Non appena rimesso in libertà avrebbe ripreso le redini del comando, pianificando rapine ed estorsioni per finanziare Cosa nostra. Insieme a lui nell'ambito dell'operazione della Polizia denominata Stirpe sono state arrestate altre cinque persone, tra cui il figlio e il nipote IL VIDEO
Smantellato mandamento di Santa Maria di Gesù Arrestato boss scagionato da strage via D’Amelio
Era stato scarcerato nel 2011 dopo la revisione del processo per la strage di via D’Amelio, ma all’alba di oggi Salvatore Profeta è finito di nuovo in carcere nell’ambito dell’operazione antimafia della Polizia denominata Stirpe. Manette anche per Rosario e Antonio Profeta – figlio e nipote del boss – che, secondo gli investigatori, aiutarono Profeta non appena rimesso in libertà a riprendere le redini del mandamento di Santa Maria di Gesù, pianificando rapine ed estorsioni per finanziare le casse di Cosa nostra.
Indicato da alcuni collaboratori di giustizia come “uomo d’onore” della famiglia sin dai tempi di Stefano Bontate e destinatario di numerose condanne per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti. «La sua posizione di comando – spiegano gli investigatori della Squadra mobile diretta da Rodolfo Ruperti – è stata riconosciuta incondizionatamente sin da subito anche da altri esponenti mafiosi di spicco che in diverse occasioni si sono sottoposti al rito del bacio in fronte dispensato dal capo famiglia».
Oltre ai familiari, i provvedimenti cautelari sono stati eseguiti anche nei confronti di Francesco Pedalino, Giuseppe Galati e Antonino Palumbo, impegnati, per conto della famiglia, nel controllo della zona di via Oreto. Le indagini hanno rivelato anche come Cosa nostra sia ancora oggi legata a rituali di affiliazione arcaici. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse dal gip de Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Per tutti l’accusa è di associazione mafiosa, estorsione e rapina.