Frattura steccata col cartone, per l’assessora Volo la colpa è del medico. I legali della dottoressa: «Processo mediatico»

Negli ultimi giorni la vicenda ha superato i confini regionali ed è arrivata sulle testate nazionali e sui social. Il 30enne Elia Natoli – originario di San Piero Patti, in provincia di Messina – ha un banale incidente autonomo in moto, dopo il quale sente un forte dolore alla caviglia. Prima il passaggio (poco fruttuoso) in guardia medica – come riporta il Corriere della Sera – poi la tappa al pronto soccorso dell’ospedale di Patti, sempre nel Messinese. Nella struttura, però, arrivano alcune persone in codice rosso, quindi Natoli viene sorpassato e per essere visitato dovrà aspettare circa sei ore. Sarà una dottoressa – colei che diventerà la co-protagonista della vicenda – ad accorgersi del 30enne e ad accompagnarlo a fare una radiografia. L’esame ha chiarito che c’era una frattura del perone – l’altro osso lungo della gamba, oltre la tibia – e che quindi sarebbe stato necessario un gesso. Fin qui tutto regolare, il caso inizia adesso.

La dottoressa stecca la gamba di Natoli con del cartone, perché in pronto soccorso non ci sarebbero stati i dispositivi medici che solitamente si usano per steccare un arto fratturato. «La dottoressa di turno ha fatto la MacGyver dell’occasione», ha detto Natoli in un video sui social. Il richiamo è al personaggio di una famosa serie tv degli anni Ottanta e Novanta, che – con i pochi strumenti che trovava intorno a sé durante le sue avventure – riusciva sempre a costruire oggetti utili per tirarsi fuori dai guai o per risolvere le situazioni per le quali era stato mandato in missione. «La dottoressa mi ha egregiamente fasciato e tenuto fermo il piede – continua Natoli nel video – Il problema sta qui: quando la dottoressa cercava le stecche, non c’erano, quindi con la prima cosa che ha trovato mi ha fasciato il piede». In un altro video sempre Natoli dice che «in pronto soccorso ci sono stati tre codici rossi, due soli medici dentro e due infermieri, quindi una situazione un po’ ingestibile, ecco». Nel video il ragazzo riferisce che «la dottoressa si è prodigata nel cercare le stecche, invano», perché queste non ci sarebbero state né in pronto soccorso né nella farmacia dell’ospedale.

A quel punto «rammaricata viene verso di me – continua il 30enne – e dice “guarda, non trovando niente, [la gamba] si deve momentaneamente bloccare, stabilizzare: tentiamo un’immobilizzazione con il cartone”. Per me è stata una salvezza, perché la dottoressa l’ha dovuto fare come una MacGyver», ripete Natoli. Secondo quanto racconta, dopo alcuni giorni il 30enne avrebbe anche ricevuto la chiamata del presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, che «si scusava in nome della Regione e in nome suo», inoltre «si sarebbe subito messo all’opera per farmi ingessare il piede». Ma Natoli avrebbe risposto che il giorno prima si era recato in una struttura privata e che – a pagamento – aveva potuto ricevere la visita medica ortopedica, una visita di controllo, la radiografia e il tutore. Da quello che racconta Natoli, avrebbe sottolineato a Schifani che secondo lui «non era colpa dei sanitari» e il presidente della Regione avrebbe risposto che «sì, loro sono delle povere vittime in questo sistema. Stiamo facendo ispezioni».

E ieri si è tenuta una conferenza stampa che ha presentato proprio le relazioni sulle ispezioni a cui Schifani faceva riferimento: una sull’ospedale di Patti, l’altra sulla cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale Civico di Palermo; quest’ultimo caso riguarda un bimbo morto quattro mesi fa durante la degenza. Con l’assessora regionale alla Salute, Giovanna Volo, c’erano il dirigente del dipartimento della Pianificazione strategica, Salvatore Iacolino, il dirigente del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico (Dasoe), Salvatore Requirez, il direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Messina, Giuseppe Cuccì, e il direttore generale dell’Arnas Civico di Palermo, Walter Messina. «Nel caso di Patti – ha detto l’assessora Volo – abbiamo appurato che si è trattato di una responsabilità di singoli operatori e che, quindi, non esiste una criticità legata al rifornimento di presìdi medico-sanitari per le emergenze-urgenze». «Una responsabilità individuale – ribadisce ieri pomeriggio una nota dell’ufficio stampa della Regione – alla quale si aggiunge la mancata segnalazione sulla necessità di richiedere i dispositivi medici monouso per l’immobilizzazione degli arti». Le due affermazioni, però, sembrano andare in contrasto tra loro: i presìdi c’erano oppure non c’erano e quindi si è verificata una mancata segnalazione della loro assenza? Non è chiaro.

«Le linee guida sono chiare – ha aggiunto Requirez – vanno applicate però ai casi concreti, in modo da lasciare poco spazio alle interpretazioni personali. Nel caso specifico di Patti – continua il dirigente del Dasoe – l’ispezione regionale ha accertato che i dispositivi monouso erano presenti nella struttura ospedaliera, e che quindi la paventata carenza non c’era, e che la scelta assistenziale adottata non era la più idonea al caso». A questo punto le opzioni sembrano essere quattro: 1) la dottoressa non ha cercato bene e quindi non ha trovato i dispositivi; 2) la dottoressa non sapeva dove cercare, quindi ha cercato negli spazi sbagliati e non ha trovato i dispositivi; 3) pur essendo presenti i dispositivi, la dottoressa ha deciso di procedere con la stecca di cartone; 4) forse i dispositivi non c’erano davvero. La quarta opzione sembra generata unicamente dall’ironia di chi scrive, ma non è così. La domanda, infatti, è: se i presìdi medico-sanitari fossero stati presenti nella struttura, perché la medica di turno avrebbe dovuto preferire il cartone? Potremmo aggiungere anche una quinta opzione: visto il numero di pazienti che sembra ci sia stato quella sera al pronto soccorso di Patti, la dottoressa non ha avuto tempo e modo di cercare i presìdi come avrebbe dovuto fare.

Ieri in conferenza stampa Cuccì – direttore dell’Asp di Messina – ha detto che è stato «accertato che le stecche e le bende c’erano sia al pronto soccorso che nella farmacia dell’ospedale Barone di Patti» e ha aggiunto che «la dottoressa che ha utilizzato il cartone per fasciare la gamba del paziente afferma di aver fatto una scelta professionale» e che avrebbe «ritenuto più consono usare quel tipo di bendatura». Dottoressa che qualche giorno fa, davanti alla commissione ispettiva regionale, aveva detto «il pronto soccorso era pieno e dovevo trovare presto una soluzione, per assicurare le cure agli altri malati». Questo dato a proposito della presenza di tante persone al pronto soccorso, però, non risulta agli ispettori. Inoltre «non sono state rispettate le linee guida sanitarie – ha detto Cuccì in conferenza stampa – Il paziente doveva essere trasferito a Milazzo, dove l’ortopedia è attiva 24 ore su 24 e non solo nelle ore diurne come avviene a Patti, che ha solo due medici in questo servizio». Il direttore dell’Asp messinese ha detto anche che «la dottoressa sostiene di aver proposto al paziente di recarsi all’ospedale di Milazzo, ma che lui si è rifiutato, chiedendo assistenza immediata. Ma di questo – conclude Cuccì – non c’è alcuna relazione scritta, come è invece prescritto dai protocolli». La commissione ispettiva contesta alla dottoressa anche di aver sbagliato la diagnosi – non essendosi accorta che la frattura del perone era scomposta – e di non aver prescritto alcuna terapia al ragazzo.

Su questi punti – cioè quello relativo al rispetto dei protocolli quando c’è da indicare il trasferimento in un altro ospedale e quello legato alle «scelte adottate» – l’assessora Volo ha detto che «l’atteggiamento della dottoressa è stato discutibile» e che «ha gestito il caso in maniera non proprio opportuna». Ma in un altro punto della conferenza stampa di ieri è tornato il dubbio sull’effettiva presenza all’ospedale di Patti dei dispositivi per steccare gli arti fratturati; dubbio che viene da un’affermazione di Volo. Sulla questione del rifiuto del paziente di trasferirsi al pronto soccorso dell’ospedale di Milazzo, «dove c’è un ortopedico 24 ore su 24, vista l’assenza degli strumenti adeguati all’intervento, non c’è nulla di registrato», ha detto l’assessora in conferenza stampa. Ecco, qui serve capire se quel «vista l’assenza» pronunciato da Volo è riferito a questo caso specifico – perciò afferma che c’era un’assenza di strumenti – oppure se Volo ha usato quella formula per dire «nel caso in cui la dottoressa avesse ritenuto che c’era l’assenza degli strumenti adeguati».

Ieri mattina, in una nota, i legali della medica del pronto soccorso di Patti hanno detto che «il modo in cui i fatti sono stati riportati [dalla stampa] dopo la visita ispettiva regionale sono un deliberato attacco a danno dell’immagine e della professionalità della nostra assistita». I due avvocati hanno parlato di «un vero e proprio processo mediatico, finalizzato probabilmente a coprire precise responsabilità politiche a scapito di un professionista che ha operato in un contesto la cui precarietà è nota a tutti». I legali della dottoressa hanno parlato anche di «organi politici regionali e strutture dirigenziali della sanità regionale e provinciale che scoprono oggi che il pronto soccorso di Patti ha criticità trascurate per anni». La nota dei due legali si chiude con una presa di posizione. «Non permetteremo che la dottoressa diventi il capro espiatorio, l’anello debole da colpire: il sistema sanitario della zona tirrenica messinese – concludono – è ridotto all’osso, affetto da totali carenze strutturali, di personale».

E ieri sulla questione ‘capro espiatorio’ Volo ha risposto. «La dottoressa non è un capro espiatorio e non dovrà esserlo neppure in futuro. Il discorso – ha detto l’assessora – è che la responsabilità soggettiva professionale è una responsabilità a cui non ci si può sottrarre. I suoi legali hanno il diritto di dire ciò che vogliono». In conferenza stampa ha preso la parola anche Salvatore Iacolino, dirigente del dipartimento della Pianificazione strategica. «L’incontro di oggi – ha detto Iacolino – serve a ristabilire la verità dei fatti e il ruolo centrale del Sistema sanitario regionale pubblico». In realtà dopo la conferenza stampa di ieri la situazione non sembra essersi chiarita, piuttosto pare si sia aggrovigliata più di prima. Nel frattempo è stato annunciato che la dottoressa subirà un procedimento disciplinare da parte dell’Asp e che «nei prossimi giorni – ha detto l’assessora alla Salute – una commissione regionale visiterà tutti i pronto soccorso dell’Isola, per evidenziare tutte le problematiche esistenti». Certo, bisognerebbe capire quanto tempo ci vorrà per visitare tutti i pronto soccorso siciliani. Nel frattempo l’Asp di Messina ha rimosso la responsabile del pronto soccorso dell’ospedale di Patti – che sarebbe stata nominata con una procedura irregolare – mentre la procura di Patti ha aperto una indagine conoscitiva, al momento senza indagati.


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