Prizzi, da paese abbandonato a città della street-art «Per smontare gli stereotipi negativi sulla Sicilia»

Figurarsi che quando aveva detto agli amici di star partendo per la Sicilia nessuno aveva voluto fargli compagnia. Sempre i soliti stereotipi: mafia, noia, assenza di servizi. Poteva essere un viaggio come un altro, quello del giovane psichiatra americano Dave Atkinson, che vive e lavora a Dallas. Nel 2015 la tappa a Prizzi, cittadina del palermitano alle pendici dei monti Sicani, si trasforma invece in un’esperienza esaltante per Dave. Che scopre, tra le stradine strette del paesino da appena 5mila abitanti, alcuni murales risalenti alla fine degli anni ’80. Da quando sono stati dipinti sono passati 30 anni: i murales sono rimasti, nel frattempo gli abitanti hanno continuato ad emigrare. C’è chi dice che a quei tempi la popolazione era composta da 20mila persone: un crollo quindi del 400%.

«Mi sono subito innamorato delle bellezze della Sicilia – dice lo psichiatra – una terra così ricca di cultura e con un popolo così accogliente. Ho pensato che arricchendo Prizzi di murales, la cittadina che è già bellissima potrà essere riconosciuta e apprezzata come la più ricca di opere di street art della Sicilia centrale». Nasce così Dallas in Prizzi, un progetto artistico che vede coinvolti tre artisti texani: la visual artist Olivia Cole, la graphic artist e designer Maria Haag e lo street artist Frank Campagna. I tre writers hanno realizzato dei murales in alcuni quartieri del centro storico, ripresi e documentati dal documentarista e regista  Luca Vullo.

E così da Pasqua a Prizzi si alternano i murales realizzati dagli artisti siciliani trent’anni fa, in un progetto patrocinato dall’allora amministrazione comunale, con le opere degli artisti americani che hanno comunque assorbito la cultura locale. Tanto da partecipare alla settimana santa, la più importante e sentita festa per la comunità, nonchè al celebre Ballo dei Diavoli. «Non sono qui per promuovere la mia cultura – ha aggiunto in quell’occasione lo psichiatra texano – c’è abbastanza cultura americana nel mondo, io sono qui, invece, per proteggere la cultura siciliana e l’amore per la vita che è proprio dei siciliani».

Per il regista Luca Vullo, ambasciatore dell’Isola nel mondo coi propri lavori, «l’obiettivo del viaggio è anche quello di smontare lo stereotipo negativo della Sicilia all’estero mostrando quanto di bello esiste in questa isola del Mediterraneo, per comprendere perché una delle terre più belle, ricche di arte, storia e cultura al mondo, che vanta inoltre un popolo straordinario non riesca però a riscattarsi definitivamente da una condizione di sofferenza e disoccupazione. Lo scopo è quello di valorizzare le realtà positive sul territorio e di proporre soluzioni concrete. Di certo in questo senso l’arte e la cultura hanno un ruolo determinante».

Punto di partenza dell’indagine di Atkinson è, come egli stesso spiega, «la bassa autostima collettiva dei siciliani». Il progetto ha riportato vitalità e voglia di mostrare il territorio alla popolazione, che ha riscoperto attaccamento alle proprie radici e non guarda più all’emigrazione come unica chance. Non è un caso che allo psichiatra americano negli scorsi giorni il Comune di Prizzi abbia conferito la cittadinanza onoraria. In attesa del documentario che servirà ancora una volta a smontare gli stereotipi. E chi sa se la prossima volta che Dave deciderà di tornare in Sicilia, sarà ancora solo. 

*si ringrazia per la collaborazione Epifania Lo Presti


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