Rimane alta la tensione per il futuro dell'azienda afflitta da un grave periodo di crisi. Nonostante l'annuncio dello sblocco di 2,3 milioni di euro da parte di Rfi, i lavoratori sono sulla graticola. Decisivo il tavolo tecnico atteso a Roma, mentre il 23 è previsto un sit-in davanti la Prefettura. D’Anca: «Garantire continuità di gestione»
Tecnis, una settimana cruciale per il cantiere «Ormai al collasso, istituzioni diano risposte»
C’è molta attesa per il nuovo tavolo tecnico tra i ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico con sindacati e azionisti che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni a Roma, e che deciderà del futuro della Tecnis. Una settima questa che si annuncia cruciale per l’azienda di costruzioni catanese e per i lavoratori impegnati nei cantieri dell’anello ferroviario a Palermo, in tensione per il grave periodo di crisi che attraversa da tempo la società. Neppure l’annuncio diffuso la scorsa settimana – lo sblocco di circa 2,3 milioni di euro da parte della stazione appaltante Rfi a Tecnis – è servito a placare le ansie che turbano gli operai. I mal di pancia sono legati per alcuni al timore che le somme, dopo essere state effettivamente versate, si prosciughino tra subappaltatori e fornitori ancor prima di giungere alle maestranze che attendono due mensilità.
E, ad accendere ancora di più gli animi, anche la notizia che nel frattempo è stata siglata l’intesa per la cessione del ramo d’azienda della Sardegna. Un passaggio che ipotizza nuovi sviluppi e sembra non promettere nulla di buono gettando una luce sinistra sul resto dei cantieri sparsi sul territorio nazionale. «Fa riflettere l’accordo firmato a livello nazionale per la cessione del ramo d’azienda della Sardegna – afferma il segretario provinciale Filca Cisl Paolo D’Anca – e mi domando quale potrà essere il destino della Tecnis. Sicuramente è una notizia che apre a una nuova fase di questa vertenza, con l’inizio di un nuovo scenario, ma dove ci porterà? A questo punto, credo sia assolutamente necessario spingere le istituzioni, non solo del capoluogo siciliano e nazionali ma di tutte le città coinvolte, per dare certezze ai lavoratori impegnati nelle opere».
Una situazione paradossale per il colosso siciliano tra le più importanti realtà del Mezzogiorno, con numerosi cantieri aperti in Italia e circa 500 lavoratori impegnati – solo 300 nell’Isola – e con un giro d’affari per circa 700 milioni di euro. L’azienda rischia di chiudere i battenti nonostante vanti crediti per 40 milioni di euro da varie amministrazioni pubbliche che al momento, tuttavia, rimangono congelati tenendo in bilico non solo il destino delle maestranze, ma anche quello del cantiere dell’anello ferroviario, ormai in ritardo nella consegna dei lavori.
«Se la situazione si aggrava ogni giorno di più – avvisa D’Anca – riteniamo che per salvaguardare il patrimonio aziendale e professionale sia importantissimo garantire la continuità di gestione e operativa dell’impresa. La Tecnis, infatti, nonostante abbia una situazione finanziaria oramai complicatissima ha solidi fondamenti industriali con in pancia commesse rilevanti». Al momento, i sindacati e gli operai con grande senso di responsabilità sono rimasti in attesa senza bloccare i lavori, evitando di alzare i toni del confronto, in attesa del nuovo tavolo tecnico che potrebbe sciogliere i nodi sui pagamenti e rimettere in moto il colosso di costruzioni, l’elemento chiave di tutta la vertenza.
«Sicuramente l’auspicio è che sia nel cantiere di Palermo sia di tutti quelli coinvolti in Italia in questa brutta vicenda – prosegue il segretario provinciale della Filca Cisl -, si trovino le somme da dare subito ai lavoratori, che attendono ancora gli stipendi di gennaio e febbraio. Per questo motivo e per mantenere accese l’attenzione su questa vicenda, questa settimana come cantiere di Palermo insieme agli altri sindacati e lavoratori non resteremo a guardare. Confermiamo il sit-in davanti la Prefettura previsto per mercoledì prossimo per essere ricevuti e ascoltati dalle istituzioni. Non possiamo restare in questo il clima di incertezza – conclude – perché ormai siamo al collasso».