Aggressioni, combattimenti clandestini, allevamenti abusivi. Il pitbull è ormai al centro di un’emergenza che attraversa il Paese da Nord a Sud, tra cronaca nera e allarmi sociali. Ma dietro i titoli sensazionalistici si cela una realtà più complessa: questi cani sono vittime o carnefici? La loro forza, intelligenza e lealtà sono caratteristiche che, nelle mani […]
Viaggio nel mercato nero degli abbandoni e dei combattimenti clandestini tra pitbull
Aggressioni, combattimenti clandestini, allevamenti abusivi. Il pitbull è ormai al centro di un’emergenza che attraversa il Paese da Nord a Sud, tra cronaca nera e allarmi sociali. Ma dietro i titoli sensazionalistici si cela una realtà più complessa: questi cani sono vittime o carnefici? La loro forza, intelligenza e lealtà sono caratteristiche che, nelle mani sbagliate, possono trasformarsi in un’arma. Troppi vengono addestrati alla violenza, utilizzati per scommesse illegali o abbandonati quando diventano ingombranti. Il risultato? I canili italiani si riempiono sempre più di pitbull, spesso etichettati come pericolosi e difficili da adottare. Siamo andati a vedere con i nostri occhi cosa accade nel canile Dog Village di Gela, una delle strutture che raccoglie pitbull abbandonati e sequestrati in tutta la Sicilia. Qui il numero di ingressi è allarmante: molti cani finiscono dietro le sbarre senza aver mai morso nessuno, senza aver mai fatto nulla di male. Solo perché sono pitbull.
Il rifugio delle vittime dimenticate
L’odore pungente di disinfettante e il suono dei latrati ci accolgono appena varcato il cancello. Qui, dietro le reti metalliche, decine di pitbull aspettano un destino incerto. Alcuni sono stati recuperati dalla strada, altri sottratti a contesti di maltrattamento, altri ancora semplicemente abbandonati da padroni irresponsabili. Nuccia Manciavillano, responsabile del rifugio, ci guida tra i box: «Circa il 20 per cento dei cani che arrivano da noi sono pitbull. Spesso sono animali cresciuti in casa, poi gettati via come oggetti quando il proprietario si rende conto di non saperli gestire», racconta. Ma c’è un dettaglio che inquieta: molti di questi cani non sembrano nemmeno randagi. Sono ben nutriti, in salute, non hanno segni di maltrattamento evidente. «A volte sembra proprio che non abbiano fatto nemmeno un giorno per strada – dice Massimiliano Messina, il veterinario della struttura – Sono evidentemente cani padronali, anche se non hanno mai il microchip». Da dove vengono allora? La risposta è un segreto di Pulcinella tra volontari e forze dell’ordine: il mercato nero di cuccioli di pitbull è una realtà ben radicata.
Il mercato nero dei cuccioli
Secondo le segnalazioni delle associazioni animaliste, a Gela come in molte altre città, esiste un vero e proprio traffico illegale di pitbull. Cuccioli venduti a pochi euro, spesso da giovanissimi che li cedono senza alcuna documentazione. Cani allevati in condizioni precarie, senza controlli sanitari o comportamentali, e affidati a persone inesperte, attratte dal mito del cane da guardia o, peggio ancora, da quello del cane da combattimento. Giulia Cassaro, presidente dell’associazione Vita Randagia Onlus, è chiara: «Il problema non sono i pitbull, ma chi li usa come armi. Serve un patentino obbligatorio per chi vuole possedere un cane di questa razza. Se non regolamentiamo il mercato, continueremo a vedere aggressioni e abbandoni». Ma c’è un lato ancora più oscuro in questa storia: quello dei combattimenti clandestini.
L’ombra delle lotte tra cani
Chi vive in certe periferie lo sa: esistono luoghi nascosti, scantinati, magazzini abbandonati dove i pitbull vengono trasformati in macchine da guerra. Secondo alcune testimonianze questi cani vengono tenuti in gabbie minuscole, affamati per giorni, stimolati alla violenza con bastoni, scariche elettriche e metodi ancora più crudeli. E qui emerge un’ipotesi agghiacciante. Alcuni cani da compagnia, specialmente di piccola taglia, potrebbero essere stati rapiti per diventare prede vive, utilizzate per istigare l’aggressività dei pitbull destinati ai combattimenti. Negli ultimi mesi, diverse famiglie hanno denunciato la sparizione improvvisa dei loro cani. Non solo randagi, ma anche animali domestici, svaniti nel nulla dal giardino di casa. Il sospetto è pesante: che fine hanno fatto? La polizia sta indagando, ma il silenzio è spesso la regola nel sottobosco criminale che gestisce questo mercato.
La battaglia per fermare il massacro
Di fronte a un fenomeno in crescita, le istituzioni sembrano muoversi con lentezza. Gli esperti chiedono regole più rigide, controlli più severi, un patentino obbligatorio per chiunque voglia possedere un pitbull. Il dottore Messina, veterinario esperto in comportamento animale, avverte: «Questi cani hanno bisogno di educazione e responsabilità. Troppo spesso vengono presi senza la consapevolezza di ciò che comporta il loro mantenimento e addestramento». Ma mentre le normative arrancano, i canili continuano a riempirsi. E la paura cresce, alimentata da episodi di aggressioni spesso evitabili, se solo si intervenisse a monte con prevenzione e consapevolezza. Chi entra in un rifugio come il Dog Village può toccare con mano la realtà: decine di pitbull rinchiusi, in attesa di una seconda possibilità che forse non arriverà mai. Sono loro le vere vittime di questa storia. Giulia Cassaro lancia un ultimo appello: «Se vuoi un pitbull, studia, informati, preparati. Un proprietario responsabile fa la differenza tra un cane equilibrato e un cane che finisce dietro le sbarre, o peggio, si trasforma in killer spietato». Nel frattempo, il business degli allevamenti clandestini, dei combattimenti e degli abbandoni continua. E ogni giorno, nuovi pitbull finiscono in una gabbia, prigionieri di un sistema che sembra non avere fine.