Le strutture che l'ateneo vorrebbe realizzare nel quartiere Antico Corso sono al centro del dibattito. «Zona archeologica. Dovrebbero derogare per costruire», affermano a MeridioNews dal comitato cittadino. L'Università, intanto, valuta come intervenire
Aule Unict alla Purità, comitato vuole incontrare istituzioni «Perché cementificare? Investano le risorse diversamente»
«Forse c’è una sorta di agorafobia, una paura dei luoghi aperti, per cui li si svuole occupare, non si spiega diversamente. Ci sono già delle strutture esistenti o dismesse ma invece di utilizzarle, l’Università pensa a costruirne delle nuove». Elvira Tomarchio, attivista del Comitato popolare Antico Corso, a distanza di due settimane da un primo incontro sull’argomento, esprime a MeridioNews la contrarietà nei confronti della scelta di Unict di realizzare due aule conferenza da circa seicento posti ciascuna all’angolo tra via Bambino e via Purità. La zona in questione, sulla collina di Montevergine, oltre a essere uno dei luoghi simbolo del centro storico catanese, dal 2014 fa parte del Parco archeologico greco romano: per il suo notevole interesse di tipo archeologico, è stata classificata come zona A, tutelata da vincoli specifici dalla Soprintendenza. Già vent’anni fa l’ateneo aveva individuato questo punto per realizzare due aule. L’idea, però, venne interrotta in autotutela dall’allora sindaco Umberto Scapagnini – anche grazie alle proteste dei residenti – quando, durante gli scavi per le fondamenta, emersero dei resti appartenenti all’età romana. A distanza di due decenni, il progetto riemerge all’interno del Piano triennale delle opere pubbliche, con il documento di fattibilità per la «ristrutturazione e parziale ripristino volumetrico per l’inserimento del nuovo polo didattico presso il complesso della Purità Experia».
Il progetto ha il valore di un milione di euro da realizzare coi fondi del Pnrr. Da quanto appreso da MeridioNews, l’argomento è stato anche toccato durante la seduta del Consiglio di amministrazione dell’Università di Catania di ieri, alla presenza del rettore, ma non ci sarebbe stato nessun passo avanti. Dagli uffici dell’ateneo fanno sapere che si sta valutando e ragionando su come presentare il progetto, non prima di acquisire i pareri di esperti ed enti interessati. Una volta definito, il percorso d’azione verrà comunicato alla città. Sebbene l’iniziativa sia ancora in una fase progettuale, i componenti del Comitato cittadino sottolineano come l’area non possa essere oggetto di nuove edificazioni. Il prossimo passo degli attivisti è quello di incontrare gli enti interessati. «Stiamo pensando di formulare una richiesta di confronto che coinvolga le istituzioni preposte alla tutela, cercando anche di capire chi dovrebbe dare le eventuali autorizzazioni – spiega Tomarchio – Noi abbiamo l’arma della protesta e del confronto. Le decisioni, chiaramente, spettano innanzitutto al Parco archeologico e alla Soprintendenza. Nella zona non si può costruire, per farlo si dovrebbe agire in deroga. Stiamo facendo una battaglia civica perché questo non avvenga».
Il territorio conserva – tra i tanti resti che testimoniano gli antichissimi insediamenti – le mura di fondazione della città, reperti greci risalenti al VI secolo a.C. e una domus romana. «Nella stessa zona sono stati dismessi quattro ospedali, c’è lo spazio venuto fuori dall’abbattimento dell’ex Santa Marta, inoltre l’Università usufruisce di diverse strutture nel quartiere escludendo il dipartimento di Scienze umanistiche al Monastero dei Benedettini – osserva Tomarchio – Ci chiediamo perché non riutilizzare questi immobili, invece di costruire ancora. Abbiamo affrontato una pandemia, la gente è in estrema difficoltà economica e si pensa a investire sul cemento: in base a quali bisogni lo si fa?», si chiede l’attivista e residente del quartiere. Visti i luoghi di interesse, sin dagli anni ’60, la zona della collina di Montevergine è stata oggetto di studi archeologici a scopo didattico.
Una delle ultime iniziative in questo senso è stata quella dell’anno scorso, in cui i residenti del quartiere hanno potuto assistere ed essere partecipi a uno scavo all’aperto promosso dalla facoltà di Beni culturali. «Non abbiamo niente contro l’Università e siamo stati felici di collaborare con loro – precisa Tomarchio – Iniziative come quella dell’anno scorso sono significative ma, dall’altro lato, rischiano di essere contraddittorie visto che poi lo stesso ateneo potrebbe realizzare due strutture. Noi del Comitato – aggiunge l’attivista – vogliamo coinvolgere più cittadini possibili, non abbiamo paura del confronto e siamo sempre pronti a dire che nessuno dovrebbe derogare all’autorizzazione a costruire. Abbiamo sempre lottato perché questo sito possa non essere dimenticato». A venire a conoscenza del nuovo progetto sono stati i Siciliani giovani circa un mese fa. «Abbiamo saputo della cosa in maniera rocambolesca – afferma Matteo Iannitti a questo giornale – Passando dall’Arena Experia, che si trova nelle vicinanze, ci siamo accorti che delle persone in cima al muro che delimita gli scavi stavano facendo dei sopralluoghi, qualcuno ci ha detto che erano utili a questo progetto. Così, abbiamo subito chiamato i membri del Comitato, nel frattempo – conclude l’attivista – abbiamo consultato il Piano triennale dove compariva l’iniziativa. Ci auguriamo che l’area venga preservata».