La Cassazione ha annullato il sequestro da 450 milioni, disponendo un rinvio alla corte d'appello. Per gli avvocati non c'erano i presupposti per affermare la pericolosità sociale degli indagati né la sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio
Messina, restituito patrimonio a Bonaffini e Chiofalo Gli imprenditori erano stati ritenuti vicino alle cosche
La Cassazione ha annullato il sequestro di beni per 450 milioni di euro dei due imprenditori messinesi Sarino Bonaffini e Domenico Chiofalo. La suprema corte ha disposto il rinvio del provvedimento alla corte d’appello. Accogliendo i ricorsi dei difensori, hanno deciso che è necessario un nuovo esame del processo. Secondo la difesa non ci sarebbero stati i presupposti per il sequestro, eseguito il 13 ottobre del 2011, e in particolare non ci sarebbero stati la pericolosità sociale degli indagati e la sproporzione tra i redditi dichiarati annualmente e il patrimonio effettivamente posseduto.
Alla base del provvedimento restrittivo di sette anni fa, eseguito dalla polizia di Stato, c’era «l’ascesa economica del gruppo imprenditoriale Bonaffini-Chiofalo, con l’accumulazione di ingenti ricchezze, ottenute attraverso il reimpiego di proventi illeciti in diversi settori economici di Messina». Secondo la procura, sfruttando «la contiguità con contesti criminali avrebbe consentito al gruppo imprenditoriale Bonaffini-Chiofalo di scoraggiare altri imprenditori concorrenti, i quali, nell’impossibilità di operare liberamente, sono stati costretti gradualmente ad abbandonare i vari settori di mercato, a loro esclusivo vantaggio».
Una holding, come venne definita dagli inquirenti, con investimenti nel settore della pesca, della ristorazione e dell’ edilizia. Il provvedimento di sequestro comprendeva 430 unità immobiliari, 9 società, una flotta navale costituita da 5 motopescherecci e 3 yacht di lusso, 26 mezzi agricoli pesanti, 13 autovetture e centinaia di rapporti bancari. Adesso tutto dovrà nuovamente essere valutato dalla Corte d’Appello.