Il sindaco uscente «punta» a più riprese il candidato del centrodestra. «Il vero avversario non è lui ma Raffaele Stancanelli», attacca. L'apertura della campagna elettorale è modulata sull'epoca del civismo: sul palco sale prima la società civile, poi i politici che rappresentano le cinque liste del centrosinistra
Comunali, Bianco sfida Pogliese dal palco dell’Odeon «Irresponsabile candidarsi mentre si è sotto processo»
C’è un convitato di pietra, al cinema Odeon, il cui nome – forse per una scelta di comunicazione – viene pronunciato soltanto da Enzo Bianco, nell’intervento che chiude la kermesse allestita per lanciare la campagna elettorale: è il candidato sindaco del centrodestra Salvo Pogliese. «È irresponsabile – alza la voce il primo cittadino uscente – candidarsi a guidare la città di Catania mentre si è sotto processo per il reato di peculato». Il fendente anima un applauso del pubblico, ma Bianco non si distrae e continua a picchiare duro. «Ieri, alle Ciminiere, Pogliese era attorniato da una pletora di ministri ed ex assessori – scandisce – mentre io non ho bisogno di qualcuno che garantisca per me. Il mio avversario – attacca – non è lui, è Raffaele Stancanelli, il vero ideatore di questa candidatura». Quanto agli altri sfidanti, rimane giusto il tempo per qualche frecciata. «Non dirò nulla di Emiliano Abramo, che un giorno vuole allearsi con me e quello dopo no. E non dirò niente nemmeno del candidato del M5s – aggiunge – perché ancora non ho capito chi è (è il professore Giovanni Grasso, ndr)».
La manifestazione si era aperta intorno alle 11, quando l’arrivo in via Filippo Corridoni del sindaco in carica aveva spinto qualche centinaio di persone a prendere posto in sala, rinunciando a una piacevole brezza primaverile. Strette di mano, inchini, saluti, perfino qualche baciamano d’antan. Ci sono consiglieri comunali, assessori attuali (come Orazio Licandro) e designati, parlamentari. Ma niente ospiti dall’esterno, niente ministri, niente big nazionali dei partiti. «Lo ha voluto lui», rivela un membro dello staff, a quanto pare per non intaccare la patina di civismo con la quale è stata costruita la ricandidatura a Palazzo degli elefanti. E il civismo ritorna in ogni elemento della matinée bianchiana. A partire dalla sobrietà con cui viene allestito il palco: un trespolo trasparente, due schermi per trasmettere video clip promozionali, pannelli minimal su cui campeggia lo slogan Catania non si ferma. Poco più in basso figurano i simboli delle cinque liste del centrosinistra.
Ma la politica non ha il posto d’onore in sala. Prima dei leader, le scalette che portano sulla scena sono percorse dai rappresentanti della società civile: al microfono si susseguono il dirigente scolastico Emanuele Rapisarda, il curatore di un orto urbano di Librino Salvatore Castoro («Una storia bellissima, buona per tutti», dice emozionato), e ancora l’ideatrice di Pop up market Sarah Spampinato, il pensionato Antonino Arrigo, la guida turistica Antonio Scalisi e lo studente Gabriele Spina. «La Catania che fa», viene definita.
L’ora dei politici viene, per l’appunto, solo dopo l’apparizione della Catania che fa: ecco la neo senatrice neo dem Valeria Sudano. «I 400 milioni di disavanzo per cui si critica Enzo – esordisce – sono un buco storico prodotto a partire dagli anni ’70, ditelo alla stampa poco libera che racconta questa città». Dopo lo speech di Concetta Raia, Orazio Licandro prepara il terreno a Bianco. «Il candidato della destra ha riempito le strade di immagini con la sua faccia – ghigna l’assessore alla Cultura – ma non è lui il vero avversario: è Raffaele Stancanelli». Brevi saluti anche da Giovanni Burtone, Giuseppe Berretta, l’europarlamentare Michela Giuffrida e il deputato regionale Luca Sammartino, che sferza il centrodestra («Quando qualcuno chiacchierava, noi lavoravamo»).
Comprensibilmente, Bianco va al microfono per ultimo. «Ho fatto molte volte il sindaco – dichiara – perché mi hanno votato i catanesi. Io non ho segreterie». «Per carità, pur legittime», aggiunge immediatamente, forse per il timore di poter offendere qualcuno in sala. Se la prima parte del suo discorso è aggressiva, la seconda – quella dedicata ad elencare i risultati amministrativi della sindacatura, è più melliflua. «Nel 2023 – dice alla platea – la Metro arriverà fino a Paternò e Misterbianco, e ci sarà il collegamento con l’aeroporto. Catania avrà inoltre un museo belliniano e un museo della città, che ospiterà pure i reperti dell’Egizio di Torino, alla faccia delle cucche». Licandro, seduto in prima fila, scatta in piedi e applaude. «Abbiamo già varato il regolamento edilizio e scriveremo il prg – va avanti Bianco – che però va inquadrato in una dimensione metropolitana e dovrà servire gli interessi dei quartieri. In caso contrario servirà solo appetiti personali». C’è spazio anche per le opere pubbliche contenute nel Patto per Catania, «il primo firmato in una città del Meridione». Alcuni appalti sono già partiti, altri scatteranno a breve. Saranno i cittadini catanesi, però, a stabilire chi taglierà il nastro.