Cinisi, danneggiata mattonella del Ponte per la memoria «Risultato del clima di ostilità e indifferenza verso di noi»

Da quel 9 maggio 1978, giorno dell’omicidio di Peppino Impastato, di tempo ne è passato e quei famosi cento passi, che oggi come allora intercorrono fra la casa dell’attivista ucciso e quella del boss Tano Badalamenti che diede il mandato di farlo sparire, giorno dopo giorno vengono ripercorsi da moltissime persone. A scandire una marcia ormai di rito per chi passa da Corso Umberto I a Cinisi, il corso principale del paese, sono alcune mattonelle decorate con pensieri e massime di Peppino. Sono le famose pietre d’inciampo realizzate dall’artista Fabio Butera nel 2014. Solo alcuni giorni fa una di queste mattonelle è stata ritrovata distrutta. «Ce ne siamo accorti perché un ragazzo che si trovava a passare da lì ha visto che questa pietra era tutta scheggiata, diciamo proprio picconata, ha fatto una foto e l’ha pubblicata su Facebook. Questa ha cominciato a circolare sino a quando la voce non è giunta anche noi», spiega a MeridioNews Giovanni Impastato, fratello dell’attivista ucciso da Cosa nostra. «È un mattone normale come gli altri, non è che ci si sale di sopra e si rischia di romperlo – continua – Sono andato subito a controllare personalmente e a scattare delle foto, in seguito ho presentato una denuncia ai carabinieri».

Tuttavia, il fratello di Impastato ha escluso subito l’ipotesi dell’intimidazione mafiosa: «È chiaro che noi non abbiamo prove di alcun tipo o riscontri precisi, ma secondo noi si è trattato di un vandalismo gratuito da parte di persone che evidentemente ce l’hanno con noi – dice infatti Giovanni – Non credo che un’organizzazione mafiosa si presenti lì col piccone per rompere la mattonella». Questo, però, non rende l’episodio meno grave. «Sono cose inquietanti che mi preoccupano ancora di più dell’intimidazione mafiosa in sé – aggiunge l’uomo – Perché questo è evidentemente il frutto di un clima di ostilità nei nostri confronti, di isolamento e indifferenza». Secondo Impastato, infatti, il gesto, seppur lontano dalle vendette di un’organizzazione criminale, rappresenta qualcosa di mirato e che si scaglia in maniera chiara contro il lavoro quotidiano di sensibilizzazione e memoria portato avanti dall’associazione Casa Memoria.

«Il nostro impegno è costante, quasi una presenza asfissiante – torna a dire Giovanni – Stiamo curando molto il connubio fra memoria e arte, bellezza e territorio, lavoriamo in questa direzione. Perciò questo atto è un’offesa anche all’arte e alla bellezza, non solo alla memoria. Sono cose mirate, fatte di proposito da chi ce l’ha con noi». Ad aggiungere amarezza all’episodio è stato anche l’atteggiamento mostrato da Cinisi. «Da parte del paese non c’è stata nessuna reazione, la totale indifferenza. Non vedo ancora un sostegno e una solidarietà vera e propria, e questo è successo e succede ancora anche col casolare dove fu ammazzato Peppino – dice Giovanni – secondo me queste sono cose legate fra loro». Inevitabile il riferimento al casolare di contrada Feudo, ancora oggi inaccessibile alla collettività e abbandonato a se stesso. «È ancora tutto fermo e questo in qualche modo alimenta e accelera vicende come questa – conclude l’uomo – Se ci fosse la precisa volontà di fare qualcosa, quel bene potrebbe essere espropriato, in modo da renderlo disponibile a tutti come luogo di memoria».


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