Ponte sullo Stretto: per il governo è un collegamento europeo e di importanza militare, ma piovono smentite

«Il Sud è ancora in deficit di infrastrutture e il ponte sullo Stretto di Messina non è un capriccio di calabresi e siciliani. È il completamento naturale di un percorso che inizia nell’Europa continentale e non può che concludersi a Palermo». Così Nello Musumeci, ministro della Protezione civile e delle Politiche del Mare all’assemblea dell’Unione industriali di Napoli. Un collegamento europeo che però, nello stesso giorno, viene messo in dubbio da uno studio di Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione indipendente europea per trasporti ed energia sostenibili. «Il Ponte sullo Stretto di Messina ha ottenuto i fondi europei per la mobilità, nonostante non sia chiaro il suo valore aggiunto, l’Europa dovrebbe verificare meglio», dicono gli esperti di T&E, nel momento in cui sono in corso i negoziati sul prossimo bilancio pluriennale dell’Ue. E in cui non risulta ancora chiara l’ipotesi del ruolo militare – con relativi ulteriori finanziamenti – del collegamento stabile tra la penisola e la Sicilia.

I dubbi si T&E sull’utilità europea del ponte sullo Stretto

Il riferimento dell’organizzazione – che, tra i suoi obiettivi raggiunti, vanta lo stop del Parlamento europeo alla vendita di nuove auto e furgoni diesel o benzina a partire dal 2035 – è ai fondi del programma Cef (Connecting Europe Facility): oltre 33 miliardi di euro per migliorare le reti europee nei settori trasporti, energia e telecomunicazioni. Finanziamenti concentrati in pochi megaprogetti, a discapito di quasi cento ammodernamenti chiave, secondo lo studio. Che invita l’Unione europea a selezionare nuovi piani con maggiore utilità al trasporto ferroviario internazionale e in tempi più rapidi. Al contrario, citano come esempio da non ripetere, del ponte sullo Stretto: «In Sicilia, l’85 per cento delle linee ferroviarie è a binario unico e solo la metà è elettrificata – spiega Esther Marchetti, manager dell’area mobilità sostenibile per T&E Italia – Il ponte sullo Stretto non ridurrebbe significativamente i tempi di percorrenza tra Roma e Palermo, così come non produrrebbe benefici apprezzabili tanto a livello locale e nazionale che per la mobilità transfrontaliera». Nonostante, ricordano da T&E, questo sia proprio uno dei criteri di ammissibilità ai fondi europei Cef.

Il nodo dei tempi di realizzazione e la non risposta di Musumeci

Un problema in cui influirebbero anche i lunghi tempi di completamento di questi grandi progetti. E un budget che spesso, negli anni, tende a lievitare rispetto a quanto previsto in principio. Secondo T&E, sarebbero invece preferibili interventi con un orizzonte più a breve e medio termine, per un reale miglioramento delle reti che permetta ai cittadini di preferire il treno ai mezzi privati, con un significativo vantaggio ambientale. Un punto, quello temporale, che è forse l’unico che mette tutti d’accordo: «Altrove un ponte si fa in due o tre anni, da noi non ne sono bastati 135 da quando è iniziato il dibattito», ricorda il ministro Musumeci. Senza, però, volersi sbilanciare su previsioni per la fine dei lavori: «So che i giornalisti amano date e scadenze – conclude – ma io non cado nel tranello del parlare dei tempi. Dico solo che, rispetto al passato, stavolta c’è la vera, autentica volontà del governo di realizzare questa infrastruttura».

L’ipotesi del ponte nel piano europeo di mobilità militare

Una volontà tale da pensare di farla rientrare anche nelle spese militari europee, concorrendo a raggiungere i target Nato del 5 per cento di spesa sul Pil. Un’ipotesi che, secondo una interpellanza urgente al ministro della Difesa dei deputati di Alleanza verdi e sinistra alla Camera, Angelo BonelliLuana Zanella, il governo avrebbe dato per certa nel documento che stabilisce i motivi di rilevante interesse pubblico dell’opera. «Nella relazione del Consiglio dei ministri si dice che il ponte sullo Stretto di Messina è previsto anche nel Military mobility action plan del 2024 dell’Unione europea», dicono i deputati. Ricordando come, nel 1987, fosse la stessa Rivista militare dell’Esercito italiano a classificare il collegamento come obiettivo militare piuttosto che come risorsa, con spese maggiori per la sua protezione, anche antiaerea. La risposta del ministro, arrivata in questi giorni, fa intendere come piuttosto si tratti di una possibilità «logica», in virtù della presenza, nel piano europeo, del corridoio militare Scandinavo-Mediterraneo, che comprende tutta l’Italia, «includendo il collegamento ferroviario e stradale tra Reggio Calabria e Palermo». E quindi, secondo il ministro, anche il ponte. Che «potrebbe essere considerato un’infrastruttura coerente con le linee guida Nato ed europee», è la risposta, al condizionale.

La smentita dell’Ue e il rischio di «uso strumentale dei fondi»

Risposta, quella del ministero della Difesa, smentita però dalla stessa Unione europea, secondo i deputati. Che citano la risposta negativa fornita dagli uffici del Parlamento europeo a una specifica richiesta dell’eurodeputato siciliano Leoluca Orlando. Per l’Europa e le sue borse, insomma, il ponte sullo Stretto – almeno al momento – non è di interesse militare. E sull’ipotesi logica del governo italiano risponde anche Marchetti di T&E: «Sorprende scoprire solo ora il valore militare di quest’opera, in corso di progettazione da decenni. Ogni investimento rischia di tradursi in un uso strumentale dei fondi europei destinati alla difesa».


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