L’ex assessore del Comune di Palermo, Mimmo Miceli, fuori dal carcere

STANDO A INDISCREZIONI, IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA AVREBBE ACCOLTO LA RICHIESTA DI SCARCERAZIONE PRESENTATA DAI SUOI LEGALI. L’UNICO CHE RESTA IN GALERA E’ CUFFARO

La notizia è frammentaria. Ma, stando a indiscrezioni, il Tribunale di Sorveglianza di Roma si sarebbe pronunciato positivamente per la richiesta di arresti domiciliari in favore di Domenico ‘Mimmo’ Miceli, l’ex assessore del Comune di Palermo condannato a 6 anni e mezzo con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa nel dicembre del 2012.

Mimmo Miceli, classe 1964, natali a Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento, è stato letteralmente stritolato da una vicenda giudiziaria iniziata, probabilmente a sua insaputa, nella primavera del 2001, quando si è candidato alle elezioni regionali. Vicenda che, come vedremo, ha coinvolto anche l’ex presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, finito anche lui condannato a sette anni per favoreggiamento alla mafia.

I magistrati inquirenti prima e i giudici che l’hanno condannato poi hanno contestato a Mimmo Miceli di intrattenere rapporti con il boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. 

Miceli – che ha iniziato la sua carriera politica giovanissimo, nella Dc – si è sempre difeso dicendo che Guttadauro era stato il suo medico di riferimento durante gli anni della specializzazione in chirurgia. Giuseppe Guttadauro, infatti, era primario in uno dei più noti ospedali pubblici di Palermo (per la cronaca, Miceli è medico, specializzato in Chirurgia ed è un endoscopista).

Stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti – che con Miceli e Cuffaro sono sempre stati molto severi, non lesinando certo indagini che, nel caso di Cuffaro, hanno dato origine a prove non esattamente chiarissime – Mimmo Miceli, durante la campagna elettorale delle elezioni regionali del 2001, quando Cuffaro era candidato alla presidenza della Regione siciliana, ha più volte incontrato Giuseppe Guttadauro.

Va precisato che Miceli non incontrava Guttadauro in galera, ma a casa del medico-boss, che in quel momento era libero. Questo, con molta probabilità, dimostra una certa leggerezza da parte di Miceli.

Nel corso degli incontri tra Guttadauro e Miceli, stando sempre a quanto ricostruito dagli inquirenti, si sarebbe parlato di Cuffaro. E si sarebbero consumate alleanze politiche politiche ed economiche che avrebbero favorito i boss.

Sempre secondo gli inquirenti, Mimmo Miceli avrebbe fatto da trait d’union fra Guttadauro e l’uomo politico che, di lì a poco, sarebbe diventato presidente della Regione siciliana, il già citato Salvatore Cuffaro.

In questa ricostruzione ci sono delle cose che a noi non convincono del tutto. Cogliamo adesso l’occasione per scriverle.

E’ fuor di dubbio che Miceli – consigliere comunale di Palermo a partire dal 1993, e dal novembre del 2001 assessore comunale a Palermo nella Giunta di Diego Cammarata, non sempre in sintonia con Cuffaro – sia stato molto superficiale nel recarsi a trovare Guttadauro. Se non altro perché Miceli non poteva certo ignorare le vicissitudini giudiziarie del medico presso il quale aveva svolto la propria specializzazione di Medico Chirurgo.

Secondo gli inquirenti, Miceli avrebbe accettato la candidatura nella lista degli ex democristiani di Cuffaro su insistenza del boss Guttadauro. A noi, per la verità – e qui parliamo da cronisti politici – in quei giorni, la candidatura di Miceli alle elezioni regionali del 2001, nel collegio di Palermo, non sembrava vista di buon occhio da Cuffaro, che in quell’occasione appoggiava un altro candidato. Ma la storia giudiziaria ha raccontato scenari diversi.

Gli inquirenti hanno poi formulato altri capi d’imputazione a carico di Miceli.

 

Altro elemento che non ci ha mai convinto del tutto nella vicenda Miceli è che lo stesso Miceli, in quell’occasione, non venne eletto. Arrivò primo tra i non eletti, ottenendo un risultato che, a nostro parere, risultava ben al di sotto delle aspettative.

Questo e altri fatti che, nel corso delle indagini e dei lunghi processi (la condanna di Miceli arriverà dopo circa dieci anni e dopo ben cinque pronunciamenti della Corte di Cassazione), Miceli proverà a illustrare per dimostrare la propria innocenza non gli serviranno molto, perché, come già accennato, verrà condannato.

Il ‘caso Miceli’ provocherà un sacco di guai a Cuffaro, che verrà coinvolto in questa storia e, come già accennato, finirà anche lui condannato.

Nella casa del medico-boss c’era una microspia. Da qui una frase, a quanto pare pronunciata dalla moglie di Guttadauro, che, in realtà, non è mai stata chiarissima: “Allora raggiuni avia Totò”. Una ricostruzione – che per Cuffaro è stata tremenda – controversa e contestata.

Sempre secondo gli inquirenti, Cuffaro avrebbe informato Miceli della presenza della microspia in casa di Guttadauro.

Come abbiamo sempre accennato, per Miceli e, soprattutto per Cuffaro non c’è mai stata molta clemenza. Ora – stando alle indiscrezioni raccolte – per Miceli, dopo quasi due anni di carcere (Miceli, quando nel dicembre del 2012 viene condotto a Rebibbia, aveva già scontato un anno e otto mesi di custodia cautelare), si potrebbero configurare gli arresti domiciliari (non abbiamo notizia precise su eventuali servizi sociali).

Nulla contro Mimmo Miceli che esce dal carcere: buon per lui e per la sua famiglia. Ma non possiamo, però, non interrogarci sul fatto che Cuffaro – coinvolto in questa storia proprio da Mimmo Miceli – rimanga invece in carcere.

A Cuffaro, com’è noto, sono stati rifiutati i servizi sociali in alternativa alla detenzione.

Insomma, da qual poco che capiamo di cronaca giudiziaria, Cuffaro, per i magistrati, resta il più cattivo di tutti.

Foto di Mimmo Miceli in prima pagina tratta da guidasicilia.it       


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