Regionali 2017, i testimoni a difesa di Riccardo Pellegrino «Voto di scambio? Nei Caf vietava anche di fare politica»

Altro che comprare voti in giro per mezza provincia, neanche i Caf venivano sfruttati per chiedere il sostegno nelle urne. La trascrizione dell’udienza, svoltasi ieri nell’aula Santoro di via Crispi a Catania, potrebbe diventare per Riccardo Pellegrino lo storyboard di uno spot elettorale, evenienza concreta considerato il recente annuncio a mezzo social della candidatura alle prossime Regionali in quota Udc. Da cambiare senz’altro ci sarebbe la location, ma per il resto il messaggio di discontinuità rispetto alle cattive prassi della politica ci sarebbe tutto. «La campagna elettorale avveniva solo nel comitato di piazza Cavour, Riccardo non voleva che nei Caf si facesse politica o si tenessero manifesti», ha detto sotto giuramento una dei testimoni convocati dalla difesa dell’ex consigliere comunale di Catania. La donna, prima di rispondere alle domande dei legali di parte, ha spiegato di essere responsabile di uno dei centri di assistenza fiscale che fanno riferimento a Pellegrino, nonché sua cugina

In tutto sono stati sei i testi che hanno deposto, tutti concordi sul fatto di non avere mai assistito a situazioni che potessero far pensare alla commissione di reati nel procacciamento di voti. Di avviso opposto è la procura di Catania. Secondo l’accusa, sostenuta in aula dalla pm Tiziana Laudani, Pellegrino nelle settimane antecedenti alle Regionali del 2017, con la stretta collaborazione del padre Filippo, avrebbe distribuito denaro per comprare voti in diversi centri della provincia etnea: da Aci Catena ad Acireale, da Ramacca a Vizzini. Per coltivare il sogno di diventare onorevole, Pellegrino – accusato alla vigilia di essere impresentabile per via dei pesanti guai giudiziari del fratello, condannato di recente a nove anni per mafia nel processo d’appello Ipoccampo – avrebbe messo in moto una serie di galoppini, ma soprattutto usufruito di sponsor d’eccezione, come Ascenzio Maesano, Biagio Susinni e Nino Amendolia. I primi due – rispettivamente ex sindaco di Aci Catena ed ex sindaco di Mascali e già deputato – sono tra gli imputati che devono rispondere di corruzione elettorale. Maesano, che in queste settimane ad Aci Catena sta sostenendo la candidatura di Margherita Ferro, era presente in aula

Per gli inquirenti, le quotazioni di Pellegrino nel 2017 salirono in seguito all’uscita dalla scena elettorale proprio di Maesano, in seguito all’arresto nel 2016 per una storia di tangenti che gli ha fruttato una condanna definitiva per corruzione. A quel punto, il politico catenoto avrebbe scelto di puntare sul consigliere comunale catanese attivando la propria macchina elettorale, che avrebbe visto anche il coinvolgimento di Orazio Cutuli, oggi candidato al Consiglio di Aci Catena e che l’anno scorso ha ottenuto dal giudice la messa alla prova. Agli atti dell’inchiesta sono finiti diversi incontri tra Maesano, Susinni e Amendolia per concertare una strategia a sostegno di Pellegrino che, secondo i magistrati, sarebbe passato dall’acquisto dei voti.

Per i testimoni chiamati da Pellegrino le cose, però, sarebbero andate in maniera del tutto diversa. «Conosco Pellegrino da settembre del 2017 – ha detto un’altra testimone – Lavoravo nella segreteria politica di piazza Cavour, facevo telefonate e imbustavo fac-simile». La donna ha raccontato un aneddoto che avrebbe visto Pellegrino rifiutare l’offerta di un pacchetto di voti. «Un pomeriggio si sono presentate due persone che si sono sedute vicino a Riccardo e lui, arrivato a un certo punto, li ha buttati fuori. Ho pensato c’era qualcosa non andasse. Successivamente ho capito che gli chiedevano dei favori che lui non avrebbe fatto», ha spiegato la donna, che poi però non è riuscita a chiarire alla pm Laudani in quale circostanza e con che modalità Pellegrino avesse deciso di chiarirle l’accaduto. A ribadire il diktat di Pellegrino sull’esigenza di evitare di sfruttare i Caf per fare propaganda è stato anche un altro dipendente: «All’interno non veniva assolutamente fatta pubblicità elettorale», ha assicurato l’uomo davanti al giudice.

A raccontare un altro episodio che avrebbe visto protagonista Pellegrino di comportamenti del tutto diversi rispetto alle accuse rivoltegli dalla procura è stato Carmelo Gangi, 39enne di Desio, in provincia di Monza Brianza. Ex esponente di Forza Italia e oggi consigliere comunale in quota Fratelli d’Italia, Desio partecipò a diversi comizi in vista delle Regionali del 2017. «A Catania andai tra le cinque e le dieci volte, ho preso parte a diverse cene elettorali. C’era un bel clima attorno a Riccardo a quel tempo – ha messo a verbale Gangi – Non ho mai assistito a episodi illeciti, anzi ricordo che una sera, all’uscita da un ristorante, Riccardo fu avvicinato da un personaggio e portato in disparte di qualche metro. In questo frangente gli fu proposto di acquistare un pacchetto di voti. Riccardo lo cacciò in malo modo dicendo che non aveva bisogno di queste cose. Poi mi disse: “Ma guarda questo: viene a chiedere soldi per dei voti, se uno mi vuole votare, mi vota“». Il testimone ha poi concluso la deposizione rispondendo a una domanda della pm circa la possibilità che Pellegrino avesse sporto denuncia per quella proposta ricevuta. «Non credo lo abbia fatto, in questi casi non è semplice farlo».


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