Devastato il Campo Serafino Famà La figlia: «Tutto questo ci rafforza»

«Hanno urinato sulle bandiere di Libera, spaccato tavoli e sedie, svuotato un estintore intero sul pavimento, rubato perfino l’autopompa della Protezione civile. Abbiamo risposto all’intimidazione mafiosa con una festa». Flavia Famà, il Campo della legalità di Borgo Sabotino, a Latina, l’aveva visto nascere quattro mesi fa, e ne ha vista la devastazione, sabato scorso. È la figlia dell’avvocato Serafino Famà, ucciso a catania il 9 novembre 1995 dagli uomini del clan Laudani. A lui, il 18 luglio 2011 era stato intitolato il villaggio di Libera Lazio, che nella notte tra il 21 e il 22 ottobre è stato completamente vandalizzato.

Il terreno comunale affidato all’associazione antimafia per le sue attività sociali è grande circa quattro ettari, e dentro ci sono un bar, una sala proiezione, campi di calcetto, spogliatoi e una grande tensostruttura. Ad aver costruito queste cose, totalmente abusive, sarebbe stato un pescatore nullatenente, che ha dichiarato di aver speso tutti i suoi risparmi per realizzare il progetto. Del valore di centinaia di migliaia di euro.

«Quella che hanno distrutto è una struttura importante per diverse ragioni – racconta Flavia, che dal 2001 vive e lavora nella capitale – A parte l’abusivismo edilizio, che dimostra le infiltrazioni mafiose a Roma, bisogna ricordare che lì vicino c’è Borgo Mondello. Che è il posto dove fu ucciso don Cesare Boschin, trovato incaprettato e con del nastro adesivo attorno alla bocca: l’esecuzione tipica della ‘ndrangheta».

E poi, c’è la questione de La quinta mafia: «È un documentario realizzato da Libera, che spiega le attività della camorra e della ‘ndrangheta nell’area romana – dice – Probabilmente volevano impedirne la proiezione, prevista per sabato pomeriggio, ma l’abbiamo fatta lo stesso. Abbiamo pulito tutto e l’abbiamo mostrato».

Flavia Famà non nasconde la sua soddisfazione: «Vuol dire che stiamo dando fastidio. La distruzione di tutto è stato solo l’atto finale: ci avevano già sabotato il quadro elettrico, rotto più volte la pompa dell’acqua, spaccato i tubi e avvelenato le falde». Intimidazioni, «che non ci spaventano, anzi, ci dimostrano che dobbiamo continuare su questa strada, che stiamo facendo bene, che tocchiamo delle corde che qualcuno vorrebbe non toccassimo».

A Borgo Sabotino, sabato pomeriggio, le attività non si sono fermate e agli attivisti antimafia sono arrivati gli attestati di solidarietà degli abitanti della zona. E della comunità rom Al Karama di Borgo Mondello, composta da 12 famiglie. «Vivono in pessime condizioni, in baracche senza acqua corrente – prosegue Flavia – Ma si tengono lontani dagli stereotipi: portano a scuola i bambini, lavorano e non danno problemi. Sono venuti al Campo della legalità a portarci la cena, poi si sono fermati e abbiamo dato vita a una vera festa, tutti insieme».

Quella di cui parla Flavia è un’esperienza di antimafia e integrazione. «Loro distruggono e noi ricostruiamo – afferma – E tutto questo ci rende solo più forti».

[Foto di Flavia Famà]


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