Due film d'autore, quando due diverse identità culturali dialogano attraverso i sentimenti
Il linguaggio del cuore
Il meltin’ pot culturale è una logica conseguenza della
globalizzazione, tuttavia in una società multietnica come la nostra il rapporto
interetnico risulta ancora problematico. Da qualche anno anche il cinema si
interessa appassionatamente a questo tema. Dai tempi di “Indovina chi
viene a cena?” la società è profondamente mutata, soprattutto dopo l’11
Settembre e le guerre in Afghanistan e in Iraq. Negli ultimi anni alcuni
registi, tra cui Ken Loach e François Dupeyron, hanno proposto la loro
versione cinematografica del difficile dialogo tra culture.
“Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di François Dupeyron,
presentato al festival di Venezia nel 2003 e vincitore del Premio del Pubblico,
è un film poetico e drammatico insieme. Nella Parigi degli anni ’60,
Momo, un ragazzino di 13 anni, vive abbandonato a sé stesso, a causa
dell’assenza prima della madre e poi del padre. Si ritrova così ad
affrontare da solo la sopravvivenza quotidiana e il complesso passaggio
all’adolescenza. Il suo unico amico e confidente è Ibrahim, un anziano e
saggio bottegaio turco, interpretato magistralmente da Omar Sharif. Con lui
il ragazzino istaura una profonda amicizia e il confronto tra le
rispettive generazioni, culture e religioni -islamica sufi, quella di
Ibrahim, ed ebraica, quella di Momo- diventa occasione di dialogo e di
apprendimento per entrambi. I pregiudizi iniziali si trasformano in affetto
reciproco facendo scaturire tra i due un profondo legame padre-figlio.
Momo, seguendo gli insegnamenti del saggio Ibrahim, comprende che
“sorridere rende felici”, come afferma uno dei fiori del Corano.
“Un bacio appassionato – Ae fond kiss”, commedia romantica del 2004,
prende il titolo e il tema centrale dall’ eponima lirica di Robert Burns
e narra la tormentata storia d’amore, ambientata nella scozzese e
multietnica Glasgow, di Roisin e Casim. Lei è una giovane irlandese,
insegnante di musica in una scuola cattolica. Lui è un ragazzo pakistano di
seconda generazione, nato e cresciuto a Glasgow dove lavora come deejay.
I due si incontrano casualmente poiché Tahara, sorella minore di Casim,
frequenta la stessa scuola dove insegna Roisin. Il loro amore è
fortemente contrastato dai pregiudizi delle rispettive comunità di
appartenenza e soprattutto dalla famiglia di Casim che impone al ragazzo un
matrimonio con una cugina pakistana. Il conflitto tra i sentimenti dei due
giovani e i valori tradizionalisti della società in cui vivono conduce il
loro rapporto ad una crisi profonda che trova una soluzione solo nel
drammatico distacco di Casim dalla sua famiglia. Il regista ci pone
davanti ad un’attuale e inquieta storia romantica di una coppia che
attraverso i preconcetti e il difficile dialogo tra le diversità, riesce a
sopravvivere malgrado i sacrifici e le rinunce.
Entrambi i film, evidenziando sotto diverse prospettive la questione
della multiculturalità, ci aiutano a riflettere sull’importanza del
linguaggio dei sentimenti nel superamento dell’etnocentrismo e degli
ostacoli che tendono ancora oggi a divedere due culture diverse. C’è ancora
una possibile via di comprensione reciproca che va ben oltre la
tolleranza, perché il linguaggio del cuore è universale.