«Alzi la mano chi ama Riccardo Pellegrino». Le mani alzate, al Fortino, sono decine. Dal palco il candidato sindaco scandisce il suo discorso, pieno di stilettate nei confronti dei giornalisti e dei politici «cosiddetti big»
Comunali, Pellegrino «come Socrate» in piazza Palestro «La vostra dignità non si vende, altro che 50 euro a voto»
«Alzi la mano chi ama Riccardo Pellegrino». In piazza Palestro ci sono decine di mani alzate. Il palco è montato di fronte al Fortino, a guardare il tappeto di sedie occupate e cellulari alzati a riprendere i discorsi in videochiamata. Il logo di Un cuore per Catania fa bella mostra di sé con lo sfondo della porta Garibaldi, il volto di Riccardo Pellegrino campeggia sui manifesti che reggono, in piedi nonostante il vento. «La vostra dignità non si vende – arringa il candidato sindaco alla sua platea – Altro che 50 euro a voto, come è stato detto». È solo una delle stilettate che vengono dal palco e che fanno riferimento ai tanti scandali (l’ultimo è una seconda indagine per voto di scambio) che hanno coinvolto l’ormai celebre consigliere comunale uscente, già candidato alle Regionali 2017 e bollato come impresentabile.
La colpa della lettera scarlatta impressa sulla carriera politica di Pellegrino sta tutta in quel cognome, condiviso col fratello Gaetano, recentemente condannato in primo grado e accusato dalla magistratura di essere tra i fedelissimi del boss dei Carcagnusi Nuccio Mazzei. «Ma la Costituzione lo dice – attacca l’aspirante primo cittadino – Il reato è personale. La colpa non può ricadere su chi non lo ha commesso. Hanno provato a sfinirmi l’anima, ma non ci sono riusciti». In piazza c’è chi si commuove, chi filma il suo discorso, chi gli grida: «Riccardo sei unico». Lui, però, aspetta il silenzio prima di parlare: «Vi chiedo, per cortesia, di rimanere seduti. Veniamo dai quartieri popolari, l’educazione prima di tutto».
La parola d’ordine è «coraggio». La scandiscono i candidati al Consiglio comunale, schierati sul palcoscenico a parlare per trenta secondi, al massimo un minuto. E la scandisce il conduttore della serata, che accompagna Pellegrino dall’inizio del suo controverso percorso politico verso queste elezioni amministrative 2018. «Adesso vi spiego perché Riccardo è come un uomo che forse conoscerete: si chiamava Socrate. E il processo che gli è stato fatto è una delle pagine più brutte della nostra storia – spiega – Lo hanno processato perché credeva nella sua idea». E via col racconto della vita del filosofo greco, «in tutto uguale a Riccardo: era convinto che a un uomo buono non potesse accadere niente di male».
Pellegrino ascolta, visibilmente emozionato. Ogni tanto si commuove. I candidati lo abbracciano, lui dà spazio a tutti. Se qualcuno rimane indietro, o non riceve il microfono, lui interviene e incoraggia. «Il cuore che serve per Catania è quello di Riccardo Pellegrino», spiega qualcuno. «Per fare quello che ha fatto servivano le palle», rettifica il presentatore. E poi annuncia: «Riccardo è uno come noi, una persona cresciuta per la strada». «Quando li avete visti i politici nei nostri quartieri? – domanda il candidato sindaco – Quand’è che si sono sporcati le scarpe venendo nelle nostre strade? Solo quando ci sono le elezioni, a sperare di avere un voto. Ma adesso basta, noi ci siamo stancati, adesso vogliamo qualcosa di diverso, non vogliamo più i cosiddetti big».
Lui, secondo il candidato Massimiliano Ravanelli (uno dei simpatizzanti di Casa Pound che hanno scelto di aderire al progetto Un cuore per Catania), «è il vero volto della città». A Ravanelli viene concesso il tempo più lungo, assieme a quello dedicato allo stesso Pellegrino. È lui ad aiutare il consigliere comunale uscente a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Il primo, contro la trasmissione televisiva Le Iene, che di recente ha dedicato un servizio all’amicizia tra Riccardo Pellegrino e l’incensurato Carmelo Mazzei, figlio di Nuccio. «Il secondo sassolino è rivolto ai radical chic di sinistra – attacca Ravanelli – La peggiore manifestazione umana, quelli che parlano col culo pieno dei soldi dei padri. Sono i peggiori, guardano i quartieri con disprezzo, sono i fautori dell’immigrazione multiculturale e non si accorgono che sono i catanesi ad avere i veri problemi». Applausi anche per lui. Poi, al camioncino accanto al palco, si iniziano a friggere le crispelle con la ricotta.