Il secondo appuntamento di Catania Jazz ha assunto le forme di una sorpresa: una pianista giapponese poco conosciuta dal grande pubblico ha conquistato tutti con uno spettacolo di grande potenza e stile
Hiromi, swing in salsa wasabi
Nel jazz ci si chiede sempre se un artista abbia lo “swing”. Hiromi ce l’ha, e ha molto di più: la sua musica si fonde con il free jazz, il progressive rock e con un certo gusto etectro-pop nipponico, soprattutto nel modo di fare spettacolo. Per descrivere il secondo concerto del Catania Jazz basterebbe usare un solo termine: “stupore”. Lo stupore di assistere all’esibizione di uno dei nomi meno noti al pubblico tra quelli presentati per il nuovo calendario invernale e di ritrovarsi ad uno dei concerti più belli mai organizzati. La giovane pianista giapponese (è nata nel ’79) unisce a una tecnica impeccabile un modo di porsi che ricorda quello di una bambina: alterna sorrisi e linguacce, lenti suonati con grazia e pezzi di grande impatto sonoro in cui balla, salta, fa espressioni buffe come per dispetto. Maglia argentata, come le scarpe, fisico minuto, sembra uscita da un film post moderno sul Giappone. Esprime grinta, tanta grinta, ma poco dopo fa un sorriso, piega la testa e sembra quasi timida quando ringrazia il pubblico: «Arigato».
Accompagnata da tre musicisti, due americani – John Shannon alla chitarra elettrica e Martin Valihora alla batteria – e l’inglese Tony Grey al basso, Hiromi riesce a conquistare gli spettatori spostando le dita con precisione e velocità dai tasti del pianoforte a coda a quelli delle due tastiere elettroniche, fino a metterle dentro il pianoforte per suonare direttamente le corde. Completamente assorbita dalla musica si lascia andare al ritmo, ma in alcuni momenti stacca le mani dalla tastiera di soprassalto, come se fosse colpita dalla corrente elettrica. Ride, durante tutto lo spettacolo, mentre comunica con gli occhi con i suoi musicisti, mentre si rende conto che il pubblico apprezza sempre di più la sua musica. La batteria – potente e intensa – dà connotati rock ai brani, ma il battito del piede di Hiromi, che accompagna il ritmo, ricorda la sua natura jazz.
Nata nel 1979, Hiromi inizia a suonare all’età di 6 anni, e si diploma alla prestigiosa Yamaha School of Music prima e al Berklee College of Music di Boston poi. Durante la sua carriera suona con Miles Davis e Chick Corea, inoltre Ahmal Jamal diventa suo mentore e produttore di “Another Mind” – primo album della pianista – insieme al bassista Richard Evans, già suo insegnante alla Berklee.
Per il pubblico del Catania Jazz, Hiromi suona alcuni brani da “Time Control”, album uscito nel 2007 e presenta il suo nuovo disco “Beyond Standard”, da cui esegue una sua personalissima versione del “Chiaro di Luna” di Claude Debussy. Strappa applausi durante ogni brano. Battere le mani, per il pubblico, non un gesto automatico da fare a fine pezzo, ma diventa un incitamento a fare di più, come a fine concerto, quando la musicista giapponese esce dalle scene e viene richiamata sul palco per ben due volte, prima con la sua band e poi in un assolo.
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