Una ricerca sui giornali economici italiani da' l'immagine di un paese in ginocchio. Quasi tutti in difficolta' e quasi tutti con i redditi all'ingiu'. Tranne i politici: parlamentari nazionali e regionali
Italia, quasi tutte le categorie sociali in crisi, tranne una: i politici…
UNA RICERCA SUI GIORNALI ECONOMICI ITALIANI DA’ L’IMMAGINE DI UN PAESE IN GINOCCHIO. QUASI TUTTI IN DIFFICOLTA’ E QUASI TUTTI CON I REDDITI ALL’INGIU’. TRANNE I POLITICI: PARLAMENTARI NAZIONALI E REGIONALI
Abbiamo raccolto i dati da un paio di settimanali italiani e da alcuni quotidiani, tutti economici. Tema: i redditi degl’italiani. O meglio, le categorie sociali che sono state risparmiate dalla crisi.
Abbiamo consultato giornali e settimanali per due settimane. Generalisti e specializzati. Per carità: non abbiamo scoperto nulla di nuovo, visto che la crisi economica è generalizzata.
Abbiamo scoperto che quasi tutte le categorie sociali se la passano male. Ma ce ne sono alcune che sono proprio in ginocchio. Come i portatori di handicap di famiglie meno abbienti, che la spesa pubblica sostiene sempre meno. O gli anziani, sempre meno abbienti.
Il problema riguarda, in particolare, il Sud del Paese. Con Regioni e Comuni che spendono sempre meno nel sociale. Eclatante il caso di Messina. Dove la regione ha tolto il trasporto agli studenti disabili.
Anche gli agricoltori sono in grande sofferenza. Per due motivi. In primo luogo perché – anche gli agricoltori bravi – e nel nostro Paese ce ne sono tanti – scontano una concorrenza sleale di prodotti agricoli spacciati come made in Italy e arrivati da chissà dove.
Insomma: pomodori taroccati, vino taroccato, pasta taroccata, olio di oliva extra vergine taroccato, arance, limoni, mandarini taroccati e, in generale, frutta taroccata. E, ancora formaggi taroccati. E via continuando.
Idem anche per le industrie agro-alimentari.
Insomma, gli agricoltori italiani se la passano male. Anche perché debbono fare i conti con il secondo dei problemi: i commercianti – grande distribuzione organizzata – che impongono prezzi bassissimi ai prodotti. Fenomeno, questo, diffuso al Sud. Soprattutto in Sicilia.
Unica nota positiva: i mercati locali che, piano piano, si vanno affermando, accorciando la filiera con effetti positivi per i consumatori e per gli stessi agricoltori.
Un’altra categoria che se la passa male è quella dei trasportatori. Per loro, tra l’altro, è in arrivo la mazzata del Governo Letta-Alfano-Bilderberg, che di fatto sta scaricando sui carburanti il costo dell’abolizione della prima rata dell’Imu.
Un’altra categoria in grande sofferenza – leggendo attentamente i giornali specializzati – è quella dei medici ospedalieri. Hanno il contratto bloccato da quattro anni. Una categoria che sta fronteggiando, in totale solitudine, due linee decise dai Governi: il blocco parziale (e in certe Regioni italiane dove il deficit sanitario è elevato, il blocco totale) del turn-over.
In pratica, negli ospedali pubblici italiani, in media, solo una piccola parte dei medici che va in pensione viene sostituita (peraltro con medici con contratti a termine). Il resto del lavoro va sulle spalle dei medici ospedalieri sempre più stressati da turni massacranti.
In crisi quasi tutti i professionisti (ingegneri, architetti, geologi, agronomi). Resistono gli studi avviati. Ma è sempre più difficile, per i giovani, inserirsi.
Un’altra categoria in sofferenza è quella degli studenti che frequentalo le scuole pubbliche. Il riferimento è agli studenti dei Licei e, in generale, delle scuole superiori e agli studenti universitari.
La situazione peggiore, tanto per cambiare, è nel Sud. Dove gli edifici scolastici – in molti casi in affitto – lasciano a desiderare.
Anche i docenti dei Licei e delle scuole superiori non sembrano molto contenti. Soprattutto perché, in media, il numero degli alunni per classe è in aumento. Lo Stato risparmia, ma la fatica dei docenti cresce.
Anche i dipendenti degli uffici pubblici, in media, sono in crisi. In molti casi, con gli aumenti bloccati e con il costo della vita che aumenta.
In difficoltà i bancari. Che stanno subendo la disdetta unilaterale del contratto. Per questa categoria, in prospettiva, si profila un lavoro sempre più pesante e retribuzioni, in media, sempre più basse.
In grande difficoltà, in generale, la categoria dei commercianti. Massacrati da un Fisco sempre più esoso. Si salvano in pochi. Resiste non solo chi riesce ancora a vendere i propri, ma anche chi ha le spalle coperte.
Apparentemente – ma solo apparentemente – l’agroalimentare è quello che soffre un po’ meno. Perché, bene o male, si deve mangiare. Ma anche per loro le tasse aumentano e i margini di ricarico si assottigliano. Tengono, ma soffrono.
Ancora più in crisi, nell’agro-alimentare, i piccoli esercizi commerciali. Sui quali, oltre al peso della crisi generale, si scarica la concorrenza della grande distribuzione organizzata.
Soffre ancora di più l’abbigliamento. A furia di tartassare con tasse e imposte le famiglie, ad acquistare rimangono in pochi.
Resistono le grandi firme della moda. Perché, bene o male, i ricchi continuano ad acquistare. Ma man mano che si procede verso redditi medi e medio bassi, la propensione ad acquistare sempre meno vestiario cresce in ragione più che proporzionale alla diminuzione del reddito.
Insomma, dipendenti pubblici e professionisti, in Italia, tranne pochi casi (gli alti dirigenti della pubblica amministrazione e i professionisti affermati), sono tutti in sofferenza. E sono in grande sofferenza i giovani. Soprattutto nel Sud. Dove, ormai da anni, sono rari i concorsi nella pubblica amministrazione, terra di conquista delle clientele del precariato.
Resistono, invece, i politici. I quali, in Italia, non hanno subito alcuna riduzione delle indennità. I parlamentari, insomma, ‘viaggiano’ sempre sui 20 mila euro al mese in media.
Serve a poco spiegare che, alla fine, ridurre l’indennità ai politici non migliora la società. Se lavorassero bene, dando fiato all’economia, rilanciando occupazione e consumi, i politici potrebbero anche guadagnare il doppio e nessuno ci farebbe caso.
Ma il punto è proprio questo: la politica, in Italia, non dà risposte concrete a famiglie e imprese.
Da qui la voglia popolare di una sorta di ‘punizione’ per la politica riducendo gli emolumenti. Riduzione delle indennità parlamentari che, fino ad oggi, non si è materializzata.
Per questo affermare che è una delle poche categorie sociali a non risentire il peso della crisi è corretto.