Mafia, Europa e migranti: l’impegno di Alfano «Cosa nostra non molla, ma neanche lo Stato»

«La mafia non molla e neanche lo Stato». A fare eco alle parole del presidente del Senato Pietro Grasso, che oggi ha parlato di «una mafia che torna ad alzare la testa», è il ministro dell’Interno Angelino Alfano. L’occasione l’anniversario della strage di Capaci di 24 anni fa in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Proprio a questi, Alfano dedica ogni anno un’attenzione particolare non prendendo parte alle manifestazioni previste nell’Aula bunker del carcere Ucciardone, ma preferendo la caserma Lungaro: qui, assieme alla seconda carica dello Stato, depone sempre una corona di fiori davanti la loro lapide, a Palermo, che ricorda tutti gli agenti di scorta uccisi nelle stragi. Un legame che il ministro dell’Interno rafforza scegliendo spesso di mangiare proprio con i poliziotti nella mensa della caserma. 

E proprio sul contrato alla mafia, il ministro dell’Interno ha ribadito oggi che lo Stato si impegna sempre di più, sia sotto il profilo normativo, sia sul versante degli arresti e dell’aggressione ai patrimoni. «Non deve mai essere dimenticato – ha detto – che i mafiosi mettono nel conto di finire in carcere ma non di finire al carcere duro e neanche di finire poveri perché gli sequestriamo e gli confischiamo i beni. È quello che abbiamo fatto e continueremo a fare». Ma a tenere banco, oggi, sono anche altri temi, come l’elezione del nuovo capo di Stato dell’Austria: le urne hanno dato ragione all’ecologista Alexander Van der Bellen che ha battuto il suo avversario, l’ultranazionalista Norbert Hofer, per un pugno di voti. Uno scenario che dà la misura dei venti reazionari che spirano in Europa. 

Un dato preoccupante – in quel momento ancora non si conosceva il nome del vincitore – ma che dimostrerebbe quanto ancora si debba «fare ancora affinché l’Europa non sia più percepita come un problema ma, piuttosto, come una soluzione». Secondo Alfano, infatti, pur essendo noti i limiti della Ue senza saremmo comunque più soli e insicuri perché il terrorismo avrebbe partita vinta: «Prima della sua nascita c’erano le guerre mentre adesso abbiamo la pace. Il nostro lavoro deve essere tutto speso per rafforzare concretamente la nostra battaglia perché l’Europa abbia una politica economica che faccia riprendere un cammino di sviluppo a tutto il continente e al tempo stesso gestisca la pratica delicatissima dei profughi come una emergenza che non ha avuto eguali dalla fine della Seconda guerra mondiale». 

E proprio sull’emergenza migranti ha assicurato: «Abbiamo i numeri in calo rispetto all’anno scorso, ma ci prepariamo sempre e con maggiore efficienza nel caso in cui non si stoppi la rotta libica. Certamente non siamo più l’emergenza in Europa – ha aggiunto – né per quanto riguarda in valore assoluto il numero dei migranti presenti, e neanche in rapporto alla popolazione perché ci sono Stati che ci precedono in questo rapporto».


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