La rinascita dei Cantieri navali è legata alla realizzazione della grande struttura di carenaggio da 80 mila tonnellate. Mentre si attende ancora la firma dell'accordo di programma, i tecnici regionali assicurano che si lavora anche all'idea di allargare la vecchia da 52 mila tonnellate. Intanto tra i lavoratori la tensione resta alta
Fincantieri, si studiano progetti per il nuovo bacino Tra scioperi e piani di rilancio che non convincono
Rimane alta la tensione ai Cantieri navali di Palermo e sul loro futuro al momento tutto tace. La scorsa settimana due giorni di sciopero dei lavoratori per manifestare la solidarietà a Giuseppe Muzio, l’operaio licenziato da Fincantieri. E rimangono da sciogliere anche i nodi legati al progetto di rilancio del gruppo. Dopo l’incontro che si è tenuto a dicembre al Mise per la realizzazione del bacino di carenaggio da 80 mila tonnellate, l’accordo di programma ancora non è stato siglato. E senza la firma non si possono sbloccare i fondi pubblici – circa 55 milioni di euro – per la realizzazione dell’opera che aprirebbe le porte a future commese. La costruzione del nuovo bacino oltre alle attività di riparazione e trasformazione navale consentirebbe di utilizzare il Cantiere navale per costruire piattaforme off – shore.
Da gennaio, tuttavia, non c’è stato alcuna novità e i lavoratori ai primi di maggio hanno manifestato in Prefettura per sollecitare un tavolo tra Regione e azienda, in modo da scongiurare la chiusura dei cantieri. La situazione, nel frattempo, si fa sempre più drammatica: sono 180 gli operai che fanno parte delle cooperative storiche dell’indotto Fincantieri come la Portisti, la Picchettini, la Spavesana, che un tempo si occupavano delle opere di carenaggio, saldatura, sabbiatura e pittura delle navi e che oggi sono completamente inattivi. Ma in totale un migliaio di lavoratori dell’indotto Fincantieri è fermo per la crisi di commesse. Un silenzio che ha spinto la scorsa settimana gli operai – con loro anche quelli delle cooperative storiche dell’indotto Fincantieri, oggi completamente ferme per mancanza di commesse – a manifestare sotto la sede dell’assessorato alle Attività produttive.
La Regione, infatti, sta ancora studiando le soluzioni per la realizzazione del nuovo bacino in luogo dei due da 19 mila e 52 mila tonnellate, per i quali nel 2014 aveva stoppato i bandi di ristrutturazione. Ma l’incontro con l’assessore Mariella Lo Bello non è servito a fugare i dubbi delle parti sociali. «Si tratta di un’opera fondamentale per il rilancio dei Cantieri – afferma il segretario provinciale della Fiom di Palermo, Angela Biondi –. In realtà, si attende da gennaio un incontro per la sottoscrizione dell’accordo di programma, ma dopo il vertice che si è tenuto al Mise a dicembre, da allora non abbiamo ricevuto più notizie. Intanto, In assessorato hanno detto che stanno andando avanti con diverse ipotesi: tra queste anche quella di ristrutturare il bacino da 52 mila tonnellate e portarlo a 80 mila».
Un progetto che non convince del tutto, visto che fino a dicembre l’ipotesi più caldeggiata riguardava la costruzione di una nuova opera. «La settimana scorsa – prosegue – i tecnici della Regione hanno comunicato che stanno valutando una serie di progetti: tra queste anche quella di ristrutturare il vecchio bacino galleggiante ma bisognerà capire che tipo di interventi intendono realizzare. Quanto prospettato, al momento, non ci sembra andare nella direzione di quelle che sono le priorità del cantiere». Ad ogni modo, tutto è rinviato al prossimo incontro: la data ancora non è stata fissata ma dovrebbe essere fissata per la prossima settimana.