R.E.gions 2030 tiene conto di dati quantitativi e dei pareri degli operatori economici che investono nel settore. A livello generale le Regioni sono ritenute un ostacolo ma l'isola, a fronte dell'alto numero di istanze ricevute, si piazza bene
Rinnovabili, i buoni risultati della Sicilia nelle autorizzazioni Con la Puglia attira il 70% di tutti progetti eolici e fotovoltaici
«Particolarmente interessante, sul piano della performance, è proprio la Sicilia». Una frase che non capita spesso di leggere e che risulta ancora più rara se si considera il riferimento all’operatività dell’amministrazione regionale. Il caso, poi, si arricchisce di significati ulteriori quando si scopre che il merito della questione è quello relativo alla fluidità nel rilascio delle autorizzazioni in materia di impianti per la produzione di energia rinnovabile, eolici e, soprattutto negli ultimi anni, fotovoltaici. Ad affermare che la Sicilia rientra tra le regioni con le migliori condizioni, non solo ambientali, per lo sviluppo dei progetti è il progetto R.E.gions 2030, a cura di Elemens e Public Affairs Advisors. Lo studio si basa su dati quantitativi ma anche sull’opinione degli stessi protagonisti del settore, le imprese che presentano le istanze per ottenere il via libera all’installazione delle pale eoliche e dei pannelli solari.
«Sebbene interessata da un numero significativo di istanze – si legge nel report – la Sicilia (seconda dopo la Puglia nell’indicatore sull’attrattività) presenta un buon numero assoluto di autorizzazioni uniche rilasciate: un dato che la distingue dalla Puglia, ove le autorizzazioni, negli ultimi anni, sono state pressoché ferme». Il giudizio è figlio della considerazione che, soltanto nel settore fotovoltaico, Sicilia e Puglia sono state interessate dal 70 per cento delle istanze presentate negli ultimi anni. L’indice sulle performance amministrative vede l’isola al quarto posto, dopo Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Liguria, che però hanno a che fare con un numero più esiguo di progetti. Il report sottolinea come la Sicilia sia tra le poche regioni – le altre sono Piemonte, Trentino Alto Adige ed Emilia-Romagna – ad avere già approvato il piano energetico comprensivo degli obiettivi 2030. Sul punto, tuttavia, va ricordata la scelta della Regione Siciliana di non introdurre scelte più restrittive in termini di localizzazione degli impianti fotovoltaici, dopo che per diversi mesi si era atteso l’individuazione delle cosiddette aree non idonee.
Nel recente passato, la questione riguardante la velocità nel rilascio delle autorizzazioni è stata messa sul tavolo da diversi soggetti. Nel mirino è finita il più delle volte la commissione tecnico-specialistica guidata dal professore Aurelio Angelini. L’organismo indipendente, che collabora con l’assessorato Territorio e Ambiente, è stato accusato di lentezza e, di conseguenza, di costituire un freno da una parte alle esigenze ambientali dell’isola, nel processo di decarbonizazione, e dall’altra agli interessi economici delle imprese del settore delle rinnovabili. E così se Legambiente ha criticato alcuni no dati dalla Cts ai progetti per la produzione di energia dal trattamento dei rifiuti – il caso più eclatante nella Valle del Mela con il Tar che al momento ha dato ragione alla società A2A, tra i partner sia di Legambiente che del progetto R.E.gions 2030 -, è stata Confindustria a reclamare un cambio di passo. «Bisogna avere il coraggio di cambiare strada sulla Cts», è stato l’appello rivolto a Nello Musumeci dal presidente nazionale degli industriali Carlo Bonomi.
Stando però al Renewables Goals Index, l’indice che misura il contirbuto di ogni Regione allo sviluppo delle rinnovabili, le cose in Sicilia starebbero molto meno peggio di come si sarebbe potuto credere. Lo studio tiene conto del diverso ruolo avuto dal ministero per la Transizione ecologica e dalle Regioni nell’esame delle istanze per eolico e fotovoltaico. Nel primo caso, la totalità dei progetti riguardanti l’installazione di pale in mare – il cosiddetto offshore – e buona parte di quelle a terra sono di competena degli organismi che operano a Roma, mentre per quanto riguarda i pannelli solari è stato il recente decreto Semplificazioni-bis a stabilire che la valutazione d’impatto ambientale per i progetti con potenze superiori ai dieci megawatt deve essere fatta al ministero. In ogni caso, nel complesso le aziende ritengono che i maggiori ostacoli, anche nelle procedure esaminate a Roma, arrivi dai pareri delle Regioni e dal ministero della Cultura: le prime hanno dato 46 pareri negativi su 47 forniti, il secondo 41 su 47.
Sul fotovoltaico, il rapporto R.E.gions 2030 sottolinea che «il quadro complessivo è cambiato molto negli ultimi 4 anni: se nel 2018 le istanze raggiungevano appena un valore di 718 megawatt, nel 2020 e nel 2021 si è verificata invece un’esplosione delle richieste – le amministrazioni hanno ricevuto richieste relative a progetti fotovoltaici per un valore complessivo nei due anni che supera i 30 gigawatt. Con il mercato che si trova in una fase di crescita insistente da ormai tre anni, anche la pubblica amministrazione ha fornito i primi segnali di un timido risveglio: nel 2021 il numero di autorizzazioni è cresciuto arrivando a 2,4 gigawatt, un valore che pur inferiore alla traiettoria necessaria, supera nettamente quello degli anni passati».
Dai dati viene confermato che la maggior parte dei progetti – 1,4 su 2,4 gigawatt – viene presentata su area agricola. Un fenomeno che si verifica anche in Sicilia e che ha portato molti a mettere in guardia dal rischio di perdere terreni utili sia alla produzione agricola che al contrasto della desertificazione. Anche per questo sono sempre di più le istanze che promettono di coniugare la produzione energetica con il mantenimento della vocazione agricola: «I dati dimostrano come in questa tipologia di area (l’agrivoltaico, ndr) il success rate (tasso di successo, ndr) dei progetti sembra sensibilmente più alto (circa il 30% dei progetti presentati dal 2018 è stato autorizzato)». Il piano energetico adottato dalla Sicilia, tuttavia, esplicita come per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2030 buona parte della produzione energetica debba provenire da impianti realizzate in zone industriali, discariche e cave dismesse. Su questo fronte, la Regione non ha ancora fatto sforzi a sufficienza per stimolare la presentazione dei progetti.