A poco è servita l’intensa arringa difensiva dei suoi avvocati, che speravano di allontanare lo spettro di un processo o, almeno, di ottenere qualche limatura dei capi d’imputazione. Da gennaio il primo cittadino dovrà rispondere della gestione del palazzetto dello sport, di quella dei rifiuti e della casa abusiva del cognato
Bagheria, rinviato a giudizio il sindaco Cinque Con lui altri 23 imputati. «Daremo battaglia»
Rinvio a giudizio. Questa la decisione presa dal gup di Termini Imerese per il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque, che dovrà affrontare il processo insieme ad altri 23 coindagati. Il primo cittadino dovrà rispondere di falso ideologico, turbata libertà degli incanti, violazione del segreto di ufficio e abuso di ufficio. Un vero e proprio terremoto giudiziario, quello esploso con l’inchiesta a settembre dell’anno scorso e che aveva portato, almeno all’inizio, all’imposizione dell’obbligo di firma per Cinque, misura poi revocata in seguito dal gip. Al centro dell’inchiesta termitana, che il sindaco stesso non aveva esitato a definire «un attacco al Comune tutto», ci sono la gestione del palazzetto dello sport di Bagheria, la casa abusiva del cognato e la gestione dei rifiuti. Il processo partirà a gennaio.
«Sono convinto che sto difendendo una persona perbene», dice intanto l’avvocato Antonio Di Lorenzo, che difende Cinque insieme alla collega Vincenza Scardina. «C’erano tutte le condizioni per prosciogliere – continua -. Già il gip Michele Guarnotta sia in fase cautelare, sia dopo l’interrogatorio aveva scritto pagine importanti per revocare la misura, c’erano ipotesi di reato secondo lui non contestabili». Le arringhe dei due legali sono stati forti, intense e decise a scardinare la possibilità di un rinvio a giudizio. «Avevamo comunque preparato Cinque a questa eventualità. Ma speravamo in una limatura dei capi d’imputazione, visto quella già operata in fase iniziale dal gip. Ma è andata così, non è un caso che non abbiamo scelto l’abbreviato: il dibattimento tipico del rito ordinario ci darà la possibilità di spiegare tutto, sentendo ogni testimone necessario. Sarà battaglia seria, un bel processo».
Tra le contestazioni mosse a Cinque c’è l’aver fatto pressioni sull’ex commissario della città metropolitana Manlio Munafò, anche lui indagato, perché il palazzetto sportivo fosse affidato in partnership al Comune e all’associazione Nuova Aquila Palermo. La procura di Termini ipotizza che i due si siano messi in qualche modo d’accordo in maniera occulta e privata, «ma tutte le direttive le ha date la Provincia stessa», ribatte l’avvocato Di Lorenzo, che denuncia il fatto che nel frattempo, a causa di questa vicenda, il palazzetto è rimasto chiuso e inutilizzato. In occasione dell’interrogatorio di garanzia e, successivamente, con una conferenza pubblica anche il primo cittadino aveva delineato contorni ben diversi della vicenda, piuttosto lontani dalla ricostruzione fatta dalla procura di Termini. «Il gip non sapeva che il Comune di Bagheria ha chiesto molto prima di questi fatti, e anche recentemente, il Palazzetto in gestione pubblica esclusiva, capofila degli altri enti locali. Non sapeva che i Comuni sono stati convocati l’8 settembre 2015 in Provincia, non aveva l’atto di convocazione. Non sapeva che due giorni dopo c’è stato chiesto di conciliare le istanze pervenute da privato e pubblico. Mancano all’appello anche le nostre richieste di cogestione».
Sulla vicenda della casa abusiva del cognato, invece, Cinque è accusato di averlo avvisato dell’esistenza di un procedimento in corso nei suoi confronti per abusivismo edilizio. Ma anche per questa contestazione la ricostruzione fornita da Cinque si distanzia parecchio da quella ipotizzata dalla procura. E ha sempre sottolineato come le sole intercettazioni telefoniche acquisite dai magistrati non potessero restituire un quadro completo e veritiero della storia. Mancherebbero, ad esempio, le intercettazioni ambientali, secondo lui. «Mancano diversi momenti, come quello in cui chiedo a mio cognato di presentare un’autodenuncia per il suo immobile, dopo quello che avevo appurato». Denuncia che in effetti viene presentata, ma non dal cognato, bensì da qualcuno che si appropria inspiegabilmente della sua identità. Il sindaco ha più volte ipotizzato in passato che quello dell’abusivismo potrebbe essere stato utilizzato come elemento di attacco da parte dei suoi detrattori.