Risolto il mistero degli incendi di Canneto di Caronia Padre e figlio incastrati dalle telecamere nascoste

Giuseppe Pezzino, 26enne di Canneto, frazione di Caronia, ora agli arresti domiciliari, e il padre 55enne, Antonino – titolare di un’agenzia di assicurazioni e presidente del comitato locale dei residenti che chiedevano aiuti economici – raggiunto da un avviso di garanzia, su disposizione del giudice per le indagini preliminari Ugo Domenico Molina, dietro richiesta di Rosa Raffa, capo della Procura di Patti. Secondo gli inquirenti, sarebbero loro i responsabili degli incendi misteriosi che da anni tengono banco sulle cronache dei media locali e nazionali. I dettagli dell’operazione sono stati illustrati oggi in una conferenza stampa, nella sede del Comando provinciale dei Carabinieri di Messina. Ai due vengono contestati, a vario titolo, i reati di incendio, danneggiamento seguito da incendio, concorso in truffa e procurato allarme. Il movente? Arricchirsi alle spalle delle istituzioni

A mettere i militari sulle tracce dei due sono state le telecamere nascoste, piazzate nel perimetro interessato dai roghi. Sotto osservazione cinque appartamenti a schiera, in via del Mare, interessati dagli incendi verificatisi dal 14 luglio 2014 fino al successivo 8 ottobre. Circa 40 gli episodi censiti dall’Arma. Tra questi, il 20 luglio, un incendio proprio nella mansarda dell’abitazione dei Pezzino. Il 26enne avrebbe appiccato il fuoco a cartoni, stracci e vestiti posti su due scrivanie di legno. Le fiamme si sarebbero poi propagate fino all’autoclave, al serbatoio in pvc ed alle travi in legno, creando pericoli ulteriori a causa della vicinanza della ferrovia e della presenza di altre abitazioni vicine. 

Secondo i carabinieri, Giuseppe Pezzino è stata l’unica persona ad affacciarsi dalla finestra, guardandosi intorno con fare sospetto, pochi attimi prima del fatto. Sempre lui, il 22 settembre, sarebbe l’unica persona presente sul posto quando prende fuoco un ombrellone da spiaggia in un garage. Due giorni dopo padre e figlio avrebbero danneggiato un pick-up dell’Unione dei Nebrodi. Ancora il 26enne sarebbe responsabile delle fiamme appiccate, il 25 settembre, ad alcuni vestiti accatastati nel sottoscala dell’abitazione di famiglia. Il 30 settembre, il primo degli incendi alla Fiat Bravo dello zio, cui segue un ulteriore episodio, il primo ottobre, di cui si sarebbe reso responsabile sempre il giovane. A completare l’elenco parziale, il 30 settembre, le fiamme che interessano un sacco in plastica contenente abiti, sotto il capanno accanto al gazebo di fronte all’abitazione della famiglia Pezzino; nello stesso giorno, l’incendio all’Alfa Romeo 147 dei cugini; il 7 ottobre, le fiamme che coinvolgono alcuni oggetti sistemati nella cantina dell’abitazione dei due indagati, in un locale sotto il livello della strada, raggiungibile attraverso una piccola stradina. 

Episodi che sarebbero riconducibili, esclusivamente, al 26enne. Lo scopo sembra fosse di far crescere l’attenzione mediatica e istituzionale sulla vicenda. Su ciò si sarebbe innestata – come dimostrerebbero le intercettazioni telefoniche e ambientali – un’azione congiunta dei due. Azioni non fini a se stesse, ma orientate a far credere che quelli fossero inspiegabili fenomeni di autocombustione, prospettando una ripresa di quelli verificatisi nel 2004 nella frazione. Con tutti i risvolti del caso, comprese le ordinanze di sgombero del sindaco, le manifestazioni di protesta con lo scopo di far dichiarare lo stato di emergenza (ufficialmente chiesto dal primo cittadino il 20 luglio scorso), o comunque affinché si riconoscesse la necessità di fronteggiare la situazione con idonee misure finanziarie. 

L’intento accertato dai carabinieri sarebbe stato di indurre in errore la Regione Siciliana, al fine di procurare ingiusti profitti derivanti dall’ottenimento di somme di denaro a titolo di indennizzo o contributi di assistenza economica o risarcimenti danni, nonché a ottenere nuove abitazioni a seguito della possibile delocalizzazione. Tutti gli incendi pare abbiano un fattore comune: nelle immagini registrate, pochi attimi prima del divampare delle fiamme, compare Giuseppe Pezzino, impegnato a sfruttare la presenza di altre persone per agire indisturbato, rimescolandosi poi tra la folla come niente fosse. 

Curioso il ruolo assunto quasi sempre dal padre del ragazzo, disponibile a fare da guida tra i luoghi del mistero. Il tutto mentre il figlio, spesso, innescava nuovi roghi alla presenza dei visitatori inconsapevoli. Eloquente quanto accaduto il 7 ottobre, al cospetto di una giornalista televisiva. La reporter viene intrattenuta da Antonino Pezzino e altre persone, mentre il 26enne si allontana indisturbato all’interno di una cantina per uscirne poco dopo scavalcando una ringhiera, in modo da ricollocarsi nel campo visivo originario e dare la sensazione di non essersi mai allontanato. 

Rimangono non risolti gli incendi tra il 2004 e il 2008. Le indagini dei carabinieri infatti non risalgono alla prima fase dei misteriosi roghi. 


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Nelle immagini registrate di tutti i 40 incendi censiti dai carabinieri, pochi attimi prima del divampare delle fiamme, compare Giuseppe Pezzino, figlio del presidente del comitato che chiedeva aiuti economici. Con l'aiuto del padre avrebbe agito per ottenere risarcimenti dalla Regione. Le indagini non riguardano la prima fase dei roghi tra il 2004 e il 2008

Nelle immagini registrate di tutti i 40 incendi censiti dai carabinieri, pochi attimi prima del divampare delle fiamme, compare Giuseppe Pezzino, figlio del presidente del comitato che chiedeva aiuti economici. Con l'aiuto del padre avrebbe agito per ottenere risarcimenti dalla Regione. Le indagini non riguardano la prima fase dei roghi tra il 2004 e il 2008

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