Il commissario della Polizia municipale è finito ai domiciliari. A lui si sarebbe rivolto il titolare di un autolavaggio per evitare la chiusura della sua attività. Il procuratore Agueci: «Disgustato da simili parole pronunciate da chi indossa una divisa»
Anche un vigile coinvolto nel blitz 350 euro per tappare la bocca ai colleghi «crasti»
Si accontentava di poco Gaetano Vivirito, 62 anni, commissario della Polizia municipale, finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione nell’ambito del maxi blitz antimafia Verbero, che ha portato all’arresto di 39 persone e ha smantellato il mandamento di Pagliarelli. Trecentocinquanta euro. Questa era la sua tariffa, per sistemare le cose con i «crasti» dei suoi colleghi. A lui, secondo la ricostruzione degli investigatori, si era rivolto Antonino Calvaruso, 59 anni, anche lui finito ai domiciliari, per risolvere un problema legato alla sua attività: un autolavaggio dalle parti di corso Calatafimi.
Ed è sempre il commissario della Polizia municipale a spiegare che avvicinare le colleghe donne era impossibile. Con «le femmine», così le definisce, era difficile fare ‘affari’. E’ grazie alla ‘mediazione’ di Vivirito che il titolare dell’autolavaggio, in cui si sarebbero svolti anche gli incontri tra i boss, ha evitato la chiusura della sua attività legata ad una sanzione amministrativa.
«Mi disgusta parecchio sentire un uomo che indossa la divisa – ha detto il procuratore aggiunto Leonardo Agueci – usare simili parole nei confronti dei colleghi». L’ipotesi, degli investigatori, è che il «meccanismo di corruzione fosse ben rodato. Le indagini hanno dimostrato che il rispetto della legge subisce interferenze da parte di Cosa nostra, ma lo Stato – ha concluso Agueci – ha i mezzi investigativi per portare avanti questa guerra di trincea, che si combatte metro per metro e non può permettersi battute di arresto».