Padre Pino Puglisi, per favore una beatificazione senza retorica e ipocrisia!

Quando si parla o si scrive di un grande uomo come Padre Pino Puglisi, il vero rischio è quello di essere banali. Non di apparire banali: ma di esserlo. Una sua riflessione mette quasi tutta la politica italiana di oggi in fuori gioco: “Non ci si fermi alle denunce, ai cortei, alle proteste – scriveva Padre Puglisi -. Tutte queste iniziative hanno valore, ma se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.

La Chiesa cattolica, non senza contraddizioni (che dire dell’appoggio che ha fornito al Governo Monti in cambio degli ‘sconti’ sull’Imu? Penoso), qualche fatto lo sta confermando. La beatificazione dello stesso Padre Puglisi, che ha luogo oggi a Palermo, alla presenza di oltre 80 mila persone, è un segnale importante non soltanto per il capoluogo siciliano, ma per tutta l’Italia.

Ma il rischio, come è avvenuto due giorni fa in occasione del ricordo di Giovanni Falcone, è che le ‘autorità’, immancabili in queste occasioni, trasformino una giornata di preghiera e di riflessione nel solito, insopportabile diluvio di retorica.

La politica italiana che comanda, che controlla questo Paese con il Porcellum – ovvero con una legge elettorale che serve per portare in Parlamento i ‘camerieri’ dei ‘capi’ dei Partiti – che anela a gettare fuori dallo stesso Parlamento chi non si genuflette alle regole truffaldine (come i rimborsi elettorali ai Partiti, un modo scorretto di aggirare il referendum che ha sancito il “no” al finanziamento pubblico dei Partiti), ebbene questa politica dovrebbe restare fuori dalle celebrazioni per la beatificazione di Padre Puglisi.

Anche perché è proprio questa politica che ha creato le condizioni, nel settembre del 1993, per consentire ai mafiosi di ammazzare il sacerdote di Brancaccio. Così come ha creato le condizioni per ammazzare i servitori dello Stato che sono stati eliminati prima e dopo Padre Puglisi.

Guardiamoci in faccia: nel nostro Paese governa ancora la vecchia politica. Rispetto al 1992 – anno delle stragi di Capaci e di via D’Amelio – e al 1993, anno dell’assassinio di Padre Puglisi, molte cose sono cambiate. Nel nostro Paese e a Palermo. Basti pensare allo lotta contro la mafia del ‘pizzo’, guerra ancora lunga e non ancora vinta.

Ma due cose non sono cambiate di sicuro: la mafia e la gestione del potere. Quei politici che comandano, che appena due giorni fa piangevano le lacrime di coccodrillo per Falcone, sono gli stessi che oggi si precipiteranno in prima fila per il ricordo di Padre Puglisi. E sono gli stessi che, tra qualche mese, celebreranno Borsellino.

“Le parole devono essere confermate dai fatti”, ci ricorda Padre Pugliesi. Ma alle belle parole, la politica che comanda nel nostro Paese va seguire fatti del tutto opposti.

Sbagliamo, o quegli uomini di potere che, due giorni fa, hanno celebrato Falcone sono gli stessi che si pregiano di aver fatto distruggere le registrazioni tra l’ex Ministro Mancino e il Quirinale? E tra i ‘cultori’ di Falcone, in questi ventuno anni, non ci sono stati anche quelli che in vita lo hanno ostacolato?

Lo sappiamo, anche durante il giorno della beatificazione di Padre Puglisi noi ricordiamo cose non belle. Ma se ci sono fatti e personaggi sgradevoli anche in queste occasioni, perché non metterli in evidenza? Perché non segnalare l’ipocrisia della vecchia politica che non si fa da parte nemmeno in queste celebrazioni?

Detto questo, anche noi ci associamo alle celebrazioni di un grande sacerdote che, alle parole, faceva seguire i fatti. Che, con il suo lavoro, strappava i minori alla mafia.

Faceva, Padre Puglisi, quello che non fa oggi lo Stato italiano, che invece di utilizzare le risorse per risolvere i grandi problemi sociali, li taglia per darle alle banche e alla finanza speculativa.

Dobbiamo nascondere anche questo? Ma allora cosa deve essere la celebrazione di Padre Puglisi, un’esercitazione retorica per poi tornare a fare l’esatto contrario di quello che predicava il sacerdote di Brancaccio?

“Non ci si fermi alle denunce, ai cortei, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore, ma se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti…”

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