Un segno distintivo che identifichi le eccellenze prodotte nell'intera provincia di Messina. Un logo che servirà ad «aiutare l'economia locale, come avviene nel resto d'Italia», ma che - allo stato attuale - è una sfida aperta. «Le aziende non possono fare promozione», denuncia il titolare della pasticceria Irrera
Choose Me, presentato a Expo marchio messinese «Il problema è la mancata promozione dei prodotti»
Choose Me. Ovvero, Scegli Messina. È questo il marchio collettivo dell’area metropolitana di Messina, presentato oggi, in contemporanea, nella Camera di commercio peloritana e all’Expo. Un segno distintivo chiamato a identificare i prodotti dell’intera provincia, incentivando il loro consumo. L’eccellenza trova la sua identità d’Area, lo slogan che campeggia sopra il logo giallorosso, con la m di Me che rievoca l’immagine di un cuore.
Franco De Francesco, commissario dell’ente camerale, parla di «traguardo davvero importante». Al progetto hanno collaborato «Comune, provincia, università, organizzazioni datoriali». A farsi carico di esportarlo a Milano, in occasione dell’apertura della settimana messinese all’Expo, è Fabrizio Scaramuzza, presidente dell’associazione di promozione territoriale Nonsolocibus, che ha fatto parte del gruppo di lavoro.
Choose Me è destinato, principalmente, a quei prodotti – strettamente legati alla storia, alla cultura e alle tradizioni locali – che, pur presentando elementi di forte legame con il territorio, non rientrano nei disciplinari di produzione europei, come Stg, Dop e Igp. Al momento, riguarda soprattutto i settori dell’agroalimentare, dell’agricoltura, dell’enogastronomia e del turismo, «per innescare un’economia di prossimità, un’economia locale», orientando gli acquirenti. «Noi consumatori – prosegue Maurizio Lanfranchi, docente all’ateneo peloritano e componente del gruppo di lavoro – possiamo aiutare l’economia locale, come avviene in altre regioni italiane o in altri Paesi».
Importante è identificare il prodotto per qualità e provenienza. I criteri per accedere al marchio saranno molto rigidi, «altrimenti la sua concessione potrebbe rivelarsi un boomerang». «Nel caso della trasformazione, per esempio, i prodotti utilizzati dovranno essere all’85 per cento messinesi. In ambito turistico, ma anche nei bar, nelle pasticcerie – prosegue il docente – sarà necessario utilizzare prodotti che nel 50 per cento dei casi abbiano a loro volta il marchio d’area». Ad auspicare parametri restrittivi è pure il presidente del Consorzio provinciale allevatori, Nino Cammaroto, «per evitare un’altra occasione persa, come nel caso del salame Sant’Angelo».
La vera scommessa, adesso, sta nell’effettivo utilizzo dello strumento. Spetta alle associazioni di categoria promuoverlo nei confronti degli iscritti. «Il marchio identifica il prodotto con il territorio – dichiara il segretario generale della Camera di commercio, Alfio Pagliaro – e, in questo caso, la qualità è garantita dall’ente pubblico titolare del marchio. È essenziale che le imprese ne comprendano appieno il valore e che le associazioni di categoria datoriali lo veicolino sul territorio». Lanfranchi, tuttavia, contesta la scarsa partecipazione di queste ultime alla conferenza stampa odierna. Carmelo Picciotto e Caterina Mendolia, presidente e direttore di Confcommercio (unica sigla presente all’incontro con i giornalisti), assicurano di essersi già attivati, annunciando pure protocolli d’intesa con altre nazioni.
Ciononostante, Pippo Denaro, titolare della prestigiosa pasticceria Irrera, lamenta di non avere ricevuto finora «un’adeguata informazione». «L’iniziativa – ricorda – deve avere soprattutto valenza provinciale. Nell’ambito della pasticceria abbiamo diverse eccellenze. Abbiamo materie prime come le nocciole, le mandorle, gli agrumi. E poi, la lavorazione della ricotta dei Nebrodi, dei Peloritani, delle Gole dell’Alcantara. Tuttavia, dobbiamo fare i conti con la mancata promozione di prodotti come la pignolata, che è ormai messinese a tutti gli effetti e che, a differenza dei cannoli, è difficile da replicare in altre parti del mondo. Serve l’intervento economico e il coordinamento degli enti locali, perché non credo non ci sia una sola azienda che abbia i soldi per fare promozione».