Il dirigente regionale Carmelo Ricciardo e l'ex assessore alla Provincia di Messina Giacomo Fusco avrebbero gestito un giro illecito. Tra presunti sorteggi pilotati e promesse di mazzette. I pm etnei volevano gli arresti. I dettagli dell'inchiesta
Corruzione, indagine su lavori in quattro porti siciliani
Carte da Catania a Palermo. Le difese: «Archivieranno»
Riposto, Mazara del Vallo, Lipari, Sciacca. Sarebbero queste le tappe del giro di mazzette che avrebbe interessato i porti della Sicilia tirando in ballo ancora una volta la Regione. L’inchiesta in questi mesi era passata sotto traccia, complice la decisione della gip del tribunale di Catania che a gennaio ha rigettato la richiesta di arresto per i principali protagonisti. Su tutti Carmelo Ricciardo e Giacomo Fusco. Il primo fino a pochi mesi fa è stato dirigente del servizio Infrastrutture marittime, mentre il secondo è un funzionario regionale in pensione la cui notorietà è dovuta soprattutto alla carriera politica che, negli anni Duemila, lo portò a essere assessore provinciale a Messina, in quota Udc e Forza Italia. Ricciardo, nella propria veste istituzionale, e Fusco, nel ruolo di collaboratore, avrebbero tenuto i rapporti con le ditte affidatarie dei lavori. Secondo i magistrati etnei ottenendo dagli imprenditori mazzette in cambio di favori di diverso tipo.
A occuparsi di loro sono stati i finanzieri della Compagnia di Riposto, nell’ambito di un’indagine sulle opere realizzate a protezione del bacino del locale porto turistico dalla Pacos, impresa di Naro (nell’Agrigentino) riconducibile ai fratelli Calogero e Francesco Palilla, entrambi indagati e sottoposti in un primo momento al divieto di contrarre con la pubblica amministrazione ed esercitare attività d’impresa. A inizio anno sui giornali si era diffusa la notizia di una presunta frode sulle pubbliche forniture che aveva interessato il porto di Riposto, ciò che però non era emerso è il fatto che quella vicenda avrebbe rappresentato solo la punta dell’iceberg dei rapporti tra imprenditori e gli uffici palermitani di via Leonardo da Vinci. Perlomeno di questo è convinta la pm Alessandra Tasciotti che, sulla scorta di quanto approfondito dalle Fiamme gialle, sostiene che a essere stati piegati agli interessi privati non siano stati solo i lavori – con difformità rispetto ai progetti che avrebbero garantito pagamenti per opere non realizzate per oltre 400mila euro – ma anche la stessa procedura di gara.
Nel mirino è finita la selezione delle ditte da invitare tra le 61 che si erano dette interessate. A occuparsi del sorteggio è stato Ricciardo. Stando ai verbali, il dirigente avrebbe utilizzato un generatore di numeri automatici in uso alla Regione Emilia Romagna per individuare le 15 ditte. La serie fortunata – composta dai numeri 4, 42, 24, 32, 18, 49,19, 46, 26, 29, 52, 3, 47, 51,14 – sarebbe dovuta essere accoppiata all’elenco delle imprese, seguendo l’ordine di risposta alla manifestazione d’interesse. Ma così non sarebbe avvenuto, la procura ritiene che l’accoppiamento sia stato pilotato dallo stesso Ricciardo: «Sicuramente 11 società su 15 non avrebbero dovuto essere selezionate a seguito del sorteggio», ha scritto la pm nella richiesta di misure cautelari riportata dalla gip nella propria ordinanza. In cambio di questo intervento e per le omissioni nei controlli in sede di cantiere, i Palilla avrebbero promesso il pagamento di una mazzetta che per gli inquirenti sarebbe stata di 47mila euro. La somma sarebbe stata ricavata, secondo l’accusa, dall’aumento di alcune voci nel quadro economico per coprire le maggiori spese affrontate dalla Pacos nel trasporto dei massi da poggiare nei fondali. Nello specifico sarebbe entrata in gioco una perizia di variante per 37mila euro mentre 10mila sarebbero stati introdotti alla voce «accordo bonario».
A fare da tramite con gli imprenditori, come detto, sarebbe stato Fusco. Parlando con Ricciardo, il 78enne, che a distanza di anni dall’ultimo incarico politico vanta ancora rapporti con esponenti di Forza Italia anche a livello nazionale, avrebbe fatto più volte riferimento a soldi da incassare. I due avrebbero ricevuto 5mila euro da Filippo Muscarà – ritenuto titolare della Bonina srl e indagato con la legale rappresentante Marisa Bonina – nell’ambito di un appalto per l’installazione di pannelli solari sul tetto del mercato ittico di Mazara del Vallo, nel Trapanese. «Ma sti cinque chi li ha portati? Filippo?», chiede Ricciardo a Fusco a febbraio 2020 come riportato nelle carte dell’ordinanza. Ricevuta la conferma, il dirigente esclama: «Il fotovoltaico, allora!».
Altro denaro sarebbe stato promesso per il completamento di una banchina e delle opere di alaggio nel porto di Sciacca. Ad aggiudicarsi i lavori sono stati la stessa Bonina e la Emmeci, impresa di Gangi (Palermo) gestita, per gli inquirenti, da Mario Puglisi. In ballo ci sarebbe stata la possibilità per Ricciardo e Fusco di accaparrarsi di 80mila euro, pari al dieci per cento dell’anticipazione che sarebbe stata versata alle ditte per avviare i cantieri. «Appena cominciano i lavori ne parliamo, di anticipazioni, di chi li porta… perché non è… sconto non se ne deve fare. Rispetto ai settanta… deve portare da ottanta a centomila euro», commenta Fusco, senza sospettare di essere intercettato. Al che Ricciardi ricorda che «l’anticipazione è 800mila euro» e Fusco conferma: «Eh, è il dieci per cento dell’anticipazione». Un altro lavoro finito sotto la lente della procura è stato quello riguardante il ripristino delle banchine nel porto di Lipari. L’appalto, di valore superiore al milione di euro, è andato alla ditta Castrovinci Costruzioni, il cui titolare Basilio Castrovinci avrebbe fatto arrivare, secondo la procura, a Ricciardo e Fusco, tramite il già citato Puglisi, tremila euro. Consegna effettuata, secondo gli investigatori, in concomitanza con il pagamento da parte del dirigente regionale del saldo finale.
A decidere gli sviluppi dell’inchiesta non sarà però l’autorità giudiziaria catanese, bensì quella palermitana. Durante la prima udienza preliminare, la gup Carla Valenti ha disposto la trasmissione degli atti alla procura di Palermo per competenza territoriale. All’origine della decisione c’è la considerazione secondo cui il reato più grave – la corruzione – sarebbe stato consumato con più probabilità nel capoluogo, dove hanno sede gli uffici dell’assessorato. Starà quindi ai magistrati palermitani valutare il materiale raccolto negli ultimi due anni a Catania, per poi decidere sugli sviluppi successivi. Un possibile punto di partenza potrebbero essere le stesse parole della gip Marina Rizza che, pur rigettando la richiesta di misure cautelari, nella propria ordinanza ha affermato: «Non v’è dubbio che dal contenuto delle conversazioni complessivamente intercettate emergono elementi significativamente indicativi di una gestione clientelare e spregiudicata delle procedure di affidamento degli appalti di opere pubbliche».
Contattato telefonicamente da MeridioNews il legale di Carmelo Ricciardo, l’avvocato Angelo Tudisca, si dichiara fiducioso sull’evoluzione dell’inchiesta: «Non faremo richiesta di interrogatorio per il mio assistito – spiega – perché siamo convinti che, in autonomia, i magistrati della procura di Palermo riterranno opportuno chiedere l’archiviazione». Dello stesso avviso l’avvocato Enrico Sanseverino, che difende Fusco: «Il fascicolo che arriverà a Palermo conterrà anche l’ordinanza con cui la gip Marina Rizza ha rigettato la richiesta di misure cautelari. In quell’ordinanza sono specificati i motivi a sostegno dell’archiviazione che confidiamo verrà proposta dai magistrati».
AGGIORNAMENTO: Riceviamo richiesta di diritto all’oblio, in quanto il gip del tribunale di Palermo, con decreto del 22 maggio 2024, ha disposto l’archiviazione.