L'ormai ex presidente dell'ente che si occupa della gestione dei terreni ricadenti tra i monti del Messinese e dell'Ennese usa parole forti per commentare la decisione della giunta regionale di revocargli l'incarico. Un mandato che sarebbe scaduto a ottobre: «Che fretta c'era?». A MeridioNews parla dei risultati ottenuti e del futuro dei pascoli
Antoci parla dopo la rimozione dal Parco dei Nebrodi «Mi hanno voluto togliere di mezzo, i clan fanno festa»
«Segnale». È questa la parola più ripetuta dall’ormai ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, rimosso ieri dall’incarico per volere della giunta regionale presieduta da Nello Musumeci. Al telefono il tono è concitato, e ricorda quello usato per commentare i principali fatti che lo hanno visto protagonista a partire dalla metà di ottobre 2013 quando, il governo Crocetta, lo nominò alla guida dell’ente che si occupa della gestione dei terreni demaniali ricadenti tra le province di Messina ed Enna. Quattro anni e mezzo in cui il nome di Antoci è diventato per molti simbolo della lotta alla mafia, in seguito all’approvazione del protocollo di legalità che ha imposto controlli più approfonditi sulle migliaia di ettari di terreno che, ogni anno, riescono ad attirare milioni e milioni di euro. Quattro anni e mezzo in cui Antoci ha subito anche un attentato, ma nei quali c’è stato spazio anche per chi ha iniziato a guardare con diffidenza al suo operato, fino ad alludere a quell’etichetta di professionista dell’antimafia che, specialmente in Sicilia, finisce sempre per entrare nel dibattito su Cosa nostra.
Antoci, come ci si sente nel ruolo di ex?
«Come chiunque ha la coscienza a posto, quindi bene».
Si attendeva questa rimozione?
«Avevo strane sensazioni, anche se tutti mi dicevano che non lo avrebbe mai fatto. Che alla luce dei risultati ottenuti sarebbe stato impensabile che il nuovo governatore intervenisse anche nei confronti del Parco dei Nebrodi. E invece sono rimasto sbalordito».
Eppure la linea annunciata da Musumeci è stata chiara: applicare lo spoils system, facendo affidamento su uomini di fiducia. E lei è un esponente del Pd.
«Guardi lo spoils system ha valenza politica, qui ragioniamo di altre cose. È surreale ragionare sul Parco dei Nebrodi, su ciò che ha significato in questi anni, inserendolo nello stesso calderone di partecipate ed enti regionali. Non è facile spiegare alle mie figlie, che da anni si trovano circondate da forze dell’ordine, che se sono stato rimosso è per questioni di spoils system. Qui è stato mandato un messaggio chiaro, bisogna chiedersi chi siano i destinatari».
Di quale messaggio parla?
«Il mandato sarebbe scaduto a ottobre e avevo già annunciato che non ne avrei svolto un secondo. Questa urgenza di cambiare, proprio nelle settimane in cui nelle altre regioni d’Italia si sta iniziando a sequestrare i terreni, non me la spiego. E come me gli oltre venti sindaci del comprensorio e quanti mi chiamano da tutta Italia per darmi solidarietà. Ritengo che per trovare qualcuno che abbia festeggiato bisognerebbe cercare dentro le carceri o tra chi sostiene le cosche».
Non mi dica che crede che Musumeci abbia fatto un favore ai clan.
«Non l’ho detto e non lo dirò. Dico che se io fossi uno che ha lucrato sui terreni demaniali, magari grazie alla vicinanza a Cosa nostra, non mi farebbe dispiacere sapere che chi ha rotto le scatole è stato tolto di mezzo. D’altronde volevano uccidermi».
Tornando alla notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, agli spari, cosa le viene da pensare?
«Se un minuto prima mi avessero detto “fermati, non fare più nulla perché tra un minuto rischi di morire” non mi sarei fermato. E oggi lo ribadisco: rifarei tutto, nonostante quanto accaduto ieri».
Con Antoci o meno, la normativa sui controlli sui pascoli è ormai legge dello Stato. Una consolazione non da poco.
«Indietro non si torna, questo è sicuro. Ormai i controlli anche sui contributi percepiti sui terreni privati, e non solo demaniali, sono obbligatori. Io voglio sperare che chi prenderà il mio posto continuerà a monitorare ciò che accadrà sui Nebrodi, andando in procura ogni volta che ci sarà qualcosa di poco chiaro. La legge c’è, bisogna fare in modo che venga applicata».
In questi anni, tuttavia, c’è stato anche chi ha messo in dubbio l’attentato. Con tanto di dossier anonimo inviato alle procure.
«È una storia archiviata, qualcuno ha voluto spargere veleni. La realtà è che ci sono 14 indagati per quell’agguato e che il lavoro degli inquirenti va avanti».
Cosa farà adesso?
«Continuerò il mio impegno, andando a spiegare nelle scuole cosa è stato fatto per contrastare Cosa nostra e difendere la legalità».
Avrà anche più tempo per fare campagna elettorale per il Pd. In fondo le hanno fatto una cortesia.
«No, no. Qui, cortesie, non ne hanno fatte né ai cittadini né alla politica. Semmai ad altri…»