È nata su Facebook appena un mese fa ma è già piena di contenuti: una pagina dedicata al capoluogo etneo e agli spazi lasciati a se stessi. Da piazza Lupo all'acquedotto benedettino del parco che dava il nome al vecchio ponte Gioeni, ormai abbattuto. Per fare posto a una cascata naturale che avvicinasse i catanesi ai veneziani. Sono solo alcune delle segnalazioni raccolte, con tono forzatamente complottista, dall'anonimo ideatore della fanpage
Catania misteriosa, arte e spazi abbandonati «Con l’ironia prendiamo in giro le inciviltà»
«Finalmente svelato il mistero dell’abbattimento del ponte: volevano creare una cascata naturale. Tutta Catania è stupita. Il sindaco teorizza di volersi avvicinare agli standard di Venezia, forse di superarli perché a Venezia non hanno cascate». Una battuta e, sotto, un video, girato alla circonvallazione, all’altezza del nodo Gioeni, nel corso dei temporali che hanno colpito il capoluogo etneo nello scorso fine settimana. Una denuncia tra il serio e il faceto, com’è nello stile di Catania misteriosa, la pagina Facebook di appena un mese di vita che racconta gli spazi abbandonati della città. Promettendo di farlo con l’ironia che c’è dietro a «situazioni negative che a volte fanno ridere». Un po’ giornalismo dal basso e un po’ passatempo socialmente impegnato, ideato da un ragazzo che, preferendo il totale anonimato, si definisce «un attivista, un volontario della società civile».
Prima «il misterioso caso del parco Gioeni, mille volte rivalutato ma sempre abbandonato» con annesse foto di lampioni rotti e mattonelle divelte; poi «una botola segreta nel lungomare catanese» e via di immagini di una grossa buca nell’asfalto di piazza Tricolore; infine una serie di scatti sulla palestra di piazza Pietro Lupo, più volte occupata e sgomberata, che «sarà forse un luogo di scambio dimensionale? Si ipotizza che potrebbe ospitare l’area 52 (per altri, 51 plus)». Tutte cose che hanno a che fare con la cronaca cittadina: «Catania misteriosa nasce perché sentiamo forte l’esigenza di una ulteriore denuncia sulle cose che non vanno in città, tra inciviltà e malgoverno», spiega il fondatore, che gestisce la pagina da poco più di un mese. Ancora nessun cittadino ha inviato le proprie segnalazioni: «Forse il messaggio non è stato compreso, ma in realtà a noi basta mandare una foto o un video: a descrivere e risolvere il mistero ci pensiamo noi».
Citizen journalism, insomma: «Per forza di cose è giornalismo dal basso – afferma il giovane – Nel senso che tutto deve essere documentato con immagini e parole. Non scriviamo articoli, certe volte ci sembra di pubblicare per Lercio.it (un giornale online di intento satirico con contenuti inventati, ndr)». Nel logo della pagina un punto interrogativo e uno esclamativo partono dalla testa di un elefante, simbolo del capoluogo etneo: «L’elefante è Catania. Una città che si chiede cosa succede, incredula e disorientata». Abbandonata e degradata, anche: «Prendendo in giro le istituzioni o i vandali si arriva meglio al dunque: la denuncia. In certi casi, usare l’ironia è il modo migliore per rendere evidente la stupidità di fatti e azioni assurde.» Anche se, dietro a chioschi vuoti e abbandonati, a tombini spariti e a un acquedotto benedettino coperto di sterpaglie c’è pur sempre un luogo che «pretende rispetto sia dai cittadini sia dagli amministratori». Perché «piangere non serve, è un po’ come lamentarsi senza agire»