La Sicilia guardi al Mediterraneo

da Alessio Lattuca
Presidente Confimpresa Euromed Sicilia
riceviamo e volentieri pubblichiamo

E’ noto che dal 2010 fra tutti i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo le merci possono spostarsi senza l’imposizione di dazi doganali. Una decisione di portata storica, se si considera che, oltre al Nord Africa, rientrano in quest’area anche nazioni mediorientali come Libano e Giordania e soggetti geopolitici nuovi come Gaza e Cisgiordania.

L’area di libero scambio rappresenta una sorta di riequilibrio, visto che, presumibilmente, il flusso dei fondi strutturali comunitari per le regioni del Sud finirà proprio con il finire del decennio in corso. E’ condivisa convinzione che come “risarcimento” il Sud dell’Europa ha avuto consegnata questa opportunità. Un’opportunità certamente, ma anche un rischio: quello di non saperla cogliere. Infatti sono parecchie le criticità ancora da superare.

A tale proposito risulta utile segnalare che il processo di creazione dell’area di libero scambio ha subito un progressivo rallentamento. Il tema è quasi assente dall’agenda politica nazionale e regionale. Eppure si parla di un’area nella quale occorrerà creare circa 35 milioni di occupati, nei prossimi anni. Basterebbe solo questo dato per verificare come sia necessario accelerare il processo e come occorrerà rimettere l’argomento al centro del dibattito.

Dal 2010 il Mediterraneo, rispetto ai traffici merci mondiali, è di nuovo al centro del mondo. Ciò implica un’ulteriore conseguenza: la centralità della Sicilia. Infatti tutte le volte che il Mediterraneo è protagonista di eventi e processi economici e politici, l’urto di questo ruolo lo assorbe la Sicilia: luogo di incontro fra culture diverse e figlia di grandi movimenti di civiltà differenti che proprio nel Mediterraneo si sono verificati. (foto sopra tratta da corriereuniv.it)

Ieri la Sicilia, teatro di tensione del Mediterraneo, militarizzata. Oggi, in un clima di pace e distensione, territorio propulsore di sviluppo per il sistema Paese. In questo contesto la provincia di Agrigento (e buona parte delle provincie limitrofe) rivestirà un ruolo di primo piano. La bellezza dei luoghi, l’enorme bacino composto di beni culturali ambientali ed architettonici che hanno avuto il riconoscimento Unesco quale “bene dell’Umanità”, l’enogastronomia, i prodotti tipici, la produzione agroalimentare in generale – e quella biologica in particolare – ne compongono un unicum in grado di attrarre l’interesse di investitori e visitatori e, soprattutto, di offrire le proprie competenze e i propri prodotti ai Paesi dell’area mediterranea. 

Un’area così importante, dotata di forti potenzialità, dal punto di vista economico, gode già di vantaggi e spinte che partono dal proprio interno, ma può senz’altro trarre ulteriori vantaggi dall’apertura di libero scambio euro mediterraneo. La possibilità che si realizzi un aeroporto e comunque l’avvicinamento dell’aeroporto di Catania – attraverso il raddoppio della Agrigento – Caltanissetta in raccordo con l’autostrada Palermo-Catania, la definizione della costruzione dell’autostrada Siracusa-Mazara del Vallo, insieme alla realizzazione di un autoporto (e della intermodalità tra Aragona Caldare con le aree industriali) a Porto Empedocle e dei porti turistici di: San Leone, Porto Empedocle, Siculiana, Ribera, Menfi, Sciacca, Palma di Montechiaro, Licata, rappresentano evidenti possibilità di una interessante qualificazione dell’offerta intermodale per lo sviluppo armonico del sistema produttivo della provincia.

La portualità e il mare sono fondamentali per incuneare il territorio siciliano nel flusso dei traffici che in misura crescente interesseranno nei prossimi anni il Mediterraneo. Il programma delle ‘autostrade del mareì, che in ambito europeo sta avendo un impulso molto forte, potrebbe rappresentare la vera opportunità. E’ tempo di porre in essere un programmazione che preveda per il suo sviluppo, almeno tre “punti di partenza”: – le TEN-T (praticamente le reti di trasporto trans-europee); – le PEC (i corridoi pan-europei); – i SIAD (distretti che per produzione industriale e/o agricola hanno un vitale bisogno di trovare uno sbocco al mare).

E’ bene precisare che la rete dei porti che insistono su queste aree diventano porti “cluster” grappolo e la modalità di trasporto via mare diventa così a pieno titolo un fattore di sviluppo integrato. Già oggi, in conseguenza della delocalizzazione industriale, ‘pezzi’ anche importanti di settori produttivi, di fabbriche si sono trasferite nel Sud-Est asiatico. La testa di queste fabbriche resta qui, ma le braccia stanno all’altro capo del mondo.

Si sta verificando un traffico, imponente, Occidente-Oriente, uno scambio intenso di materie prime e merci lavorate ed essendo quella via mare la modalità di trasporto più economica, si utilizzano le navi come vettori principali. Tutte le rotte che collegano la “testa” e le “braccia” di questo corpo produttivo globale interessano il Mediterraneo. E non è un caso che si sta dragando il Canale di Suez, per consentire il transito di navi sempre più capienti. E in vista dell’organizzazione di un mercato sempre più vasto, ma anche nel quadro dell’evoluzione degli scambi in termini intercontinentali, nell’ambito del processo di globalizzazione, un ruolo non secondario sarà esercitato dall’informazione e dalla formazione.

In questa direzione la Regione Siciliana, con la collaborazione di associazioni ed Università, in vista dell’importante appuntamento elettorale dovrebbe puntare su un programma ambizioso: di interventi per la formazione e la qualificazione di soggetti interessati ad agire, di politiche dirette all’internazionalizzazione delle imprese e di politiche di informazione del cittadino-consumatore. E continuare a richiedere con forza la candidatura della Sicilia (da collocare possibilmente nella Città di Agrigento), quale sede del Politecnico del Mediterraneo.

 


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