Stamane, la Guardia di finanza ha dato esecuzione ad un nuovo provvedimento emesso dal gip torinese, nei confronti della società di Cosimo Di Cursi e Roberto Ginatta. Roberto Mastrosimone: «Tornare al tavolo del 2014 con il governo e Fca»
Blutec, nuovo sequestro da oltre 16 milioni Fiom: «Lavoratori prime vittime della truffa»
Nuova tegola per gli amministratori di Blutec spa. I finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Palermo, infatti, hanno dato esecuzione ad un nuovo decreto di sequestro preventivo per 16 milioni di euro emesso dal gip torinese, nei confronti della società, di Cosimo Di Cursi e Roberto Ginatta, già rispettivamente amministratore delegato e presidente della società. Il provvedimento è scattato nell’ambito di indagini coordinate inizialmente dalla procura della Repubblica di Termini Imerese e trasferite, per competenza territoriale, alla procura di Torino. L’originario provvedimento di sequestro disposto dal gip di Termini Imerese era stato, infatti, annullato dal Tribunale del Riesame di Palermo perché non era stato disposto di procedersi preliminarmente sui rapporti intestati alla società e, solo in caso di incapienza, per equivalente sui beni mobili e immobili nella disponibilità degli indagati.
Il Riesame aveva però pienamente convalidato i gravi indizi di colpevolezza rispetto alla malversazione, confermando il sequestro dell’intero compendio aziendale della Blutec spa, ad oggi ancora in amministrazione giudiziaria per rischio di reiterazione di analoghe condotte di reato. Gli indagati sono accusati di aver distratto ingenti finanziamenti pubblici, erogati per il tramite di Invitalia (per conto del ministero dello Sviluppo economico), per sostenere il programma di sviluppo finalizzato alla riconversione e riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese, che prevedeva la realizzazione di una nuova unità produttiva presso gli opifici della ex impresa Fca Italy Spa per la produzione di componentistica automotive.
La Blutec spa, costituita nel 2014, con sede legale in Pescara ma sede decisionale effettiva a Rivoli, ha sottoscritto nel 2015 l’accordo di programma con i dicasteri dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche sociali, con la Regione Siciliana e il Comune di Termini, per un importo complessivo di circa 95 milioni di euro, chiedendo agevolazioni pubbliche per oltre 71 milioni di euro (67 milioni per finanziamento agevolato e 4 milioni a fondo perduto). A partire dal dicembre 2016, sono stati erogati alla società circa 21 milioni a titolo di anticipazione, tutti provenienti dalla Regione Siciliana. Le indagini, svolte tramite l’ausilio di complessi riscontri finanziari, ispezioni, perquisizioni, di una consulenza tecnica e dell’assunzione di informazioni nei confronti di dipendenti e fornitori della Blutec, hanno consentito di dimostrare che almeno 16 dei 21 milioni di contribuzioni pubbliche non sarebbero mai stati impiegati per i fini progettuali previsti, ne’ restituiti a scadenza delle condizioni imposte per la realizzazione del progetto.
Alcune spese sono state giudicate non ammissibili, in altri casi i fondi pubblici sono stati utilizzati per l’acquisto di beni (ad esempio software) impiegati a beneficio di altre unità produttive dell’azienda site fuori regione e non presso il polo industriale di Termini Imerese. A tutt’oggi, nonostante la revoca del finanziamento intervenuta ad aprile del 2018 e la precedente attività di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Termini Imerese, le procedure di restituzione non sono state ancora avviate. Pertanto, grazie alla costante sinergia con Invitalia spa, è stato disposto dall’ente erogante il blocco definitivo dell’erogazione dei restanti 50 milioni di euro di fondi pubblici richiesti ma non ancora erogati. Questa attività di polizia giudiziaria, condotta su delega della Procura della Repubblica di Torino, ha permesso il sequestro preventivo dell’intero profitto di reato ad oggi quantificato in oltre 16 milioni di euro, costituito da disponibilità finanziarie della società beneficiaria dei fondi pubblici malversati, nonché capitali, beni immobili e quote societarie nella disponibilità degli indagati DI Cursi e Ginatta.
«Il tribunale del riesame di Palermo aveva ampiamente confermato la nostra impostazione accusatoria del lavoro svolto con la Procura di Termini Imerese – afferma il comandante della Guardia di Finanza di Palermo, il tenente colonnello Daniele Tino – L’annullamento, quindi, era legato soltanto a quello che potremmo definire un vizio di forma sulla modalità di aggressione patrimoniale». Più nel dettaglio, il sequestro ha riguardato in un primo momento le disponibilità di natura liquida nei confronti di Blutec che poi il giudice ha disposto venissero assegnate all’amministratore giudiziario per il proseguo dell’attività. E ancora, una serie di beni immobili di proprietà di Di Cursi, liquidi, titoli e fondi invece sono stati sequestrati a Ginatta per alcuni milioni di euro, mentre la parte residua è stata assicurata attraverso il vincolo su una parte delle azioni della Metec, la società che controlla Blutec. «Una parte delle azioni, il cui valore è stato in diversi milioni di euro – aggiunge Tino – è stato così sequestrato a Ginatta per equivalente».
«Da quanto sta emergendo dalle indagini, sembra di capire che i vertici Blutec non avessero alcun interesse a sviluppare attività industriale a Termini Imerese – attacca Roberto Mastrosimone, alla guida di Fiom Cgil Sicilia – Ed è gravissimo che il tutto sia andato avanti per quasi quattro anni e mezzo senza che nessuno abbia mai sospettato nulla. Se venissero confermate le accuse, i lavoratori sarebbero le prime vittime di questa grande truffa». Attualmente gli stabilimenti, compreso quello palermitano che conta mille lavoratori, tra 670 ex Fiat e 300 dell’indotto, sono sotto il controllo dell’amministratore giudiziario Giuseppe Glorioso. «Il 31 dicembre del 2014 – ricorda – questi signori si sono presi gli stabilimenti e i lavoratori ex fiat per reindustrializzare Termini superando l’esame di Invitalia, del ministero dello Sviluppo economico e di tutti i coloro che hanno avuto il compito di esaminare io progetto, compresa FCa, allora Fiat, che conosceva bene questa azienda. Il sequestro, quindi, ci deve riportare indietro al dicembre del 2014: ognuno si deve assumere le sue responsabilità, a partire da Fca, perché è lì che dobbiamo ritornare». Intanto, in un clima incertezza alimentato dagli esiti delle indagini, le tute blu attendono ancora lo sblocco della cassa integrazione dal 10 aprile mentre del rinnovo, previsto dal primo luglio, «ancora non si sa nulla, e c’è grande preoccupazione anche per l’indotto. Se la truffa sarà conferma dai giudici – avverte – allora anche il trasferimento lo è e stato e, quindi, avvieremo azioni legali nei confronti di Bluec e non solo».