La condotta dell'ex capo del Collegio delle guide alpino-vulcanologiche avrebbe dato luogo a un vizio di eccesso di potere. C'era suo figlio fra i partecipanti al test poi travolto anche dall'inchiesta Aetna. Disposto l'invio degli atti alla Corte dei Conti per danno erariale
Parentopoli Etna, annullato il concorso dello scandalo Nel mirino del Tar «l’amicizia» fra Ragonese e Taller
Ha pesato la scottante «evidente e chiara ipotesi di
conflitto d’interesse» in capo all’allora presidente del Collegio regionale delle guide alpine e vulcanologiche, la guida dell’Etna Biagio Ragonese. La Quarta sezione del Tar di Catania ha annullato il concorso di maggio 2018 inquinato dallo scandalo parentopoli e, nella sentenza redatta dal giudice Maurizio Francola, si punta il dito sulla condotta dell’ex capo dell’organismo che riunisce le uniche figure autorizzate a condurre turisti ai crateri di Etna e Stromboli. C’era suo figlio, infatti, fra i partecipanti alle prove, oggetto di due ricorsi alla giustizia amministrativa e poi finite nella bufera dell’inchiesta Aetna della procura di Catania. Eppure, anziché «astenersi dal compimento di qualsivoglia procedura concorsuale» alla luce della strettissima parentela in ballo, Ragonese nominò la commissione del concorso pubblico – si legge nella sentenza – «dopo la scadenza del termine di presentazione delle domande e, dunque, dopo che Ragonese era a conoscenza della partecipazione del proprio figlio al concorso». L’ex presidente del Collegio designò, poi, per il ruolo di presidente della commissione d’esame la guida alpina Mario Taller, «soggetto con cui intercorreva un rapporto personale di amicizia, (…) con l’intento di orientare l’espletamento del concorso e così favorire (..) il proprio figlio».
Il sigillo sulla parentopoli, a parere della giustizia amministrativa, lo mettono anche
delle foto su Facebook. Il legame fra Taller e Ragonese viene provato da un post sul social che li ritrae assieme, materiale citato esplicitamente nelle sentenza. Circostanze che si traducono nel «vizio di eccesso di potere» che, come stabilito dal Tar, rende inevitabile l’annullamento dell’intera procedura concorsuale vista la «lesione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione». Il concorso, malgrado la bufera, era stato tenuto in vita dal Collegio nel frattempo passato sotto la gestione dell’ex presidente nazionale delle guide alpine Cesare Cesa Bianchi. «Non accetto di essere additato come colui che mette la testa sotto la sabbia – aveva dichiarato rispondendo alle critiche sulla ventilata inerzia del Collegio davanti allo scandalo – perché se ve ne fossero stati i presupposti, l’autorità giudiziaria penale avrebbe cautelarmente interdetto alle guide interessate l’esercizio della professione e il Tar sospeso la delibera d’approvazione della graduatoria degli abilitati».
Da ciò, ne era conseguito che i 19 vincitori del concorso della discordia hanno lavorato regolarmente sui vulcani siciliani, con somma indignazione da parte delle
decine di ricorrenti. Erano stati più di cento i partecipanti al concorso che serve ad accedere a un corso di abilitazione per guide vulcanologiche. Già a maggio 2018, su questa testata, si era dato conto delle segnalazioni sulle presunte irregolarità nelle prove al centro dei ricorsi al Tar e di esposti in procura. Materiale poi ampiamente trattato – con tanto di pesanti intercettazioni – dalla successiva inchiesta della magistratura catanese. Biagio Ragonese e gli altri componenti del direttivo del Collegio erano stati indagati con l’accusa di aver manovrato per aiutare i propri figli a passare un difficile test fisico svoltosi nel bosco di Linguaglossa, sull’Etna. A settembre sono arrivati i rinvii a giudizio per l’ex presidente e, fra gli altri, lo stesso Mario Taller. I due dovranno presentarsi davanti alla giustizia penale il prossimo 7 maggio.
Il Tar di Catania, annullando il concorso della parentopoli, ha anche disposto l’invio degli atti alla procura «per la possibile configurazione del reato di abuso d’ufficio a carico di quanti abbiano gestito la procedura selettiva». E inoltre, considerato che «l’annullamento degli atti impugnati implica la configurabilità di un danno erariale», i magistrati catanesi hanno ordinato di trasmettere gli atti anche alla Corte dei conti.