La droga a San Leone tra baci in bocca e spari Il ruolo del luogotenente La Placa ‘u sfregiatu

«Nel salutarsi con un
bacio in bocca sembravano manifestare la loro comune appartenenza al clan». Non tenere effusioni da innamorati, ma un’antica consuetudine di certi codici mafiosi tornata in voga tra alcuni dei soggetti coinvolti nell’operazione Tricolore. In manette sono finite quaranta persone ritenute legate a due gruppi criminali diversi che con il patto delle bandiere si sarebbero spartite la gestione della droga nel quartiere San Berillo nuovo di Catania. 

È la sera del 4 marzo del 2017 quando, per la prima volta,
Giuseppe La Placa – detto Peppe ‘u sfregiatu – viene ripreso dalle telecamere di videosorveglianza, posizionate dalle forze dell’ordine per monitorare le attività nella piazza di spaccio tra corso Indipendenza e via La Marmora, mentre bacia sulle labbra Lorenzo Cristian Monaco, ritenuto a capo dell’organizzazione, e Giuseppe Ruscica, detto Banana. Due giorni dopo, il 6 marzo, quando Salvatore Bonaccorsi – detto Salvuccio, esponente apicale dei Carateddi e figlio di Concetto Bonaccorsi (oggi entrambi collaboratori di giustizia) – arriva in corso Indipendenza, anche lui viene saluto con un bacio in bocca da Monaco, da La Placa e dal giovane Samuel Linguanti «a dimostrazione – scrivono gli inquirenti – della loro comune affiliazione al clan». 

Non solo tenerezze, l’occhio elettronico registra anche gli affari. Negli stessi giorni, vengono ripresi incontri, scene di spaccio e momenti in cui si contano e suddividono i soldi. Dopo le simboliche affettuosità, è Monaco a consegnare una cospicua mazzetta di denaro a testa ai due che sono ritenuti i suoi luogotenenti nel rione. Banana da una parte e lo sfregiato dall’altra. Già arrestato nel 2013 e nel 2015 in due diverse operazioni antimafia, La Placa a novembre dello scorso anno è rimasto ferito durante una sparatoria davanti a una sala giochi nel quartiere di San Berillo nuovo, proprio nella zona di corso Indipendenza. Passato dal gruppo dei Cursoti Milanesi al clan Cappello-Bonaccorsi, lo sfregiato avrebbe continuato a gestire la stessa piazza di spaccio, cambiando solo casacca o meglio bandiera. 

Il suo, come ricostruito dagli inquirenti anche attraverso le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia – tra cui pure Salvatore Bonaccorsi – sarebbe stato un «ruolo da organizzatore». Attività di spaccio da coordinare, denaro accumulato dalle attività illecite da gestire, pusher da supervisionare e a cui impartire le disposizioni per curare la regolare presenza e assicurare l’efficiente posizionamento nella zona controllata. Questi sarebbero stati i principali compiti di La Placa considerato, insieme a Ruscica, il vice di Monaco. A conferma del ruolo importante rivestito nel gruppo, gli inquirenti ricostruiscono anche un episodio definito «impunemente realizzabile solo da esponente di rilievo del sodalizio». È la sera del 3 marzo quando, poco prima delle 21, La Placa viene ripreso mentre vicino al semaforo dell’incrocio molto trafficato di corso Indipendenza-via La Marmora brandisce una pistola a salve ed esplode alcuni colpi ad altezza uomo. Poi porge l’arma a un bambino che, come ha appena visto fare, esplode alcuni colpi anche lui

Pochi giorni dopo, il 9 marzo, La Placa viene arrestato e sottoposto agli arresti domiciliari. Da quel momento, emerge quello che gli inquirenti ritengono essere un «ulteriore elemento idoneo a fornire valido riscontro della sua appartenenza al sodalizio». In particolare sarebbe il contenuto di una conversazione telefonica intercettata il 14 marzo tra Monaco e Rosario Zito (arrestato anche lui la scorsa settimana). «La moglie dello sfregiato… I soldi per l’avvocato… Glieli ho portati io oggi». A parlare è il successore di Bonaccorsi e i soldi a cui fa riferimento sarebbero stati consegnati alla moglie di La Placa per sostenere le spese legali del marito detenuto


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