Sei arresti, armi comuni e da guerra e munizioni di vario calibro sequestrate. È il risultato dell'operazione Chimera del comando dei carabinieri di Ragusa. In manette vertici e luogotenenti dell'organizzazione mafiosa della zona. «Chiedevano il pizzo fino a diecimila euro. La gente non ce lha fatta più e ha denunciato», spiega il capitano Carmine Gesualdo
Comiso, arrestati i capi locali della Stidda Estorsioni armate a conduzione familiare
Sei arresti, due kalashnikov, quattro pistole, un fucile da caccia e numerose cartucce di vario calibro. È questo il risultato delloperazione Chimera eseguita domenica notte dai carabinieri del comando provinciale di Ragusa. Mario Campailla chiamato «Mario u checcu» o «Mario Saponetta», due suoi fratellastri Francesco Razza e Silvio Daniele Izzia, Salvatore Servo, Massimo Scalambrieri e Salvatore Adamo sono gli arrestati.
I primi cinque sono considerati capi e luogotenenti del clan mafioso della Stidda in alcune zone della Sicilia operante al posto di Cosa nostra – da sempre padrona a Comiso, dove sono stati arrestati. Sono accusati di associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione aggravate ai danni di imprenditori del luogo, detenzione di armi sia comuni che da guerra e di munizioni. Salvatore Adamo invece era tra gli indagati e gli indiziati legati al gruppo mafioso di Comiso per cui sono state seguite una serie di perquisizioni «per raccogliere ulteriori elementi a carico di questi personaggi», spiega il capitano Carmine Gesualdo del comando dei carabinieri di Ragusa. Adamo è stato trovato in possesso di una penna lancia razzi modificata per sparare cartucce calibro 22 e munita di silenziatore. «Labbiamo fermato subito perché una penna così dotata non ce lhai di certo perché sei un collezionista», ironizza il capitano.
Specialità del gruppo a conduzione familiare: l’estorsione. I carabinieri sono arrivati al loro arresto dopo mesi di indagini e intercettazioni. Avevano capito che «Mario Campailla, dopo avere scontato una pena di otto anni per associazione mafiosa, aveva riunito persone di fiducia tra cui due suoi fratellastri da parte di madre per chiedere il pizzo ai commercianti. Prima cifre piccole, poi sempre più grandi fino a dieci mila euro. La gente non ce lha fatta più e ha denunciato». Ma non tutti. «Qualcuno è stato messo con le spalle al muro e ha confessato di pagare – continua il capitano – Qualcun altro lo farà, perché le indagini continuano». I cinque capi dell’organizzazione si trovano intanto reclusi nel carcere di piazza Lanza, a Catania. Adamo invece è detenuto a Ragusa.