Da gennaio Enzo Inì guida un gruppo di persone che hanno trovato nell'agricoltura un modo per tornare a sperare. Nei giorni in cui i contadini siciliani hanno protestato contro le scelte dell'Unione europea, lui ha completato la prima semina: «Eviteremo la grande distribuzione e venderemo porta a porta»
Pozzallo, tornare a coltivare la terra contro la crisi «Per non fare partire i ragazzi e aiutare i migranti»
«Dobbiamo diventare piccoli tarli per le multinazionali». Ne è convinto Enzo Inì, 40enne pozzallese che ha deciso di dare il proprio contributo nella battaglia contro la crisi. Non soltanto quella economica. Per farlo ha radunato un gruppo di persone volenterose, «ma con poco da fare», e ha iniziato a coltivare tre piccoli appezzamenti di terreno. Una storia di lotta all’apparenza come tante, ma che nasconde una volontà ben precisa di voler cambiare le cose: «Sono convinto che questo progetto funzionerà – dichiara -. Non si tratta soltanto di un sogno, è frutto di osservazioni concrete. L’agricoltura così com’è adesso non può andare avanti, sia in termini di economia che di salute. Nelle nostre tavole arrivano cibi che sarebbe meglio evitare».
Questo convincimento ha portato Inì, a inizio anno, a bonificare un terreno abbandonato, per poi prepararlo alla semina. La prima è stata fatta nei giorni scorsi: «Abbiamo piantato un po’ di tutto, ma con un vincolo ben preciso – continua -. Che fossero verdure legate al territorio e di stagione. Il nostro obiettivo è quello di coltivare avendo rispetto della terra e di noi stessi. Saranno produzioni biologiche, senza alcun utilizzo di pesticidi». Una scelta che il 40enne ha spiegato anche sul gruppo Facebook Terra Madre Pozzallo, nato per raccontare le varie fasi del progetto: «Ci rendiamo sempre più conto che la nostra alimentazione è quasi esclusivamente sotto il controllo di grosse aziende che ci offrono prodotti nocivi che paghiamo a caro prezzo – si legge -. Perciò vi chiediamo di sostenerci in questa impresa fatta di buona agricoltura e bravi ragazzi, di terreni abbandonati che riceveranno le giuste cure senza fretta, secondo natura».
Idee altrettanto chiare anche per la commercializzazione del raccolto: «Vogliamo farlo diventare un modo per sostenerci anche economicamente – sottolinea Inì -. Eviteremo la grande distribuzione, che paga una miseria ed è all’origine di tanti problemi del nostro sistema economico». La strada da percorrere sarà quella del locale, della comunità: «Prenderemo le prenotazioni tramite internet – prosegue – e poi andremo a venderle con il porta a porta. Da noi le persone non acquisteranno soltanto merce di qualità, ma aderiranno a un progetto».
A far parte della sua squadra sono persone che, per un motivo o per un altro, hanno trovato nella terra una possibilità per tornare a sperare. «L’idea di ritornare a coltivare i terreni in cui viviamo ce l’ho da tempo – confessa Inì, che a Pozzallo gestisce un’ex bottega solidale, oggi trasformata in caffè letterario – ma a convincermi è stato vedere quanti ogni anno sono costretti a lasciare la Sicilia per andare in cerca di qualcosa da fare al Nord». L’aiuto è rivolto anche a chi è arrivato in Sicilia, convinto di trovare un luogo migliore rispetto a quello che ha lasciato. «Del nostro gruppo fa parte anche un ragazzo tunisino che veniva sfruttato nelle serre e che ha accettato di darci una mano, consapevole che bisognerà attendere che le verdure crescano prima di poterci guadagnare qualcosa», racconta il 40enne.
Piccole storie personali che si intrecciano proprio nei giorni in cui in varie città siciliane gli agricoltori hanno manifestato contro le scelte dell’Unione europea, in tema di rapporti commerciali con i paesi extracomunitari. Per Inì, tuttavia, serve di più. «Scendere in piazza non basta. Bisogna sensibilizzare le persone, facendo capire loro l’importanza del consumo critico». Una battaglia che ha bisogno dell’aiuto di tutti, eccetto che della politica: «Meglio che stiano alla larga – conclude Inì -. I politici, se si avvicinano, fanno danni».