Sanità, il Governo annuncia nuovi tagli. E le accise che dobbiamo incassare?

Questo giornale ha più volte sottolineato come l’attuale Governo regionale, piuttosto che difendere gli interessi della Sicilia, per motivi che non sono chiari, difende gli interessi di Roma. E abbiamo più volte sottolineato che la prima ‘pedina’ di questo Governo siciliano da fare saltare è l’assessore all’Economia, Luca Bianchi. Oggi, sul Giornale di Sicilia, leggiamo che la Regione si appresta a tagliare altri mille e 500 posti letto. E a eliminare altri Punti nascita. Con questo articolo proveremo a dimostrare che sulla sanità siciliana l’inadempiente è lo Stato. E che la sanità pubblica siciliana non deve tagliare nulla, perché vanta crediti da parte dello Stato.

Va ricordato che con la legge Finanziaria nazionale del 2007, approvata nel 2006 (Governo Prodi), la quota di compartecipazione della Regione siciliana alle spese della sanità nella nostra Isola passavano da circa il 42 per cento al 44,5 per cento. Non si tratta di ‘spiccioli’, perché in quell’anno la spesa sanitaria regionale ammontava a circa 8 miliardi di euro.

L’anno successivo – e cioè nel 2008 – la quota di compartecipazione della Regione passava dal 44,85 per cento al 47,05 per cento. Nel 2009 si registrava ancora un altro aumento: la quota di compartecipazione della Regione passava dal 47,05 per cento al 49,11 per cento. Per la cronaca, nel 2010, nel 1001 e nel 2012, la Regione siciliana ha partecipato alla spesa sanitaria approntando il 49,11 per cento. Uno scherzetto che, secondo il parlamentare regionale Pippo Gianni, costa ogni anno alla Regione da 350 a 400 milioni di euro in più (il calcolo esatto lo pubblicheremo più tardi).

L’accordo prevedeva che, parallelamente, lo Staro avrebbe riconosciuto una alla Regione una quota delle accise sui consumi di idrocarburi. Queste risorse finanziarie avrebbero dovuto compensare i maggiori esborsi sostenuti dalla Regione nel passaggio, in tre anni, dal 42 per cento circa al 49,11 per cento nella quota di compartecipazione alla spesa sanitaria.

Ebbene, la Regione siciliana, dal 2007 ad oggi, ha versato una maggiore quota di compartecipazione alle spese della sanità. Ma non ha mai incassato le quote delle accise sul consumo di idrocarburi che avrebbero dovuto compensare i maggiori esborsi sostenuti dalla stessa Regione dal 2007 ad oggi.

Perché? Perché questo accordo, per la parte che riguarda le accise, avrebbe dovuto essere approvato dalla Commissione Paritetica Stato-Regione. Facciano notare ai nostri lettori che l’accordo del 2006 Stato-Regione siciliana non è ‘Paritetico’. Lo Stato (ricordiamo: Governo Prodi) ha preteso, già a partire dal 2007, che la Regione siciliana versasse subito la quota maggiorata di compartecipazione alla spesa sanitaria regionale. Mentre ha subordinato la restituzione alla Regione siciliana dei maggiori esborsi – con la già ricordata quota sulle accise da ‘girare’ alla stessa Regione – all’approvazione della Commissione Paritetica Stato-Regione.

Peccato che, da allora ad oggi, la Commissione Paritetica – che secondo noi di Paritetico non ha nulla – non ha mai approvato l’accordo che prevede l’assegnazione, alla Regione Sicilia, della quota sulle accise petrolifere. Chi ha bloccato tutto in Commissione Paritetica è lo Stato.

Ricordiamo che la Regione ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale. Che, naturalmente, ci ha dato torto (figuriamoci: la Corte Costituzionale dà torto alla Regione siciliana dal 1957…).

In pratica, stando a quello che abbiamo capito, gli articoli della legge Finanziaria 2007 – dovrebbero essere gli articolo 830, 831 e 832 – non sono tra di concatenati. Ciò significa che lo Stato può pretendere che la Regione ‘cacci’ una quota maggiore per le spese della sanità: cosa che avviene, appunto, dal 2007; mentre se la Regione non riesce ad ottenere l’approvazione, in Commissione Paritetica della quota di accise petrolifere da incassare sono caz… suoi.

Questo è il diritto italiano. Questo è il trattamento che lo Stato italiano riserva all’ultima delle ‘Colonie’ chiamata Sicilia.

Con questo equivoco mai risolto dal 2007 la Regione siciliana ha aumentato la quota di compartecipazione alle spese della sanità. Siamo l’unica Regione italiana che paga con i propri soldi la metà delle spese sanitarie.

Pur avanzando un sacco di soldi dallo Stato – che ci deve ancora erogare la quota delle accise sui prodotti petroliferi del 2007, del 2008, del 2009, del 2010, del 2001 e del 2012 – Roma pontifica sulla sanità pubblica siciliana imponendo tagli e basta.

Sì, tagli e basta. Il passato Governo regionale di Raffaele Lombardo, invece di fare ‘bordello’, chiedendo l’erogazione delle accise sui consumi petroliferi, ha sbaraccato mezza sanità pubblica siciliana. Dicendo che, in cambio, avrebbe realizzato la sanità nel territorio: i Pta e i Pte, rispettivamente, Punti territoriali di assistenza e Punti territoriali di emergenze.

Di fatto, i tagli ci sono stati. Ma di questi Pta e Pte, a parte qualche sceneggiata, la Sicilia non ha visto nulla. Otto mesi fa è arrivato il Governo di Rosario Crocetta. Quest’ultimo signore, invece di fare il presidente della Regione, invece di andare a Roma a fare ‘bordello’ per farsi assegnare le accise sui consumi petroliferi, si è dedicato al Megafono, delegando all’assessore Bianchi questa ed altre questioni.

Il risultato è che il Governo Crocetta, invece di farsi dare le accise da Roma per potenziare la sanità pubblica siciliana, ha sbaraccato 28 Punti nascita. E adesso si accinge ad effettuare altri tagli alle strutture sanitarie pubbliche già ridotte all’osso. Non prima di avere annunciato ipotetiche nuove assunzioni alle quali noi non crediamo.

Tutto questo è insopportabile. Il presidente Crocetta, mentre i siciliani sono costretti a vivere con una sanità pubblica sempre più ‘sgarrupata’, viaggia in lungo e in largo per l’Italia a promuovere il suo Megafono. Lasciando in Sicilia l’assessore Bianchi che sta massacrando la Regione, prima facendosi scippare da Roma non 800 milioni di euro come era scritto nei documenti finanziari consegnati all’Ars, ma 914 milioni di euro; poi con la presa per il culo dell’articolo 37; ora con la mancata richiesta delle accise sui consumi di idrocarburi che sono nostre che lo Stato si tiene abusivamente.

Noi ci siamo rotti le scatole. Noi quest’assessore Bianchi non lo vogliamo. Noi vogliamo un assessore all’Economia che faccia gli interessi della Sicilia.

Venerdì scorso, alla riunione del Pd, al San Paolo Hotel, i dirigenti del Pd ci hanno detto che questo Bianchi è un ‘regalo’ del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, e del suo mentore Sergio D’Antoni.

Bene, segretario Lupo e onorevole D’Antoni: fate una cortesia non a noi, ma alla Sicilia: riprendetevi quest’assessore Bianchi, riportatelo a Roma e mettetene uno giusto. Qui in Sicilia abbiamo già un sacco di problemi con gli ‘ascari’ e l’unica cosa di cui non abbiamo bisogno è di un assessore all’Economia che fa gli interessi di Roma.

Crocetta scelga: o Bianchi o la Sicilia


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