Le associazioni siciliane si sono riunite sabato pomeriggio in piazza Università, per ribadire il loro dissenso alla nuova direttiva dell'Unione Europea che peggiorerebbe le attuali normative sulla sperimentazione animale
Vivisezione, animalisti contro la UE
Camici bianchi macchiati di rosso, fischietti e fotografie di animali reduci da esperimenti di laboratorio: questo era quello che si presentava davanti agli occhi di chi passava, sabato pomeriggio, da piazza Università, a Catania.
È di pochi giorni fa la notizia dell’approvazione, da parte dell’Unione Europea, della nuova normativa che regola la vivisezione e la sperimentazione animale a scopo di ricerca scientifica: le associazioni animaliste siciliane, per una volta unite da un obiettivo comune, hanno dato vita ad una manifestazione cittadina che s’è svolta, contemporaneamente, in altre città d’Italia e d’Europa, come Napoli, Roma e Parigi.
«La direttiva europea, se letta sommariamente, può anche sembrare migliorativa», ha spiegato a Step1 Flavia Curcio, volontaria veterana della sezione di Catania della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, occasionalmente portavoce di tutte le organizzazioni che, in Sicilia, hanno come obiettivo la tutela degli animali. «In realtà, sono le deroghe il punto focale». Se le differenze rispetto al passato sono poche, sarebbero le eccezioni contemplate a rendere ancora più dura la vita delle bestie usate per esperimenti su farmaci e cosmetici: «Diverse pratiche dovrebbero essere proibite, in base alle normative di ciascun paese europeo. Però, in deroga, vengono poi ammesse». Ad esempio, «in Italia, la legge 281 vieta l’utilizzo dei randagi a scopo sperimentale. Il Consiglio dell’UE, per mezzo della nuova direttiva, rende questa cosa possibile dicendo che, qualora fosse necessario, si può richiedere ed ottenere un’autorizzazione che lo permetta: qualunque ricercatore può domandarla e, dopo una risposta affermativa, può effettuare ogni esperimento. La normativa prevede inoltre che si possano effettuare interventi chirurgici a torace aperto senza anestesia; che si possano fare delle prove – assurde – come il nuoto forzato fino alla morte; che gli animali possano essere soppressi, anche qualora sani, con l’ossido di carbonio, quindi in camera a gas. Anche questo è un grosso passo indietro, dato che prima, se non altro, si usava un farmaco per praticare l’eutanasia».
L’OIPA, Organizzazione Internazionale Protezione Animali, ha diffuso un documento nel quale si sostiene che, contrariamente a quanto viene affermato, la sperimentazione animale non è di alcun giovamento per l’uomo. «Le reazioni fisiologiche», si legge, «variano enormemente tra le specie, e le patologie indotte differiscono notevolmente con quelle che si riscontrano naturalmente nell’uomo». Per suffragare quest’affermazione, l’OIPA fa un esempio: «Mentre i tossicologi continuano a sostenere che roditori e uomini sono così simili da permettere l’utilizzo di questi animali per provare le sostanze chimiche che vengono a contatto con l’uomo, i produttori di rodenticidi assicurano che i roditori sono così diversi dall’uomo (e dai suoi animali da affezione) da offrire la possibilità di preparare veleni altamente specifici, efficaci solo per quegli animali». Più semplicemente: se è vero che un farmaco sortisce su un uomo lo stesso effetto che ha su un topo, come è possibile che lo stesso non valga per un veleno?
«A Catania, in via Androne, da un anno sono stati riattivati gli stabulari, quindi quello è un dei posti dove, per ricerche discutibili, muoiono decine di animali ogni giorno», ha proseguito la Curcio, ricordando che nella nostra città «non è soltanto l’Ateneo ad effettuare alcuni esperimenti, ma sono anche un paio di case farmaceutiche». Secondo l’OIPA, gli animali potrebbero essere sostituiti con «colture di cellule, modelli matematici computerizzati o in vitro che simulino parti del corpo umano».
Ma la sperimentazione animale trova ancora sostenitori, che la difendono come strumento essenziale per il progredimento della farmacologia. Sul sito della Roche, una delle più importanti aziende europee che operano nel settore farmaceutico, c’è scritto: «Nel 70% dei casi circa, testare nuovi composti sugli animali è l’unico modo per identificare gli effetti collaterali dannosi o difficili da riconoscere», in maniera tale da «determinare quali sostanze possono essere dannose per gli uomini prima che queste vengano ulteriormente sviluppate».
E perfino la direttiva dell’UE non conta esclusivamente detrattori. Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, ha difeso la sua scelta di votare a favore del nuovo testo: «I Paesi che hanno legislazioni poco favorevoli per gli animali dovranno migliorare i propri standard».
Dopo un lungo sit-in in piazza Università, gli animalisti siciliani si sono mossi in corteo fino in piazza Roma, gridando il loro fermo “no” a quelli che hanno più volte definito «omicidi e torture legalizzati». Per di più, in nome della scienza.