Una donna di 38 anni, fermata con l'accusa di omicidio volontario, ha colpito a morte l'anziano genitore. Il delitto è avvenuto nell'abitazione della vittima al culmine di una violenta lite. A scatenare la furia omicida sarebbe stata la minaccia del pensionato di impedirle di usare il pc. Per la 38enne si sono spalancate le porte del carcere Pagliarelli
Tragedia familiare a Carini, accoltella il padre e lo uccide Un vicino di casa: «Nelle ultime settimane liti frequenti»
Finisce nel sangue una lite a Carini nel Palermitano. Una donna, Stefania Bologna, 38 anni, ha ucciso a coltellate il padre, Francesco, 70 anni, al culmine di una lite. Il delitto è avvenuto nell’abitazione della vittima in corso Garibaldi. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, a scatenare la furia omicida della 38enne sarebbe la minaccia del pensionato di impedirle l’uso del computer. L’uomo, infatti, rimproverava la figlia di non fare nulla e di trascorrere troppo tempo davanti al pc. Così davanti all’ennesimo richiamo la donna ha afferrato un coltello da cucina e ha colpito al petto il padre ferendolo a morte. Una tragedia familiare avvenuta davanti agli occhi della madre, che ha immediatamente chiamato il 118, ma i sanitari giunti sul posto non hanno potuto fare altro che constatare il decesso del pensionato, morto sul colpo. La giovane interrogata a lungo dal magistrato è stata sottoposta a stato di fermo per omicidio volontario e condotta al carcere Pagliarelli.
A quanto pare la donna soffriva di disturbi psichici, non lavorava e i due litigavano spesso. Un particolare confermato da un vicino di casa. «Si erano trasferiti a Carini da pochi mesi – racconta a MeridioNews -, ma non li vedevamo spesso. Soprattutto la figlia restava chiusa in casa per giorni. Nelle ultime settimane abbiamo sentito di frequente liti furibonde. Urla e baccano che si ripetevano ormai quotidianamente. Certo, però, non potevamo immaginare che finisse in tragedia». «Il padre era una bravissima persona, così come la madre, sempre gentile – racconta un altro vicino di casa -. So che avevano qualche problema con la figlia, che voleva essere più libera. Penso che a causa delle condizioni di salute della ragazza cercavano di controllarla un po’ e questo poteva generare delle tensioni in famiglia». Stefania ieri sera aveva manifestato tutto il suo malessere a un parente: «Sono triste e ce l’ho con i miei genitori – aveva detto – Non mi lasciano mai in pace». La famiglia Bologna era composta dal padre, dalla madre e da tre figli, due femmine e un maschio. Solo Stefania, però, viveva in casa con i genitori. Prima di vivere a Carini, in corso Garibaldi, la famiglia viveva allo Zen, poi si era trasferita nelle case popolari, ma qui Stefania aveva tentato il suicidio gettandosi dal balcone. Da qui la decisione di trasferirsi nel palermitano. L’indagine è coordinata dal pm Piero Padova.
«Ho saputo dai vigili urbani che sono una famiglia che si è trasferita da poco a Carini. Arrivano da Palermo ma, come capita spesso vengono qui perché trovano case con affitti convenienti – ha detto il sindaco di Carini, Giovì Monteleone – per i servizi sociali comunali è difficile riuscire a monitorare queste situazioni che sono molto diffuse. Purtroppo le situazioni di disagio – ha aggiunto – non possono essere controllate tutte. Il nostro è un paese dove molti arrivano dal capoluogo e spesso sono in condizioni di profonda indigenza. Il mio comune in questi anni è stato trasformato in un paese dormitorio – ha concluso – sto cercando di invertire questa tendenza ma non è semplice».
La vittima Francesco Bologna