Renzi a Catania lancia Micari e attacca Claudio Fava «Scegliendo la sinistra più radicale, vince la destra»

«Mi dicevano: ma non vieni a dare una mano a Fabrizio?  Io rispondo: non vi preoccupate, qui c’è tutto il Pd». Matteo Renzi alla fine ci mette la faccia, una toccata e fuga a Catania, accanto al candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione. Un cambio dell’ultimora per il segretario dem che alla fine avrebbe preferito il capoluogo etneo a Palermo per la disponibilità immediata di un collegamento aereo per Napoli, dove lo aspetta la conferenza programmatica del Pd, subito dopo l’incontro elettorale. Ad attenderlo una sala gremita all’hotel Palace di via Etnea, ci sono tutti i big siciliani del partito: dal sindaco di Catania Enzo Bianco ai candidati etnei di peso Luca Sammartino, Anthony Barbagallo e Angelo Villari. In un discorso tutto incentrato sulle competenza del rettore di Palermo e sui progetti per la Sicilia, Renzi sferra un solo attacco diretto, a sinistra. 

«Mi rivolgo a chi dice che bisogna dare un segnale e votare a sinistra – arringa – se il 6 novembre uno si sveglia con un presidente di destra è perché, a forza di scegliere la sinistra più estrema, quella più radicale, vince la destra. È andata così in tanti momenti della storia, anche di questa Regione». Il segretario dem dice di non voler «chiedere un voto utile», ma poco dopo, rivolgendosi ancora «ai compagni o agli ex compagni che dicono di voler dare un segnale», sottolinea: «Il voto utile è il modo più di sinistra per essere credibili e coerenti». Parole che lasciano trasparire una certa preoccupazione per la partita tutta interna a sinistra, tra il Pd e la coalizione che in Sicilia è al momento guidata da Claudio Fava, ma che tra pochi mesi potrebbe togliere voti ai dem anche alle elezioni Politiche. La replica a distanza di Fava non si è fatta attendere: «Ho vinto la scommessa – dice – Renzi è venuto in Sicilia, ha parlato tre minuti in una sala di albergo e ha ripetuto, come avevano fatto prima di lui tutti i suoi ministri, che non bisogna votare per Fava! Non potevamo sperare in un endorsement piu’ efficace per noi: grazie Renzi!»

Nella stessa direzione sembra andare anche il passo indietro di ieri di Pietro Grasso che si è dimesso dal gruppo Pd al Senato per approdare al misto. «Pieno rispetto per la decisione del presidente del Senato – commenta Renzi, rispondendo alle domande dei giornalisti – e proprio per il rispetto che si deve alla figura istituzionale del presidente del Senato, credo sia profondamente sbagliato mettersi a fare polemica. Ciò che è importante è il tema di merito posto da Grasso: ovvero la fiducia sulla legge elettorale. Io la penso come il presidente Gentiloni, come il capogruppo Zanda e come il capogruppo Rosato». 

Nessuno scontro, dunque, almeno formalmente. Renzi tira dritto continuando a lodare Micari. «Facciamo un applauso alla sfida gentile, con un candidato che ha competenza e onestà, una candidatura intensa di uno che non si è mai candidato e cerca di parlare di cose concrete, utili e puntuali». Quindi si rivolge all’anima democristiana del Pd, ottenendo come reazione scroscianti applausi in una sala dove di politici con formazione centrista, o anche di centrodestra, ce ne sono tanti: dal gruppo ex Articolo 4 – Raffaele Nicotra, Valeria Sudano e Sammartino -, fino a Puccio La Rosa, ex di Alleanza nazionale, lo stesso Barbagallo. «A voi – dice Renzi – ricordo la saggezza dei vostri padri democristiani che in Sicilia hanno avuto una grande storia, quella che sa che è molto meglio affidare il voto a una persona moderata e saggia piuttosto che votare al buio». 

Confortato dalle parole di Renzi, anche Micari fa prevalere l’ottimismo. «Vinceremo alla faccia degli inviriusi, di tutti quelli sciarriati cu la cuntintizza», espressione che Renzi fa subito sua, «ci penserò per tutto il viaggio fino a Napoli», dice. Spetta al rettore la stoccata alla destra: «Salvini viene una settimana intera in Sicilia, un tentativo di accreditarsi come leader di una destra, per presentarsi a marzo come premier e, parlo da siciliano non da candidato, sarei terrorizzato all’idea di avere un governo guidato da Salvini, ma lo scongiureremmo, perché altro che questione meridionale, torneremmo a un gigantesco divario della forbice tra Nord e Sud». 


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Il segretario del Pd ci mette la faccia, con una toccata e fuga nel capoluogo etneo, dove ad attenderlo ci sono tutti i big siciliani del partito. Non entra in polemica con Pietro Grasso, per la scelta di dimettersi dal gruppo dem, ma si appella al voto utile: «È il modo più di sinistra per essere credibili e coerenti»

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