Vivere in centro storico, i racconti di sei donne L’idea: «Catania capitale della cultura nel 2019»

Sei donne, sei storie, sei personalità diverse. Sono le donne del centro, che nel cuore della città vivono e lavorano. A riunirle è Andrea Urzì, de Il tavolo per le imprese, da cui è partito il progetto facciAmoCenTro che – tra associazioni e attività commerciali – raccoglie le proposte e le iniziative di chi vive il centro storico e cerca soluzioni per migliorarne le condizioni. Con l’obiettivo di costruire un brand solidale per esaltare le esperienze esistenti e, con esse, la città. Ci incontriamo nel salotto di Giulia, fresca proprietaria di un appartamento antico. E il racconto corale si snoda tra episodi spiacevoli, degrado e l’assenza di politiche comunali efficaci per gestire immigrazione, prostituzione e povertà. Tutte però nel loro centro si sentono sicure e apprezzano la dimensione familiare che si crea con il panettiere sotto casa alla sarta dietro l’angolo.

Lucia vive da tre anni tra via Santa Filomena e via Pacini. «È stata una scelta: mi muovo a piedi e, se dimentico il latte per i bambini o il pane, ho tutto a portata di mano». Lucy, come la chiamano le amiche, ha un bambino di un anno e mezzo e una bimba di due mesi. Oculista, per andare in studio non utilizza la macchina. E i mezzi pubblici li ha usati soprattutto in gravidanza. «I catanesi sono cafoni; con la pancia di nove mesi non mi facevano sedere, se non ero io a chiederlo». E la movida sotto casa? «È una zona tranquilla, non ci sono ubriachi o musica alta. Non ho mai avuto problemi». A preoccuparla è semmai «l’assenza di senso civico dei catanesi».

Livia vive in centro, in affitto, dal 2010. A lei qualche spiacevole episodio è capitato. «Mi hanno sfondato il finestrino e mi hanno rubato a casa, ma poteva succedere ovunque». Lavora alla zona industriale e non soffre il problema del posteggio selvaggio. «In centro ci sto bene, quello che mi dispiace è il degrado. Si percepisce che le zone e il verde non sono curati, c’è spazzatura per le strade e mancano i cestini gettacarte, strade e marciapiedi sono abbandonati». Per Livia, come per le altre, uno dei grandi problemi è il degrado di zone come corso SiciliaSan Berillo e corso Martiri della Libertà. «Abitiamo a metà strada tra il salotto della città, le prostitute e i senza tetto. È una zona particolare che va valorizzata con iniziative che sostengano anche il valore degli immobili».

L’estate scorsa Giulia ha comprato la casa dove vive da tre mesi. Lavora vicino, come psicologa. «Ogni tanto ci sono gruppi di ragazzi, spesso stranieri, che passano il tempo bevendo. Nessuno si accorge di loro, mentre mi piacerebbe che i Servizi sociali li coinvolgessero in attività per dare loro una prospettiva». In zona girano anche molti posteggiatori abusivi, che non l’hanno mai infastidita, ma le chiedono la cortesia di utilizzare il suo abbonamento Sostare e lasciare i posti liberi ai loro clienti. Nonostante tutto, Giulia ama il centro storico. «Non devo usare l’auto e ci sono tanti locali carini dove andare dopo il lavoro». Certo, la musica è un po’ alta e servirebbero sale acusticamente isolate.

Francesca abita nel triangolo tra le piazze Teatro Massimo, Duca di Svevia e San Placido. Organizza eventi vicino Brucoli ed è cresciuta fuori Catania. «Il centro ha la dimensione di un piccolo paese, dove tutti si conoscono». Ma i problemi non mancano. «Non esiste più il commercio diurno, il Comune dovrebbe incentivare chi affitta una bottega per attività artigianali». E la sera mancano i controlli, come sull’alcol di scarsa qualità venduto a un euro anche ai minorenni. Per affrontare il nodo parcheggi in centro, invece, Francesca ha una proposta. Mettere a disposizione di cittadini e turisti le biciclette rubate o trovate: «Creare un punto di raccolta è per il Comune un’alternativa più economica alle navette».

Anna lavora in centro da undici anni e sostiene che il degrado la fa da padrone. Quando la sera fa tardi, preferisce prendere un taxi per tornare a casa. Di giorno usa invece il Brt, con cui risparmia almeno mezzora di tempo rispetto all’auto. Ma il suo cruccio è la fiera. «Si è perso tutto quello che era bello e caratteristico, c’è un’invasione di cinesi che non assicurano qualità», senza contare le difficoltà a integrarsi nel tessuto sociale. Mancano i bagni chimici e «piazza del Carmelo, una delle più belle della città, è ridotta peggio dei porcili, con immondizia e residui di pesce, dove una volta sono anche caduta».

Cristina ha sempre vissuto lontano dal centro, dove oggi gestisce delle case vacanze. Il nodo principale per lei è il parcheggio: vive in una strada con divieto di transito, dove è usanza comune esporre un biglietto sul cruscotto con il numero di telefono. «Questi, e spesso si tratta di mezzi di enti pubblici, non vengono mai multati, mentre se io porto su la spesa sì». Cristina chiede che la legge sia uguale per tutti e si pensi semmai a degli stalli appositi per i residenti. Per lei, che ha a che fare con i turisti, c’è poi un problema di decoro. Ai visitatori dà sempre consigli per godere di Catania evitando gli inconvenienti. «Io non mi sono mai sentita in pericolo, ma è la mia città, per un turista è diverso».

Ad Andrea – che scommette sul centro ristrutturando una vecchia birreria dell’800 – spetta il compito di tirare le somme dell’incontro. «Questa parte della città si vive a piedi e per farlo servono parcheggi gratuiti per i residenti, in una zona protetta e vigilata, e mezzi pubblici». Le ricadute positive sarebbero tante: «Dalla crescita di valore degli immobili alla soddisfazione economica delle attività commerciali. Servono servizi più forti per tutti». Il che fa il paio con un centro a misura di turista. Ed è a questo proposito che Andrea lancia un’idea: «Candidare Catania a capitale della Cultura 2019».


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