sono stata eletta con Forza Italia e poi sono passata al misto, da lì alla Lega – replica -. Adesso torno nel misto. Per il resto mi limito a constatare che per Candiani esprimere dissenso e non accettare il pensiero unico è un atteggiamento che crea complicazioni».
Lo scossone in casa Lega arriva a pochi giorni dalla decisione proprio di Candiani di strutturare meglio il partito, con la nomina di due vicesegretari. «Un conto è l’organizzazione interna, un altro la capacità di radicarsi nel territorio – va avanti Caronia -. A me sembra che Salvini punti molto sullo stare tra la gente, mentre in questi mesi non è stato fatto altrettanto in Sicilia. Anzi, si pensa che sia giusto togliere la possibilità agli elettori di scegliere i propri rappresentanti». In merito al rapporto con l’elettorato, Candiani ieri ha sostenuto che Caronia «parla di ogni scelta politica in ragione del “mio elettorato”, dei “miei voti”, dei “miei amici che mi hanno sostenuto”». Frasi che non sono andate giù all’ormai ex leghista. «Non vedo cosa ci sia di strano nel sentirsi responsabili nei confronti delle persone che hanno deciso di darmi fiducia. Se per Candiani questo significa essere clientelari, è un pensiero suo. Di cui però – conclude Caronia – deve assumersi le responsabilità».