La Dda di Catanzaro ha svelato la presunta presenza della mafia nell'associazione che si occupa anche del Centro di prima accoglienza siciliano. Denunciando gli affari milionari delle società che hanno ottenuto ricchi subappalti sulla pelle dei migranti. «Ti resta pure qualche cosa... ogni mese i sette ottomila euro là li arrangi»
Lampedusa, la ‘ndrangheta nei servizi per migranti «Ne sono arrivati 400. E mò dove cazzo li metto?»
«Quanti ne sono arrivati?». «400 e passa, dove cazzo li … là è tutto bruciato il campo, ora sono 850 persone. Dice che mò [mette ndr] le tende, ma là fa caldo». Il 29 ottobre del 2016 Fernando Poerio e il cugino Antonio Poerio – arrestati due giorni fa con l’accusa di associazione mafiosa – discutono del centro di prima accoglienza di Lampedusa, seduti in uno studio di Isola Capo Rizzuto. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, c’è un filo nero che unisce il paese calabrese dove ha sede il Cara più grande d’Italia dopo quello di Mineo e l’isola frontiera d’Europa: le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella gestione dei servizi ai migranti. In entrambi i casi al centro delle indagini ci sono il Consorzio opere di Misericordia e una rete di società che hanno ricevuto ricchi subappalti e che farebbero diretto riferimento alla criminalità organizzata calabrese.
Il centro di prima accoglienza di Lampedusa non conosce pace. È dicembre del 2013 quando un video del Tg2 mostra le docce antiscabbia fatte sui migranti all’interno della struttura di contrada Imbriacola, all’epoca gestita dal consorzio Sisifo. All’indignazione seguono alcuni mesi di chiusura del Cpsa e la successiva aggiudicazione d’urgenza per la gestione di 381 posti letto. A vincere, a seguito di una procedura negoziata, è la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia e ad occuparsi concretamente dei migranti è la Misericordia di Isola Capo Rizzuto, forte dell’esperienza maturata negli anni all’interno del Cara calabrese. Che però, sostiene adesso la Dda di Catanzaro, si è trasformato in una mammella a cui la ‘ndrangheta avrebbe attinto risorse milionarie, al punto da far siglare anche la pace tra cosche un tempo nemiche. Secondo gli inquirenti «le imprese riconducibili alle locali famiglie mafiose tra il 2006 e il 2015» avrebbero percepito «103 milioni di euro, dei quali almeno 36 milioni utilizzati per finalità diverse da quelle previste (quelle cioè di assicurare il vitto ai migranti ospiti nel centro) e riversati invece, in parte nella cosiddetta bacinella dell’organizzazione».
Il 23 settembre del 2014, dunque, la Misericordia di Isola Capo Rizzuto comincia a gestire il Cpsa di Lampedusa, ricevendo 32,95 euro al giorno per migrante, cioè circa 4,5 milioni di euro all’anno. Come racconta L’Espresso in un’inchiesta del febbraio del 2015, in quei mesi arrivano sull’isola siciliana per un sopralluogo organizzativo i vertici dell’organizzazione: il vicepresidente nazionale delle Misericordie con delega all’immigrazione, nonché governatore dell’organizzazione di Isola Capo Rizzuto, Leonardo Sacco, e il corettore spirituale del Centro d’accoglienza calabrese, don Edoardo Scordio. Entrambi sono accusati adesso di essere affiliati della ‘ndrangheta locale, nonché le menti del colossale business sulla pelle dei migranti. «È stato documentato – scrivono gli inquirenti nell’ordinanza di arresto – come la cosca Arena, attraverso l’operato di Sacco, si sia aggiudicata gli appalti indetti dalla Prefettura di Crotone per la gestione dei servizi, in particolare quello di catering, relativi al funzionamento del centro di accoglienza richiedenti asilo Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa, affidati in sub appalto a favore di imprese appositamente costituite dagli Arena e da altre famiglie di ‘ndrangheta per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti».
Stando alle indagini, negli anni le imprese cambiano legali rappresentanti e ragione sociale «al fine di neutralizzare le interdittive antimafia», ma nella sostanza rimarrebbero riconducibili alle stesse persone, tra cui Sacco e i cugini Antonio e Fernando Poerio. Come, ad esempio, nel caso della società Quadrifoglio, che gestisce in subappalto la mensa a Isola Capo Rizzuto e a Lampedusa. In questo caso Sacco vestirebbe sia i panni del committente (per il suo ruolo ufficiale nella Misericordia) che di commissionario (come reale gestore di Quadrifoglio). Il legame che unirebbe i cugini Poerio al governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto è tale da far dire ad Antonio Poerio: «Siamo padre, figlio e Spirito Santo». Registi di una società che mirava in alto, considerato anche il tentativo di aggiudicarsi, senza riuscirci, l’ultima gara per i servizi di ristorazione del Senato.
Non mancano inoltre i presunti contatti con politici nazionali, vantati dagli indagati. Tra cui quello con Angelino Alfano, immortalato in una foto con i cugini Poerio e con Sacco, come documentato mesi fa da L’Espresso. Articolo che viene commentato dagli stessi Poerio. «Ad Alfano lo vogliono proprio buttare a terra – dice Antonio Poerio intercettato -. Ma non è che teniamo la fotografia con Totò Riina, io tengo la fotografia con un ministro… ma chi cazzo non la vorrebbe una fotografia con un ministro, scusa?». Replica l’interlocutore: «Ma poi un ministro, oppure una persona normale, quando parla con una persona gli deve chiedere la carta d’identità e tutto?». E Poerio precisa: «No aspetta…. noi a quella cena, prima di andare, dieci giorni prima, abbiamo mandato i nostri documenti. Il loro ufficio accertano chi sono io, chi è quello, quello e quell’altro e hanno visto che io ero buono». Ma le preoccupazioni per le possibili conseguenze dell’attenzione dei media rimangono. «Sono andato dall’avvocato l’altro giorno – continua Antonio Poerio – gli ho detto: “Avvocà ma qua a cosa andiamo ad incorrere, come e quanto? Mò la società tiene due appalti, abbiamo l’appalto di Lampedusa, là sciabuliamo… siamo soli, hai capito? Ti resta pure qualche cosa… ogni mese i sette ottomila euro là li arrangi».
A Lampedusa la gestione della Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia va avanti, in proroga, fino all’autunno del 2016. Ottobre è un mese cruciale per gli affari dell’organizzazione. Nell’arco di quattro giorni il neonato Consorzio Opere di Misericordia si aggiudica (il 25 ottobre) dalla Prefettura di Agrigento la gestione del Cpsa di Lampedusa per un altro anno, in un Ati costituita insieme alla Croce rossa italiana-Area metropolitana di Roma capitale, e dalla Prefettura di Crotone (il 28 ottobre) quella dell’Hub regionale e del Cie di Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto. Del Consorzio opere di Misericordia fanno parte la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, altre Fraternite di Misericordia locali (tra le quali la Fraternita di Isola di Capo Rizzuto), regionali ed interregionali, e anche la Miser.Icr srl, un’impresa sociale di Isola di Capo Rizzuto su cui gli inquirenti hanno posto particolare attenzione.
La società non solo sarebbe stata creata e finanziata con fondi illeciti, ma, da una consultazione della banca dati Inps, sarebbe stata dimostrata la presenza tra i dipendenti di mogli, figli e parenti di personaggi affiliati o contigui alla ‘ndrangheta. E anche la Miser.Icr avrebbe lavorato a Lampedusa in subappalto. Il 7 giugno del 2016, Antonio Poerio, intercettato mentre parla di una cambiale da 120mila euro, spiega al suo interlocutore «che la cambiale presenta l’avvallo della Miser in quanto è quest’ultima ad aver preso il lavoro a Lampedusa».